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In occasione del centenario dal rogo fascista del Narodni dom (la “casa del popolo” slovena) di Trieste, è stata pubblicata La fiamma nera di Ivan e Zoran Smiljanić, una graphic novel (tradotta in italiano da Darja Betocchi per Qudulibri) che ripercorre le drammatiche vicende del luglio del 1920 attraverso una storia di amicizia italo-slovena messa a dura prova dalla tragicità del Novecento.
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La storia del rogo
Il 13 luglio 1920, dopo un comizio in piazza Unità a Trieste, alcune frange fasciste e nazionaliste presero di mira una ventina tra locali e attività commerciali di gestione slava, il consolato jugoslavo, nonché il palazzo del Narodni dom in via Filzi (oggi sede della Sezione di Studi in Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste), che venne dato alle fiamme. L’incendio durò fino al giorno successivo, distruggendo gli interni del palazzo e il suo patrimonio culturale (libri, strumenti musicali, archivi). Ciò che non bruciò con il Narodni dom fu spazzato via nei venticinque anni successivi, attraverso la privazione dei diritti relativi alla lingua, la chiusura delle scuole, le deportazioni, l’italianizzazione forzata. Progettato nel 1900, era tra gli edifici polifunzionali più all’avanguardia: ospitava una banca, un teatro, una sala di lettura, un cinema, due ristoranti, l’Hotel Balkan, un caffè, una tipografia, la redazione del giornale Edinost, una palestra e sedici appartamenti privati.
A cento anni dalla “notte dei cristalli” triestina, il 13 luglio 2020 il Narodni dom è stato restituito ufficialmente alla comunità slovena della città alla presenza del presidente Sergio Mattarella.
La presenza slovena nell’area giuliana è documentata almeno dal Medioevo. Nel 1875 il comune di Trieste contava 126.633 abitanti, di cui 24.605 sloveni, che al censimento del 1910 diventano il 25% circa della popolazione cittadina, nel frattempo quasi raddoppiata (229.510 abitanti). All’epoca era proprio Trieste la “più grande città slovena”, maggiore addirittura di Lubiana che all’epoca contava appena 40mila abitanti.
La graphic novel “La fiamma nera”
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare i due autori della graphic novel uscita in concomitanza del centenario, i “fratelli”* Ivan e Zoran.
Quando e perché avete deciso di scrivere e illustrare questa storia?
Zoran: Era l’inizio dell’estate 2019 quando Ivan e io ci siamo resi conto che l’anno successivo, nel luglio 2020, sarebbe ricorso il centenario dell’incendio del Narodni dom di Trieste. Stavamo accarezzando l’idea di creare un fumetto su quel drammatico e tragico evento, ma ero riluttante a dedicare un anno della mia vita al progetto. Ricordo che eravamo a Trieste in un caldo giorno d’estate, facevamo il bagno nella spiaggia di Sistiana e discutevamo dell’idea. Quando sono uscito dall’acqua, ho chiesto a Ivan: “Allora, lo facciamo o no?”. “Penso che dovremmo farlo”, mi ha risposto lui, ma io non ero ancora convinto. Più tardi, sempre quel giorno, siamo andati alla mostra su Gabriele D’Annunzio all’ex Pescheria di Trieste, intitolata Disobbedisco, e abbiamo notato quanto la mostra fosse solidale e celebrativa nei confronti di questo poeta, soldato e fondatore del fascismo.
Una volta a casa, Ivan ha trovato un articolo che descriveva gli squadristi (i fascisti della prima ora) in uniforme ballare in modo selvaggio, rituale, estatico davanti al Narodni dom in fiamme. Quest’immagine forte è stata decisiva per me. Ho visto immediatamente tutto il dramma e la brutalità in questa singola immagine. E ho detto a Ivan: “Facciamolo!”.
Ivan: La spiaggia di Sistiana è stata effettivamente il luogo in cui abbiamo deciso per la prima volta che forse avremmo dovuto realizzare questo progetto. La cosa che più ci preoccupava era la mancanza di tempo. Se il fumetto era destinato a uscire, era chiaro che avrebbe dovuto essere pubblicato in occasione dell’anniversario, quando l’interesse del pubblico sarebbe stato al massimo, il che ci lasciava circa un anno per passare dall’idea al prodotto finito. Abbiamo impiegato circa tre mesi per leggere la letteratura, gli articoli e i libri esistenti sull’argomento e i successivi tre per preparare la bozza della storia. Gli ultimi sei mesi li abbiamo dedicati al disegno. Durante questo periodo abbiamo cercato di trovare nuove fonti, articoli di giornale e altri materiali che abbiamo aggiunto alla storia in un secondo momento, se ritenuti importanti o interessanti. Va detto che non avevamo un editore quando abbiamo deciso di realizzare il fumetto. Solo in seguito abbiamo proposto l’idea alla casa editrice dell’Istituto di ricerca scientifica dell’Accademia slovena delle scienze e delle arti (ZRC SAZU). Gli editori hanno mostrato interesse e hanno pubblicato il fumetto.
La storia è molto nota in Slovenia?
Ivan: L’evento in sé è ben noto, ci sono immagini del Narodni dom in fiamme in ogni libro di storia. I dettagli, tuttavia, non sono ben noti agli studenti sloveni, né alla maggior parte degli adulti. In pochi conoscono il contesto, ciò che ha preceduto il rogo e le conseguenze che ha avuto. Anche noi eravamo tra questi: sapevamo che questo fatto era successo, ma abbiamo appreso molte nuove informazioni quando abbiamo iniziato a fare ricerche sull’argomento.
Zoran: Noi, sloveni di Slovenia, siamo piuttosto ignoranti della maggior parte delle cose che accadono fuori del nostro cortile di casa. D’altra parte però questo anniversario è stato importante a livello politico e ha avuto una buona copertura mediatica, soprattutto in seguito all’annuncio della restituzione del Narodni dom alla comunità slovena. I nostri due presidenti, Borut Pahor e Sergio Mattarella, hanno lanciato un forte messaggio politico.
E poi c’era la figura autorevole di Boris Pahor, che aveva assistito all’incendio del Narodni dom quando aveva sette anni, nel 1920, e che era presente alla sua restituzione da uomo di 107 anni, nel 2020. In questo c’è una certa giustizia poetica e storica.
Quanto sanno gli sloveni della comunità slovena che vive in Italia?
Zoran: Siamo consapevoli della loro esistenza (come della minoranza slovena in Austria), ma ben poco si conosce del loro stile di vita, delle loro usanze, dei loro problemi e della loro storia. Ma ciò che non si conosce si può imparare. Mentre lavoravamo a questo fumetto, Ivan e io abbiamo collaborato con il Primorski dnevnik, l’unico giornale sloveno di Trieste, che è stato co-editore del nostro fumetto. Abbiamo avuto modo di conoscere alcuni importanti sloveni di Trieste e dintorni, giornalisti, storici, scrittori, bibliotecari, insegnanti, politici e persino Boris Pahor, che abbiamo incontrato indirettamente, tramite alcuni amici comuni. Avevamo bisogno del loro aiuto, perché siamo due persone provenienti dalla Slovenia centrale che parlano della vita a Trieste, una città in cui non abbiamo mai vissuto, che abbiamo solo visitato come turisti. A volte mi preoccupava pensare al difficile compito che ci eravamo caricati sulle nostre deboli spalle. Così, abbiamo fatto loro molte domande e loro ci hanno spiegato la complessa storia e la situazione di Trieste, ci hanno dato informazioni preziose e hanno corretto alcuni stupidi errori che abbiamo commesso nel nostro racconto. Il loro aiuto è stato prezioso e siamo molto grati a tutti loro.
Ivan: Prima di iniziare a lavorare al fumetto, ci limitavamo a sapere che questa minoranza esiste, come del resto sembra essere la conoscenza generale degli sloveni di Slovenia a tal riguardo. L’anniversario del 2020 è stato sicuramente un’occasione per gli sloveni di conoscere meglio i loro compatrioti in Italia attraverso libri, documentari e interviste.
Quanto è stato difficile reperire e lavorare sulle fonti storiche?
Ivan: Abbiamo cercato di leggere il maggior numero possibile di fonti. Oggi il compito sarebbe più facile perché l’anniversario ha prodotto molte nuove ricerche, ma nel 2019 non c’erano molte fonti disponibili in lingua slovena e italiana. Abbiamo letto libri, articoli scientifici e resoconti di giornali italiani e jugoslavi. Anche se siamo un autore di fumetti e uno storico, non abbiamo diviso il lavoro in modo molto rigido tra i nostri campi. Papà leggeva anche libri di storia e io a volte mi intromettevo nel suo disegno.
Zoran: Voglio che il mio lavoro sia visivamente il più realistico e ben documentato possibile, quindi ho cercato di raccogliere quanto più materiale storico possibile sulla Trieste di inizio Novecento. L’abbigliamento, l’architettura, i tram, le uniformi, le medaglie, bandiere e insegne fasciste, i monumenti, le diverse località di Trieste e dintorni, praticamente tutto. Ho usato libri, cartoline d’epoca, fotografie, giornali, riviste, internet… Il compito più difficile per me è stato quello di ricreare gli interni del Narodni dom, perché esistono solo poche fotografie di scarsa qualità, tutto il resto è andato perduto nell’incendio. Semplicemente non c’erano fonti fotografiche rilevanti. Fortunatamente, una società italiana ha realizzato una dettagliata ricostruzione grafica al computer dell’edificio del Narodni dom e in particolare della sua lussuosa sala d’ingresso con le due scalinate che oggi non esiste più. Senza quella simulazione sarei stato in grave difficoltà.
Come avete scelto i protagonisti della storia?
Zoran: Abbiamo basato la storia sul contrasto. Sul contrasto tra nazionalità, classi sociali, stati, culture, tradizioni, lingue, tra cosmopolitismo e fascismo, tra due visioni radicalmente diverse di una storia turbolenta e, naturalmente, sul contrasto tra i due protagonisti principali. Perciò, i due dovevano essere diversi nel carattere, nei volti e nei tratti del corpo (il ragazzo italiano ha i capelli neri, è magro e snello, lo sloveno è biondo, ha il viso rotondo ed è più robusto), appartengono a classi diverse (l’italiano è borghese, lo sloveno proviene dalla classe operaia) e, quando crescono, approdano a schieramenti ideologicamente opposti… Sono diversi, ma hanno anche alcune somiglianze. Hanno lo stesso nome (Giuseppe e Josip), sono appassionati dei romanzi di indiani e cowboy di Karl May, sono amici d’infanzia e fratelli di sangue… Le differenze esistono, ma non sono sempre fatali. E una piccola confessione: ho creato i due personaggi principali pensando a un film di Bernardo Bertolucci, Novecento, che mi ha colpito molto da giovane. Per favore, non lo dica a nessuno.**
Ivan: Abbiamo anche deciso che la storia non doveva svolgersi solo nei giorni dell’incendio del Narodni dom, quindi l’arco temporale è ampio. Seguiamo Giuseppe e Josip dalla loro infanzia nella Trieste di inizio Novecento fino ai loro ultimi anni di vita negli anni Ottanta. Abbiamo collegato le loro vite con gli eventi storici che avrebbero visto, il che significa che abbiamo combinato la finzione con la storia reale. Scegliere dei protagonisti di fantasia ci ha permesso di evitare di limitarci a elencare gli eventi del passato e di aggiungere un tocco drammatico agli eventi reali.
Com’è stato accolto il libro in Italia? Che reazioni avete notato alle presentazioni?
Ivan: Da quello che sappiamo, il fumetto è stato ben accolto. Il pubblico che assiste alle nostre presentazioni conosce questi eventi ed è favorevole al fatto che se ne discuta in contesti pubblici. Anche se eravamo tesi al momento delle prime presentazioni, abbiamo avuto solo esperienze positive da questi eventi. A volte siamo sorpresi di quanto i partecipanti italiani alle presentazioni conoscano i crimini di guerra fascisti commessi in Slovenia e in altre parti dell’ex Jugoslavia. L’unica recensione negativa che ricordo proviene dall’associazione degli esuli dell’Istria, anche se suppongo che saremmo un po’ preoccupati se sostenessero con entusiasmo il fumetto.
Zoran: Abbiamo una casa editrice piccola ma molto attiva, dinamica e impegnata, la Qudu Libri di Gorizia, con due soli componenti, Patrizia Dughero e Simone Cuva. Hanno organizzato molte presentazioni de La fiamma nera a Trieste e dintorni (Gorizia, Udine, Pordenone, Monfalcone, Gradisca d’Isonzo…). Siamo grati di aver pubblicato il nostro lavoro e di poterlo presentare al pubblico italiano. Grazie, Patrizia e Simone! (in italiano)
Il bianco e nero e il tratto dell’illustrazione riflettono il tono drammatico della storia? Sono stati scelti apposta?
Zoran: Sì, ma sono stati determinati anche dal fattore tempo. Se fosse stato un lavoro a colori, non saremmo riusciti a realizzarlo in tempo per il centenario del 13 luglio 2020, data in cui avrebbe dovuto essere pubblicato. Non è stato facile fare ricerche, scrivere e disegnare 110 pagine in un tempo così limitato, ma ce l’abbiamo fatta. È stato un grande sollievo. In seguito, il nostro fumetto ha vinto il primo premio al festival nazionale del fumetto TINTA di Lubiana ed è stato tradotto in italiano e tedesco. E il presidente Pahor ha regalato il nostro libro (in lingua slovena) al presidente Mattarella.
È stato difficile tenere insieme così tanti livelli storici e prospettive su questi eventi tragici?
Zoran: Sì, lo è stato. Non volevamo fare solo un pamphlet di propaganda che tifa per una parte. È una storia piuttosto complicata e stratificata. Per questo uso stili di disegno diversi per i diversi avvenimenti storici. Passo dallo stile realistico, caricaturale, simbolista, surrealista a quello semplice, sintetico. E qual è il significato di questo stile sintetico? A Ivan è venuto in mente qualcosa di molto interessante, che abbiamo incorporato come espediente drammatico alla base della nostra storia…
Ivan: Abbiamo deciso che la dualità che abbiamo inserito così prepotentemente nel fumetto dovesse comparire anche nell’aspetto narrativo. Leggendo i giornali italiani e sloveni del 1920 che riferivano del rogo, è emerso chiaramente che subito dopo l’evento erano apparse due narrazioni. I giornali italiani sostenevano che il rogo era stato organizzato dagli stessi sloveni, che c’era un grande arsenale nascosto sotto il Narodni dom e molte altre tesi simili, mentre gli sloveni erano irremovibili sul fatto che il rogo era stato orchestrato dagli squadristi. Queste diverse interpretazioni di ciò che accadde realmente quel 13 luglio 1920 sono ancora oggi in circolazione.
Abbiamo deciso che questa dualità doveva essere inclusa nel fumetto, così in alcuni punti abbiamo presentato entrambe le versioni di certi eventi, sia italiana che slovena, lasciando al lettore il compito di confrontarle e decidere quale sembra più vicina alla realtà. Poiché queste interpretazioni sono semplici, sono disegnate in stile sintetico, schematico. In un certo senso, abbiamo cercato di illustrare la difficoltà di ricostruire gli eventi storici sulla base di fonti che sono fondamentalmente in disaccordo su ciò che è accaduto.
Come vedete il Narodni Dom oggi? La storia può ripetersi?
Ivan: Penso che abbiamo fatto molta strada dagli anni Venti a oggi e che abbiamo fatto dei progressi. Ci sono ancora dissidi, traumi del passato irrisolti, accuse tra le due nazioni, a volte incidenti violenti… Eppure le relazioni politiche e culturali generali sono certamente molto migliorate. Lo stato non è più apertamente ostile alle altre nazioni come un tempo, e questo è certamente un passo nella giusta direzione. Il Narodni dom è diventato un simbolo di queste migliori relazioni italo-slovene. Per quanto riguarda il futuro, uno storico non dovrebbe cercare di fare previsioni, quindi non commento questa domanda.
Zoran: Sono una via di mezzo tra un moderato pessimista e un cauto ottimista. Non credo che la storia si ripeterà alla lettera, ma il male si presenta sempre in forme e contenuti diversi. Il fascismo è ancora vivo in Italia oggi e l’Italia non ha mai chiesto scusa o riconosciuto i suoi crimini di guerra e la sua tirannia di Stato contro gli sloveni tra le due guerre. E viceversa, ci sono stati crimini e ingiustizie anche contro il popolo italiano. La storia tra i nostri due Paesi è stata sicuramente difficile e tragica negli ultimi cento anni. Ma ci sono anche stati dei miglioramenti sostanziali. L’Unione Europea è un grande passo avanti per le nostre due nazioni, non ci sono più confini rigidi tra noi, le due regioni iniziano a comunicare e a collaborare, ci parliamo e ci ascoltiamo a vicenda, cosa impensabile fino a non molto tempo fa. Spero che il nostro fumetto sia un piccolo segno di questi nuovi tempi migliori. E anche la sua intervista…
*Nella prefazione alla graphic novel, Davide Toffolo ha erroneamente chiamato i due autori “fratelli”; da allora a Zoran e Ivan (padre e figlio) piace moltissimo giocare su questo piccolo errore.
**Alla domanda seguente, se rivelare questo piccolo segreto ai nostri lettori, Zoran ha confermato di poterlo fare.
Tutte le immagini sono state messe a disposizione dai “fratelli” Smiljanić.
Dottoressa di ricerca in Slavistica, è docente di lingua russa e traduzione presso l’Università di Trieste, si occupa in particolare di cultura tardo-sovietica e contemporanea di lingua russa. È traduttrice, curatrice di collana presso la casa editrice Bottega Errante ed è la presidente di Meridiano 13 APS.