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Il 28 marzo 1977 l’attrice statunitense Pear Bailey annunciava il vincitore del Premio Oscar per la categoria “Miglior film straniero”. Il premio andò a La Victorie en chantant, coproduzione tra Costa d’Avorio e Francia, diretta da Jean-Jacques Annaud. Tra le pellicole nominate, insieme tra gli altri all’italiano Pasqualino Settebellezze, c’era Jakob der Lügner (Jakob il bugiardo), unico film della Repubblica Democratica Tedesca a essere candidato all’Oscar. Ecco la sua storia.
Un bambino nel ghetto
Il soggetto della pellicola l’ha scritto Jurek Becker. Nato ufficialmente il 30 settembre 1937 a Łodz in Polonia (sulla vera data di nascita si è quasi certi che il padre l’avesse invecchiato di un paio d’anni per proteggerlo dalla deportazione), Jerzy, così il suo vero nome, crebbe nel ghetto della città polacca, prima di essere deportato in quanto ebreo a Ravensbrück e poi a Sachsenhausen. Liberato nel 1945, Becker perse la madre morta di denutrizione e ritrovò il padre sopravvissuto ad Auschwitz grazie a una organizzazione statunitense. Con quest’ultimo si trasferì a Berlino Est, dove papà e figlio per sopravvivere si dedicarono alla borsa nera.
Una gestazione complicata per Jakob il bugiardo
Dopo il diploma Becker si iscrive alla Frei Deutsches Jugend, la gioventù della SED, il partito egemonico della DDR, in cui entra nel 1957. Si arruola per due anni come volontario nella Volkspolizei, la polizia della Repubblica Democratica Tedesca, prima di frequentare la facoltà di filosofia all’Università Humboldt di Berlino. Non termina mai gli studi per ragioni politiche, ma si iscrive alla scuola di cinematografia di Babelsberg. Dal 1960 comincia a scrivere sceneggiature per la DEFA, la casa di produzione nazionale della DDR. Tra i copioni che Becker prepara c’è la storia di Jakob che nel ghetto di Łodz inventa notizie contribuendo così a sollevare il morale di chi vive confinato dai nazisti.
Inizialmente il soggetto viene rifiutato e nel 1966 quando viene accettato la produzione si ferma. Le ragioni sono due: le autorità polacche non hanno dato l’autorizzazione a girare a Cracovia, dando come motivazione il fatto che nella città dell’est del paese si stessero girando due altri film (sovietici). La seconda è la caduta in disgrazia del regista designato Frank Beyer. In quell’anno è uscito Spur der Steine, una pellicola che critica in maniera neanche troppo velata i dirigenti e la nomenklatura del regime. Beyer non può dirigere con la DEFA e viene trasferito al teatro di Dresda.
Un consiglio cambia la vita
In Becker cresce la frustrazione. A far cambiare il corso della sua storia e di quella di Jakob è un consiglio. Glielo dà un divo della DDR. È un cantante e un attore e per Jurek è soprattutto un amico, visto che hanno condiviso da giovani un appartamento a Berlino Est. Si chiama Manfred Krug e gli consiglia di modificare la storia in alcuni punti, per esempio eliminando la trama parallela del Dottor Kirschbaum. È una mossa vincente, perché nel 1969 Jakob der Leugner, Jakob il bugiardo, esce come romanzo. È un trionfo di pubblico e critica tanto che anche la ZDF, la tv di Stato della Germania Ovest si muove per i diritti cinematografici.
Un cast socialista
Una volta ottenuto il via libera, con il riabilitato Beyer dietro la macchina da presa, la produzione affidata alla DEFA e alla televisione della DDR deve affrontare problemi in serie. Il primo, come nel 1966, viene dalla Polonia. Dopo aver ricevuto un copione tradotto le autorità del paese slavo annunciano che nessun attore polacco parteciperà al film. Beyer però non vuole rinunciarci e per dirimere la questione deve intervenire il ministro della Cultura della Germania Est.
Il secondo riguarda la scelta del protagonista, Jakob. Beyer vorrebbe Heinz Rühmann. È un artista affermato e poliedrico, ma ha un neo per le autorità della DDR. È un cittadino della Repubblica Federale Tedesca. Anche per questo a dire di no è addirittura Erich Honecker, il capo de facto dello Stato, contrario perché una coproduzione legittimerebbe l’esistenza di due Stati tedeschi. Per impersonare Jakob, nelle riprese che si svolgono soprattutto a Most, nel nord della Moravia, viene invece scelto il cecoslovacco Vlastimil Brodský, che già Beyer avrebbe voluto nel 1966.
Un successo internazionale
Nel dicembre 1974 c’è la prima per la TV della DDR e a febbraio 1975 esce nei cinema della Germania Est. Nell’estate dello stesso anno la pellicola è in gara alla Berlinale, il Festival del Cinema di Berlino dove per la prima volta una produzione della Repubblica Democratica Tedesca vince un premio. È quello per il miglior attore che va proprio a Brodský. Nel 1976 Jakob il bugiardo, di cui verrà realizzato un remake nel 1999 con Robin Williams, conquista pure il Nationalpreis der DDR di seconda categoria, onorificenza destinata alle produzioni scientifiche e culturali.
E poi l’anno successivo la corsa agli Oscar, con Becker che la vede dalla Germania Ovest dove le autorità gli hanno permesso di andare, dopo essere diventato un dissidente appoggiando Wolf Biermann e Reiner Kunze. Un traguardo unico e significativo, quello della candidatura all’Oscar, anche perché l’opera parla della Shoah. È la prima volta che nella DDR l’Olocausto diviene il tema di una produzione di successo in un paese, che pur dichiarandosi orgogliosamente antifascista, aveva commemorato le vittime del nazionalsocialismo, ma soprattutto quelle della resistenza comunista al Terzo Reich.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.