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Solo poche ore ci dividono da quelle che paiono essere le più importanti elezioni in Polonia degli ultimi trent’anni. Domenica 15 ottobre, dalle 7 alle 21, più di trenta milioni di cittadini polacchi avranno la possibilità di recarsi alle urne per eleggere i propri rappresentanti – 460 alla camera (Sejm) e 100 al Senato (Senat). Sullo spettro partitico in Polonia e sul contesto in cui si colloca abbiamo già parlato in questo articolo di qualche mese fa. Durante le ultime settimane, la Polonia è stata fortemente scossa da scandali ed eventi che potrebbero non solo influenzare le scelte degli elettori, ma anche influire sulla reputazione del paese all’estero.
Elezioni 2023: i possibili scenari
Per parlare dei possibili scenari post-elezioni, è necessaria una breve ma fondamentale premessa: in Polonia i deputati del Sejm vengono eletti in 41 circoscrizioni con metodo proporzionale D’Hondt, che favorisce i grandi partiti soprattutto nelle piccole circoscrizioni, dove vengono eletti meno rappresentanti; per aver diritto di accedere alla camera, i partiti devono superare la soglia di sbarramento del 5%, mentre per le coalizioni la soglia sale all’8%. Nel Senat, invece, i senatori vengono eletti a maggioranza semplice (first past the post) in 100 collegi uninominali.
Negli ultimi anni, Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS), il partito di governo, ha modificato la legge elettorale e fatto in modo di poter nominare la stragrande maggioranza dei membri della Commissione elettorale nazionale (Państwowa komisja wyborcza, PKW). Le mancate riforme in termini di collegi, invece, hanno prodotto circoscrizioni elettorali sottorappresentate nelle grandi città, dove l’opposizione ha più voti, e circoscrizioni sovrarappresentate nelle aree rurali, dov’è piuttosto il PiS ad attirare maggiori consensi. Inoltre, il governo ha fatto in modo che i voti dei polacchi all’estero finiscano tutti indistintamente nel gran collegio di Varsavia, rendendo ancora più alta la soglia di voti necessaria per ottenere dei seggi e riducendo quindi l’entità del probabile successo dell’opposizione nella capitale.
Fatta questa premessa, diamo un’occhiata ai sondaggi che tengono in considerazione le prima due settimane di ottobre:
Con questi risultati, i seggi sarebbero ripartiti come segue:
In questo momento, dunque, nessuna coalizione possiede da sola la maggioranza assoluta dei seggi (231). Se come sembra “Trzecia Droga” (Terza Via, TD), “Lewica” (Sinistra) e Konfederacja (Confederazione) si attestassero oltre l’8%, risulterebbero decisive nella nascita di un nuovo governo. Trzecia Droga e KO hanno ventilato la possibilità di un esecutivo di coalizione dopo le elezioni; a esse si aggiungerebbe Lewica, che raccoglie i voti di una buona fetta di elettorato giovane e femminile. Tuttavia, una Grosse Koalition formata dai suddetti partiti arriverebbe ad oggi a soli 227 seggi.
Le posizioni dei tre partiti non sono sempre allineate, poiché TD è su posizioni socialmente più conservatrici, mentre Lewica si colloca nell’area più progressista e socialista dello spettro politico; tuttavia, le tre coalizioni convergono sugli aspetti più moderati e sullo spiccato europeismo. I tre partiti hanno sfilato insieme a Varsavia nelle due più imponenti manifestazioni nazionali degli ultimi decenni, il 4 giugno e il primo ottobre.
A destra troviamo invece una coalizione più difficilmente realizzabile: sebbene entrambi di posizioni spesso conservatrici, PiS e Konfederacja differiscono su aspetti come il supporto all’Ucraina, le politiche a sostegno dello stato sociale, lo stretto rapporto con la Chiesa – tutte politiche sostenute dai primi e ripudiate dai secondi.
Inoltre, le posizioni oltranziste ed isolazioniste di Konfederacja rischierebbero di ledere i rapporti con gli Stati Uniti, attore fondamentale per la difesa esterna del paese, che ha recentemente deciso di elargire alla Polonia un credito di due miliardi di dollari per il rinnovo dell’apparato di difesa.
Infine, Konfederacja si è sempre dichiarato un partito antisistema, avverso a KO quanto al PiS. Un’alleanza potrebbe non essere la scelta migliore nel medio periodo: ne è esempio l’Italia, dove Fratelli d’Italia ha raggiunto in pochi anni le vette elettorali, restando sempre fuori dalle numerose coalizioni di governo del nostro paese, mentre partiti come il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord hanno presto perso la fiducia dei propri elettori dopo essersi barcamenati in alleanze improbabili.
La realtà che si palesa in Polonia – e che tale sarà almeno per i primi tempi dopo le elezioni, se non più a lungo – è quella di un paese polarizzato, frammentato territorialmente tra sud-est e nord-ovest, tra città e campagne, tra giovani e anziani. Il sostegno a Trzecia Droga e Konfederacja – veri outsider di questa tornata elettorale – rappresenta il disincanto degli elettori nei confronti dei partiti mainstream di massa nati con la Terza Repubblica e che si dividono ormai il paese da più di vent’anni. L’alta percentuale di indecisi (almeno al 6%, ma secondo un recente studio della Fondazione Batory sarebbero quasi il 43% a non essere ancora certi) potrebbe risultare decisivo, soprattutto considerando che la maggior parte di questi sono ex-elettori del PiS.
Ma su quali temi si sono concentrati gli ultimi mesi di campagna elettorale? Ne analizzeremo qui soprattutto due: immigrazione irregolare e guerra in Ucraina.
“Confini sicuri”?
Il PiS si è sempre contraddistinto per le sue politiche di respingimento e non accoglienza dei migranti economici e rifugiati sul territorio polacco. Esempi lampanti ne sono la costruzione del muro sul confine orientale con la Belarus’ a seguito della crisi dei migranti indotta dal presidente Aljaksandr Lukašenka per destabilizzare i confini dell’Unione Europea, e dall’inizio della realizzazione di un’altra barriera di fronte all’exclave russa di Kaliningrad, l’unico confine che la Polonia condivide con la Russia. Dall’altro lato, la Polonia ha accolto a braccia aperte più di tre milioni e mezzo di rifugiati ucraini dall’inizio della guerra, più semplici da accettare rispetto migranti mediorientali, sia per la vicinanza culturale e territoriale, sia per dimostrarsi uniti contro uno storico nemico comune, la Russia.
La questione migratoria è anche al centro del più grande scandalo in Polonia degli ultimi decenni. La rete consolare polacca avrebbe infatti concesso dal 2021 almeno 250mila visti a migranti dall’Asia e dell’Africa sotto compensi di migliaia di euro. La questione ha portato la Germania a ristabilire i controlli alle frontiere con Polonia e Repubblica Ceca, provocando l’ira del premier polacco Mateusz Morawiecki che ha accusato il cancelliere tedesco Olaf Scholz di interferenza nelle elezioni – senza considerare che l’Ue è fortemente toccata dalla questione, in quanto i visti danno possibilità di accedere agli altri 27 paesi dell’area Schengen. Il PiS ha cercato di ridimensionare la portata dei fatti e ha introdotto dei controlli alla frontiera con la Slovacchia, ventilando la possibilità che sia un confine soggetto all’ingresso di molti immigrati irregolari.
Negli stessi giorni in cui l’Ue trova l’accordo anche in Consiglio Europeo sul Patto Migratorio, la Polonia e l’Ungheria sono gli unici due paesi a votare contro – non scalfendo tuttavia la maggioranza qualificata necessaria all’approvazione del testo. Morawiecki ha accusato Bruxelles di far pagare una multa ai paesi contrari, riferendosi alla misura che imporrà di pagare una quota di 20mila euro per ogni migrante non accettato al paese che si rifiuti di ripartire un certo numero di migranti sul proprio territorio, per supportare il paese ospitante. Al contrario, Lewica e KO sono favorevoli a un approccio europeo alla questione, che garantisca sicurezza ai polacchi, ma anche umanità e accoglienza ai migranti.
Nota (non) a margine: Agnieszka Holland, pluripremiata regista polacca, è stata recentemente premiata a Venezia per il suo film Zielona granica (Confine verde) che si concentra sul trattamento dei migranti spinti dalla Belarus’ verso la Polonia, dove in centinaia sono stati lasciati a morire all’agghiaccio e maltrattati dalle guardie di frontiera di tutte le parti; il tutto spesso condito dalla violazione del principio di non-respingimento. Il film è stato accusato dal governo polacco di distorcere la realtà, di essere un film di propaganda antigovernativa e antipatriottica, fino ad essere accusata di “propagandismo nazista” dal ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro. La paura del governo di fronte a questo atto è stata tale da cercare di imporre ai cinema che ricevono supporto statale di introdurre il film con una breve clip che lo screditasse.
Elezioni in Polonia e grano ucraino
L’altro grande tema che attanaglia le elezioni è quello del grano proveniente dall’Ucraina. Lo scorso 2 maggio un accordo intermediato dall’Ue ha permesso a Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria di imporre forti restrizioni sull’importazione di grano dall’Ucraina, che a causa del suo basso costo stava danneggiando i produttori locali. Il 15 settembre la Commissione europea ha revocato i divieti come previsto, ma la Polonia, l’Ungheria e la Slovacchia hanno deciso di imporre divieti unilaterali sulle importazioni di grano ucraino, in evidente violazione delle regole del mercato interno europeo. Kyiv ha risposto presentando un’azione legale (poi ritirata) contro i tre paesi presso l’Organizzazione mondiale del commercio, e nel suo discorso all’Onu il presidente Volodymyr Zelens’kyj ha detto che per alcuni paesi solidarietà all’Ucraina è solo “teatro politico”, mentre con le loro azioni “preparano il terreno alla Russia”.
Il governo di Varsavia ha accusato il colpo e convocato l’ambasciatore ucraino per un chiarimento “sulle gravi parole del presidente Zelens’kyj”. Di lì a poco, il primo ministro Morawiecki ha annunciato che il paese non trasferirà più armi all’Ucraina (oltre a quelle già previste, come poi precisato da altri ufficiali di governo), per armare invece maggiormente la Polonia.
La disputa gioca su due fronti: da una parte, gli abitanti delle zone rurali rappresentano una grossa fetta degli elettori del PiS – infatti, nel 2019 il 56,2% di questi ha votato per il partito di governo; dall’altro lato, Konfederacja accusa il governo di servilismo nei confronti dell’Ucraina, spingendo il PiS a uno sforzo ulteriore per mostrare di essere degni dell’ormai noto motto della destra populista internazionale “Prima il mio popolo!”.
Un referendum per domarli
Il 15 ottobre in Polonia si voterà anche per quattro quesiti referendari, con i quali il PiS spera di tirare acqua al proprio mulino, facendole apparire come battaglie portate avanti dall’opposizione:
È favorevole alla vendita di beni statali a entità straniere, con conseguente perdita di controllo da parte di donne e uomini polacchi su settori strategici dell’economia?
È favorevole all’innalzamento dell’età pensionabile, compreso il ripristino dell’aumento dell’età pensionabile a 67 anni per donne e uomini?
È favorevole alla rimozione della barriera al confine tra la Repubblica di Polonia e la Repubblica di Belarus’?
È favorevole all’ammissione di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa, in linea con il meccanismo di ricollocazione forzata imposto dalla burocrazia europea?
L’ultimo quesito, in particolare, si riferisce al nuovo patto migratorio dell’Ue, che prevede che gli Stati membri non di primo approdo accolgano una quota minima di ricollocazione dagli Stati in prima linea, o effettuino pagamenti solidali di 22mila euro per ogni migrante non accolto. Dai sondaggi, il patto è osteggiato dalla grande maggioranza dei polacchi. Ciononostante, la questione migratoria non è in cima ai timori dei polacchi, che sono più preoccupati dell’aumento del costo della vita e del prezzo delle case.
È bene notare che affinché un referendum abbia effetti legali è necessario che votino più del 50% degli aventi diritto; tuttavia, per non risultare come votante al referendum, un elettore dovrà rifiutare pubblicamente la scheda referendaria. Ciò solleva questioni relative alla riservatezza del voto, poiché rivela che la persona probabilmente non è un sostenitore del partito al governo che organizza il referendum.
Le elezioni più importanti?
Ogni scenario è al momento possibile, con soli pochi seggi in ballo, e una governabilità per niente garantita. Sono quindi veramente le elezioni più importanti degli ultimi 33 anni in Polonia? Sì e no.
Se il PiS dovesse ottenere un inedito terzo mandato a governare potrebbe affermare le proprie politiche in atto ormai da otto anni, confermando le tendenze euroscettiche e nazionaliste della Polonia, e andando fino in fondo a politiche illiberali e di privazione dei diritti. Questo a patto che regga l’urto delle probabili azioni di risposta dell’Unione Europea – che ha già avviato contro la Polonia più di una procedura d’infrazione, senza ottenere ancora i fondi del Recovery Fund a causa delle violazioni allo stato di diritto.
Se invece dovesse vincere una coalizione d’opposizione, tuttavia, non è detto che si assista ad eventi rivoluzionari. Il partito più in rotta con il recente passato della Polonia è Lewica, che spicca per femminismo ed ecologismo, oltre che per politiche sociali più lontane dall’assistenzialismo mirato del PiS e più vicine ad un modello socialdemocratico – come la redistribuzione della ricchezza tramite tasse progressive più pesanti sui maggiori redditi e il diritto all’abitare (durante più grande crisi abitativa degli ultimi decenni).
Il peso di Lewica rischia però di essere mitigato dal centrismo di KO, soprattutto in materia di diritti sociali. Resterebbe dunque la grande sconfitta del populismo di destra, ma si correrebbe il rischio di una legislatura democristianamente impantanata, che darebbe a partiti come Konfederacja tutto lo spazio per esacerbare ancor di più le tensioni latenti della società polacca.
Il 15 ottobre è vicino, preparate soplica e pierogi: ne vedremo delle belle.
Laureato in European and Global Studies, ha trascorso due anni in Polonia, prima a Cracovia per studio, poi a Danzica lavorando per la Thomson Reuters. Ha scritto una tesi di laurea magistrale sulla securitizzazione della gestione della pandemia da coronavirus in Polonia, e una tesi di master sull’infuenza politica della Conferenza di Helsinki in Polonia negli anni Settanta ed Ottanta