L’invasione russa dell’Ucraina, iniziata con un annuncio per molti versi inaspettato all’alba del 24 febbraio, ha colto di sorpresa e lasciato, quanto meno sulle prime, con un vuoto semantico-interpretativo in molti. Meridiano 13 stava muovendo i primi passi e di certo l’idea di ritrovarci davanti a un evento di tali dimensioni non era una prospettiva preventivata da noi fondatrici e fondatori del progetto.
Ad alcuni primi giorni di silenzio e riflessione – quanto più necessari sullo sfondo di un vortice informativo che si faceva rapidamente chiassoso e spesso fuorviante – è seguito il nostro impegno e sostegno nei confronti di diverse iniziative e appelli che abbiamo rilanciato nelle forme e nelle modalità che ci erano disponibili attraverso i canali social. A tutto ciò si è iniziata ad accompagnare la nostra attività primaria, quella di renderci voci e ponti tra quanto stava e sta concretamente accadendo e la comprensione e riflessione più analitica su tutto ciò. Momenti delicati e complessi come gli eventi bellici (ma non solo) richiedono ancora di più un rigore, una competenza e un’onestà intellettuale che, purtroppo, spesso vengono a mancare proprio in queste circostanze.
Sono queste qualità che possono aiutare a spiegare e arrivare a comprendere la surreale follia esiziale messa in atto da Vladimir Putin contro la popolazione e la nazione ucraina. Infatti, per la natura stessa della dichiarazione di guerra di ormai tre settimane fa, lo smascheramento dello stratagemma retorico e dell’utilizzo strumentale di nozioni storiche si rivela quanto mai necessario e non basta essere “giornalisti dal fronte” per poterlo garantire.
Una volta di più, dunque, noi che di queste aree, culture, realtà siamo intrisi per biografie, passioni, studi e ricerche, non potevamo che sentirci coinvolti e chiamati a favorire, nel nostro piccolo, una maggiore comprensione. Una comprensione che cerca sempre di rendere più profonda e stratificata la materia che tocca, che evita di appiattirla a una retorica vetusta e mendace del buono e del cattivo, del noi e del loro, del bianco e del nero. Una comprensione che, se vogliamo, produce più domande, che risposte, più dubbi, che soluzioni. Una comprensione che, però, riteniamo infinitamente più onesta, utile e costruttiva.
A questa complessità si vota il progetto di Meridiano 13, sperando di ovviare in questa fragile maniera a quel “deserto” materiale e immateriale che le guerre d’armi e di parole “chiamano pace” (Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant; Publio Cornelio Tacito).
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