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“Old Khata Book”: le “chata” ucraine diventano un libro fotografico

Anna Ilčenko e Svitlana Oslavs’ka sono due sorelle nate e cresciute a Sjeverodonec’k, città dell’Ucraina orientale situata nell’oblast’ di Luhans’k, oggi territorio occupato dai russi. Anna è una fotografa e documentarista, i cui lavori sono stati pubblicati in diversi media ucraini e internazionali (tra gli altri: Marie Claire Italia, Bird in Flight, The Ukrainians, Suspilne, OpenDemocracy, Reporters), mentre Svitlana è una giornalista e antropologa, autrice di un libro – per ora inedito in italiano – dedicato proprio alla sua città natale (Sjeverodonec’k. Reportage dal passato).

Nonostante siano nate e cresciute a est del paese, durante le estati della loro infanzia le due sorelle si spostavano verso ovest per andare a trovare i nonni che abitavano tra le montagne dei Carpazi. Questi itinerari attraverso la terra natia hanno dato loro l’occasione di scoprire molti villaggi, luoghi e case, e di conoscere a fondo i loro abitanti. Così, una volta adulte, dopo mesi di riflessione, hanno deciso di intraprendere un lungo viaggio – dalla Transcarpazia a Luhans’k e dalla Polesia a Cherson – per raccontare queste storie e condividere la loro spedizione realizzando un libro fotografico: Old Khata Book.

Che cos’è una chata?

Chata (хата) è il nome comune ucraino per “casa”, che un tempo si riferiva all’abitazione di campagna, quella contadina. Nella coscienza nazionale degli ucraini la casa non è solo un luogo in cui vivere, un rifugio, ma anche il proprio angolo privato: da semplice abitazione, la chata diventa quindi un simbolo che occupa un posto importante nell’anima e nella cultura del popolo ucraino.

La chata tradizionale ucraina è un vero capolavoro che unisce un’eccezionale razionalità progettuale a un alto livello di esecuzione artistica. Il più delle volte era composta da un’unica stanza, a cui potevano essere annessi locali ausiliari come il fienile e la dispensa. Il materiale più utilizzato per le pareti era il legno (il tiglio viene considerato il migliore), mentre i tetti erano ricoperti di paglia, canne e piccole assi di legno o tegole.

Chata al Museo nazionale di architettura e tradizioni popolare popolari dell’Ucraina di Pyrogiv, nell’oblast’ di Kyiv (Meridiano 13/Claudia Bettiol)

Le chata di ogni singola regione ucraina sono diverse fra loro: i materiali, i colori, le decorazioni ne tratteggiano le caratteristiche non solo tipiche locali, ma anche etniche e culturali. Come racconta Svitlana, nella regione storica della Slobožanščina (che comprende le terre di buona parte dell’Ucraina nord-orientale e una porzione della Russia sud-occidentale) ci sono ad esempio molte più abitazioni fatte di argilla o mattoni di fango, mentre in Bucovina, ai confini con la Romania, le case sono principalmente in legno, caratterizzate da intagli. Nel Donbas, invece, prevalgono le casupole in mattoni bianchi, più fredde e spoglie a prima vista.

Nonostante le numerose differenze, vi sono anche alcuni aspetti ricorrenti da considerare: il colore degli interni e degli esterni, o gli elementi architettonici all’ingresso della casa, le verande, le cornici ornate delle finestre. “Ciò che è assolutamente comune a tutte le chata sono le finestre in legno ovunque. Indipendentemente dalla regione in cui si trova la casa, le finestre sono fatte di legno e decorate con motivi intagliati. Alcune hanno stelle, uccelli o motivi floreali sopra le finestre, altre hanno ornamenti geometrici intorno alla veranda, anch’essi intagliati nel legno”, spiega Anna.

L’intervista ad Anna e Svitlana, le fautrici di Old Khata Book

Anna e Svitlana, siete due sorelle nate e cresciute a Sjeverodonec’k, nell’Ucraina orientale. Sin da piccole, però, avete avuto l’occasione di scoprire anche le regioni dell’Ucraina centro-occidentale e di viaggiare per il paese. Ci raccontereste di più su come vi è venuta questa idea di dare voce alle chata? Quando e come è stato possibile realizzare il progetto e pubblicare il volume Old Khata Book?

Anna e io siamo sorelle, siamo cresciute entrambe in città, a Sjeverodonec’k per essere precise, nella regione di Luhans’k, ora territorio occupato dalla Russia. La campagna, però, è sempre stata presente nelle nostre vite perché i nostri parenti e genitori provengono da questa realtà. È una geografia interessante: nostra madre è originaria dell’oblast’ di Volinia, che si trova nell’Ucraina nord-occidentale, mentre nostro padre dell’oblast’ di Luhans’k, nell’Ucraina orientale. Sin da piccoline, siamo sempre andate a trovare i nostri parenti, quindi nessuna regione ci è mai stata estranea, ci sentivamo a casa sia in città che in campagna.

Anche dopo essere cresciute abbiamo continuato ad andare a trovare i nonni ogni estate. Le nostre vite stavano cambiando mentre la loro, nel villaggio, seguiva gli stessi ritmi e cicli da decenni. Quando morirono, vedemmo chiaramente che la realtà particolare dei villaggi ucraini e delle persone di quella generazione, nata negli anni Trenta e Quaranta, stava scomparendo, svanendo. Volevamo fare qualcosa che fosse dedicato a questo mondo, così, di tanto in tanto, abbiamo realizzato alcuni reportage a quattro mani, dove Anna si occupava degli scatti fotografici e io scrivevo del villaggio.

chata
(Old Khata Book/Anna)

Abbiamo sempre prestato attenzione alle chata perché sono l’oggetto principale a cui si dà importanza in un villaggio. Abbiamo capito subito che volevamo fare qualcosa su di esse, una sorta di prodotto culturale dedicato alle case. E abbiamo deciso che doveva essere un libro. Era l’autunno del 2020, eravamo sedute nella cucina di Anna a L’viv (Leopoli), e abbiamo iniziato a pensare a ciò che ci serviva per realizzarlo. All’epoca non avevamo idea del formato, se non che avrebbe sicuramente incluso foto e testi. Ci siamo però rese conto che dovevamo raccogliere materiale per questo libro fotografico e che per farlo avremmo dovuto viaggiare in tutta l’Ucraina. Abbiamo iniziato a “testare” questo piano e nell’inverno del 2020 siamo partite per Dzembronja, nei Carpazi, e Olešnja, nella regione di Černihiv. In primavera abbiamo visitato altri villaggi e nell’estate del 2021 abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma ucraina Spil’nokošt. Siamo riuscite a raccogliere la somma necessaria per la nostra spedizione in pochissimi giorni e abbiamo ricevuto molti riscontri positivi, rendendoci conto che le persone erano davvero interessate al progetto Old Khata. Così siamo partite per una grande spedizione che è durata per tutta l’estate e l’autunno del 2021, e alla fine dell’anno ci siamo rintanate al Monastero di Univ, in Galizia, per lavorare all’idea del libro.

Pensavamo che sarebbe uscito nel 2022, ma l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha sconvolto i piani di tutti. Nella primavera e nell’estate del 2022 abbiamo viaggiato nei territori non occupati, raccontando come la gente nei villaggi vive la guerra e l’occupazione. È così che è apparso anche un capitolo sulla guerra nel libro.

Abbiamo riportato una breve cronologia del progetto sulla nostra pagina Facebook:

Questa è la breve storia di Old Khata Book (e delle foto della nostra spedizione). Se ci seguite solo di recente, vi farete qui un’idea migliore del nostro viaggio. 
Autunno 2020. In una cucina di L’viv, pensiamo a come esprimere al meglio il nostro amore per le chata. Decidiamo di realizzarne un libro. 
Inverno 2020. Partiamo per la spedizione: con la prima neve arriviamo Dzembronja, nei Carpazi, mentre con l’ultima a Olešnja, nella regione di Černihiv. 
Estate 2021. Lanciamo una campagna di raccolta fondi su Spil’nokošt per una grande spedizione. Raccogliamo 100mila hryvnja per viaggio, vitto e alloggio. Trascorriamo l’intera estate e l’autunno viaggiando nei villaggi di quasi tutte le regioni dell’Ucraina. 
Fine autunno 2021. Ci rechiamo al Monastero di Univ, dove trascorriamo una settimana per mettere a punto il concetto e la prima stesura del libro. 
24 febbraio 2022 - ... Non riusciamo a pensare al progetto Old Khata, ma a metà primavera cerchiamo di capire come possiamo essere utili all’Ucraina in questa guerra. Siamo già in viaggio verso le regioni non occupate. Parliamo di come gli ucraini vivono la guerra e l’occupazione.
Marzo 2023 - Iniziamo a collaborare con un designer per la parte grafica del libro. Ora esiste una sezione dedicata alla guerra. 
Agosto 2023 - Inviamo il tutto alla tipografia. 
12 settembre 2023 - Iniziamo la prevendita del volume Old Khata Book, un libro fotografico sulle chata e sulle persone. Lo pubblichiamo in collaborazione con la casa editrice Čoven. 
Grazie per aver seguito il progetto in tutti questi anni. E grazie a coloro che si sono uniti a noi di recente!

In totale, ci abbiamo messo tre anni per realizzare il volume Old Khata Book. Possiamo dire che è nato dal desiderio di preservare l’architettura rurale in Ucraina, in quanto parte fondamentale del patrimonio culturale dell’Ucraina e, più in generale, dell’Europa.

Come avete scelto le case da visitare, raccontare e fotografare?

Il nostro metodo di base è lo stesso di tutti i documentaristi e reporter: ci si reca in un posto e si parla con le persone. Arrivavamo in un determinato villaggio, ci passavamo qualche giorno, camminavamo per le strade e Anna scattava delle foto alle chata, parlavamo con le persone delle loro abitazioni, di come erano state costruite, e registravamo queste conversazioni su un dittafono, raramente si trattava di contenuti video.

Volevamo preservare la lingua originale della gente. Dalle lunghe interviste, abbiamo selezionato dei frammenti brevi ma ricchi di emozioni e significato. Potevano riferirsi alla casa, alla chata, oppure alla vita e alla morte, perché sono queste le cose che interessano alle persone. Dopodiché, nella fase di finalizzazione del libro, abbiamo scelto i frammenti che ci parlavano di più e li abbiamo disposti in un certo ordine nel volume Old Khata Book. Anna ha anche scattato ritratti di persone. In un certo senso, anche le fotografie delle case sono per lo più “ritratti”: i soggetti sono rivolti verso l’obiettivo o di profilo, proprio come una persona in una foto ritratto.

chata
(Olda Khata Book/Anna)
Per chi non conosce l’Ucraina e, soprattutto, le zone rurali, quali sono le particolarità che caratterizzano queste chata?

Questa architettura domestica rurale è qui da secoli. La tradizione di costruire chata in tutte le regioni del paese si è plasmata e stratificata nel tempo. Le chata che hanno destato la nostra curiosità portano l’impronta di una società tradizionale che si combina con la modernità. Abbiamo volutamente documentato tutto questo con delle fotografie, perché altrimenti non saremo in grado di preservare fisicamente questo strato di cultura.

Il territorio dell’Ucraina è due volte più grande di quello dell’Italia; la diversità e le peculiarità dell’architettura rurale domestica qui dipendono dall’ambiente naturale in cui si trovano i villaggi. È molto semplice: i materiali utilizzati per costruire le case nel secolo scorso erano di origine naturale. La gente li trovava nel terreno o nella foresta. L’argilla e il legno erano i componenti fondamentali che davano vita a una chata. In alcuni luoghi, come nelle aree boschive, prevaleva il legno – quercia, abete rosso o larice – mentre in altri l’argilla mescolata alla paglia era il materiale di base da cui si ricavavano mattoni rettangolari simili a quelli a cui siamo abituati oggi. Questi mattoni, che nell’Ucraina centrale chiamano lampač (mattone di fango, di terra), costituivano le pareti della casa. Le case venivano così ricoperte di argilla e poi imbiancate. Nelle zone in cui c’era legname in abbondanza, come nella regione dei Carpazi o nella Polesia, la gente usava prevalentemente il legno. Le chata più antiche che abbiamo visto durante le nostre spedizioni erano in legno. La dimora in argilla è in effetti la più ecologica, perché si conforma alla terra con il tempo e, a volte, quando la natura si riappropria del proprio posto, non si direbbe nemmeno che un tempo ci sia stata una casa lì. Legno e argilla sono stati combinati con successo in diverse varianti. Ciò che conta, però, è il modo in cui le persone si prendevano cura delle loro case, come le costruivano e le decoravano. Quello che abbiamo notato è il desiderio onnipresente delle persone di decorare le loro abitazioni con intagli, combinazioni di colori o ornamenti in metallo, insomma con qualsiasi metodo a loro disposizione. Come ci ha detto uno dei nostri intervistati, “ci deve pure essere un qualche tipo di decorazione!”.

Avrete visto, immagino, case, insediamenti e villaggi ucraini ma anche appartenenti alle varie minoranze che compongono il vostro paese multietnico. Come avete deciso di descrivere e mostrare questa multiculturalità?

Le foto del nostro progetto e del libro non sono legate all’etnia, perché la cultura ucraina per noi è tutto ciò che è nato in Ucraina. Abbiamo visitato villaggi che un tempo erano etnicamente russi o bulgari, ma tutti fanno parte della cultura ucraina come cultura della nazione politica degli ucraini.

Ancora prima dell’invasione su larga scala da parte della Russia, gli ucraini avevano cominciato a interessarsi alle diverse regioni; ad esempio, tra gli abitanti di Leopoli era popolare andare nelle gole delle regioni di Mykolaiv o Cherson, nuove calamite turistiche. Un’alternativa alle solite località gettonate, come i Carpazi, e un interesse per destinazioni nuove. Si è trattato di un processo particolarmente positivo di desiderio di conoscere l’Ucraina, come dimostra anche il riscontro che abbiamo avuto per il progetto Old Khata. Purtroppo, la guerra della Russia contro l’Ucraina ha interrotto questo processo.

Per approfondire: Mosaico Ucraina: Olesja Jaremčuk dialoga con Claudia Bettiol
Cosa vi ha colpito di più durante le vostre esplorazioni e i vostri viaggi da est a ovest? C’è stato una sorta di shock culturale?

La cosa più interessante è stata scoprire quelle regioni che conoscevamo meno e dove non eravamo quasi mai state. Ad esempio, le regioni di Sumy, Cherson e Mykolaiv. È stato molto stimolante ascoltare i dialetti locali, abbiamo incontrato persone gentili ovunque e, soprattutto, ognuna di queste regioni si è rivelata interessante dal punto di vista architettonico, con le sue peculiarità nel costruire e decorare le chata. E la sincerità, l’apertura e la generosità delle persone stupiscono sempre. È impressionante come la gente sia disposta a dedicarci il proprio tempo e ad aprirci la loro vita. Nel villaggio di Bilka, nella regione di Sumy, abbiamo incontrato una donna che portava lo stesso cognome della nostra famiglia e che ha intonato delle canzoni popolari che non conoscevamo.

Le registrazioni le trovate sulla nostra pagina Instagram, qui e qui.

Come hanno reagito gli abitanti di questi villaggi allo scoppio della guerra? Quanto sono stati affetti insieme alle chata, dalla guerra e dall’occupazione russa?

Prima di tutto, vogliamo sottolineare che questa è la guerra della Russia contro l’Ucraina. Non possiamo definirla un “conflitto” neutrale. Questa non è la nostra tesi, è un dato di fatto; quindi, chiediamo esplicitamente di chiamarla guerra.

Il nord, l’est e il sud dell’Ucraina erano o sono tuttora sotto occupazione. Questo significa che tutti i villaggi che si trovano in quelle zone hanno subito dei danni. Sono stati distrutti, completamente o parzialmente. Inoltre, i villaggi che non sono stati occupati sono tuttora inflitti dai bombardamenti e dagli attacchi russi. Ogni giorno, i russi sganciano missili e bombe e attaccano i villaggi della regione di Cherson, nel sud del paese. Non vengono colpite solo le case, ma anche i civili stessi, che muoiono giorno dopo giorno. Bambini, anziani, tutti. Nei villaggi occupati, i russi hanno fatto cose terribili. Hanno sparato a singoli individui e a intere automobili quando le famiglie cercavano di lasciare i villaggi e le città occupate. Hanno rapito persone e le hanno tenute in scantinati al buio per mesi. Le torturavano con la corrente elettrica. Hanno anche commesso crimini sessuali, per non parlare del fatto che ovunque andavano, semplicemente rubavano. I procuratori ucraini hanno registrato più di 100mila crimini di guerra commessi dai russi in Ucraina. Molti villaggi non torneranno mai a vivere, ampie aree sono minate e nessuno resusciterà queste persone, civili e soldati, i quali erano per la maggior parte civili finché non sono andati a difendere la patria.

Come vi ha accolto la gente del posto e cosa ne pensano i locali del vostro progetto?

Un’onda sinusoidale: è la curva che posso usare per descrivere le fluttuazioni degli atteggiamenti delle persone nei villaggi. Durante la guerra totale, le persone sono diventate più riservate e caute. Una delle nostre giornate è iniziata con gente pronta a chiamare la polizia da quanto era emotivamente provata, ma si è poi conclusa con le stesse persone che ci hanno offerto il caffè nelle loro cucine.

Durante le spedizioni pre-guerra, la gente ci vedeva come predicatrici, agenti immobiliari, insegnanti, testimoni di Geova, tutto fuorché ricercatrici culturali, documentariste o fotografe.

In realtà, le persone nei villaggi si aprono piano piano e quando finalmente si fidano di te è la cosa più bella del mondo. Questi lunghi e calorosi saluti ci hanno accompagnato per tutto il tempo.

chata
(Old Khata Book/Anna)
Quanto è difficile conservare e mantenere il patrimonio storico e culturale delle chata? C’è qualche aiuto da parte del governo o di enti culturali?

È difficile nel senso che abbiamo realizzato questo progetto come attività parallela al nostro lavoro. Non è un’occupazione che porta soldi. Durante la grande spedizione del 2021, abbiamo lasciato il nostro impiego per recarci nei villaggi. Anche lo stesso viaggio è stato difficile – come arrivare al villaggio con i mezzi pubblici, per esempio. Ma allo stesso tempo, lo abbiamo sempre fatto perché amavamo quello che stavamo facendo e desideravamo farlo, quindi queste difficoltà non ci hanno fermato.

Non abbiamo ricevuto alcun aiuto dallo Stato nel corso delle nostre attività, ma siamo stati sostenuti da mini-sovvenzioni di diverse fondazioni europee: IWM (Vienna), European Cultural Foundation e altre.

A livello professionale, avete già qualche idea per altri progetti artistico-culturali per il futuro?

Abbiamo molte idee e a volte sembra che abbiamo più idee che tempo per realizzarle. Ora stiamo preparando la seconda edizione del volume Od Khata Book per la stampa. La prima, di mille copie, è quasi esaurita (in un mese e mezzo), ci sono rimasti circa 50 libri. E, dal momento che ci siamo registrate come casa editrice, abbiamo in programma di pubblicare almeno un altro libro d’arte sui Carpazi. Abbiamo altri progetti al di fuori della pubblicazione di opere, vi racconteremo tutto sulla nostra pagina Instagram: @old_khata_project.

Questo articolo è uscito il 14 novembre 2023 anche sul sito della rivista MicroMega.

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Claudia Bettiol
Claudia Bettiol

Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.