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Ketevan la martire, storia di una santa georgiana da Lisbona all’India

In un chiostro del Convento da Graça, nel centro storico di Lisbona, un azulejo panoramico racconta una storia particolare: il martirio della regina georgiana Ketevan, nota con il nome di Ketevan la martire (in georgiano ქეთევან წამებული, ketevan tsamebuli).

Rievocando le vicende della sua vita partiremo per un viaggio che, dal Portogallo, ci porterà alla Georgia del Seicento, all’Iran e, infine, a Goa, in India.

La vita di Ketevan la martire

Ketevan era figlia di Ashotan I di Mukhrani e sposò il principe David di Cachezia, un regno nella Georgia orientale. All’inizio del Seicento, il periodo in cui si svolge questa storia, la Cachezia era un territorio prospero, ma doveva vedersela con tre potenze che si sono contese per secoli il dominio della Georgia: la Russia, l’Impero ottomano e l’Iran. Oltre al pericolo delle minacce esterne, il regno di Cachezia era attraversato da lotte di potere intestine –  lotte per altro influenzate proprio dalle potenze menzionate –  le quali coinvolsero direttamente Ketevan.

Il marito, infatti, salì al trono della Cachezia con il nome di David I nel 1601 sfruttando una malattia del padre, Alessandro II. Quando quest’ultimo guarì, David I si rifiutò di restituirgli il potere, salvo poi morire improvvisamente nel 1602. Secondo la leggenda, alla morte del marito, Ketevan si dedico alla carità e alla costruzione di edifici religiosi.

Le cose cambiarono però quando il fratello di David I, Costantino I, uccise Alessandro II (nel frattempo tornato al potere) e salì al trono della Cachezia, con il beneplacito iraniano, nel 1605. Ketevan chiamò a raccolta i nobili del regno per punire il parricida e la ribellione si concluse con la morte in battaglia di Costantino I nell’ottobre del 1605.

La protagonista di questa storia negoziò con lo scià di Persia, ʿAbbās I, che deteneva la sovranità sulla Georgia orientale, affinché il suo figlio sedicenne Teimuraz venisse nominato re di Cachezia con la madre che avrebbe fatto da reggente fino al sopraggiungere della maggior età del futuro sovrano.

ʿAbbās I “benedisse” Teimuraz, senza sospettare quanto questi si sarebbe dimostrato indisciplinato come vassallo.

Donald Rayfield, Edge of Empires: A History of Georgia, 2012

Una volta sul trono della Cachezia, Teimuraz I si mosse, infatti, attivamente per contrastare l’influenza dell’Iran sulla Georgia orientale. Le sue azioni scatenarono la rabbia di ʿAbbās spingendolo alla decisione di integrare la Georgia a pieno titolo nel suo impero.

Nell’ottobre 1613 lo scià avanzò con il suo esercito a Ganja, nell’attuale Azerbaigian. La primavera successiva si mosse contro la Cachezia, richiedendo a Teimuraz I di inviargli i suoi figli come ostaggi. Il re georgiano mandò inizialmente sua madre e il suo figlio minore, Alessandro.

Ketevan tentò vanamente di dissuadere lo scià dai suoi piani bellicosi, ma ʿAbbās I non si fece persuadere una seconda volta. Insistette fino a quando anche il primogenito di Teimuraz I, Levan, venne inviato alla sua corte come ostaggio e poi invase la Cachezia mettendo a ferro e fuoco la Georgia orientale. Tra le altre cose, lo scià deportò 30mila contadini della Cachezia in Iran. A quattrocento anni di distanza i loro eredi vivono ancora nel paese, mantenendo lingua e tradizioni georgiane.

Ketevan rimase per anni in ostaggio in Persia, risiedendo a Shiraz. Nel frattempo, Teimuraz I continuò a ribellarsi contro lo scià cercando l’assistenza russa e ottomana in chiave anti-persiana. ʿAbbās I punì orribilmente il re georgiano per la sua disobbedienza. Nel 1620 castrò entrambi i suoi figli: Levan morì quasi sul colpo e Alessandro impazzì e morì poco dopo.

ʿAbbās I diede poi a Ketevan un ultimatum per convertirsi all’Islam. Di fronte al suo rifiuto, il 22 settembre 1624 la regina venne sottoposta a torture indescrivibili che la portarono alla morte, con il solo conforto di un missionario agostiniano portoghese.

Il viaggio dopo la morte

Ketevan venne sepolta in Iran, ma una parte delle sue spoglie venne portata clandestinamente in Cachezia da un gruppo di missionari agostiniani portoghesi che avevano assistito al martirio e seppellita nel monastero di Alaverdi. Leggenda voleva che i missionari trasportarono altre parti del suo corpo nel convento agostiniano a Goa, in India.

Il monastero di Alaverdi in Georgia dove è sepolta Ketevan la martire.
Il monastero di Alaverdi in Cachezia dove è sepolta la regina Ketevan (Meridiano 13/Aleksej Tilman)

Ed effettivamente quelli che si pensava fossero i suoi resti vennero trovati a Goa nel 2004, dopo una ricerca ventennale, e attribuiti con un test del DNA alla regina nel 2013. Vista l’importanza del culto di Ketevan la martire per i georgiani di fede ortodossa, le spoglie trovate a Goa vennero consegnate dall’India alla Georgia nel 2021.

Ketevan venne canonizzata come santa dalla Chiesa ortodossa georgiana immediatamente dopo la sua morte e viene commemorata ogni anno il 13 settembre del calendario giuliano (il 26 settembre del nostro calendario). Ketevan è uno dei nomi femminili più diffusi in Georgia e, a scuola, i ragazzi georgiani studiano a memoria il poema Il libro e la passione della regina Ketevan (წიგნი და წამება ქეთევან დედოფლისა, ts’igni da ts’ameba ketevan dedoplisa) composto nel 1625 da Teimuraz I in onore della madre.

Il ventunesimo secolo ha regalato un’ultima sorpresa in questa vicenda che ci riporta da dove eravamo partiti. L’azulejo di Lisbona di cui abbiamo parlato all’inizio e di cui non si aveva conoscenza è stato riscoperto solo nel 2008. L’opera venne realizzata in base ai racconti dei missionari che avevano assistito al martirio di Ketevan e nel 2017 è stata restaurata a spese del governo georgiano.

L’azulejo visto per intero (Meridiano 13/Aleksej Tilman)
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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.