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Jovan Kratohvil, un artista visionario in Jugoslavia

Gli spomenik jugoslavi sono tornati alla ribalta dopo decenni di oblio. Grande merito di questo lavoro va alla mostra di Jan Kempenaers Spomenik e al successivo lavoro di Donald Niebyl, che praticamente dal nulla ha creato lo Spomenik Database, ovvero una mappatura di tutti questi monumenti sparsi per quella che fu la Jugoslavia. Ma dietro a queste opere ci sono sempre stati degli uomini geniali, visionari. Artisti che hanno regalato al mondo la loro arte. Jovan Kratohvil è sicuramente uno di questi.

Se ti interessano gli spomenik, dai un’occhiata a questa sezione.

Jovan Kratohvil nasce in una famiglia borghese di Belgrado, i suoi genitori e i suoi nonni sono professionisti, istruiti, liberali e moderni per quei tempi, e insistono molto sull’istruzione e sulla sana educazione di Jovan. Indipendentemente dal suo “ambiente sociale”, il giovane Kratohvil vive l’esperienza della città occupata dai nazisti. La violenza, le morti e la repressione di quegli anni hanno su di lui un effetto importante, che lo portano ad unirsi molto presto al movimento progressista di sinistra e dunque ai partigiani. Dal volume A study of a model of Yugoslav modernism di Jasmina Čubrilo in cui si parla anche dei primi anni della vita dell’artista, si specifica come lo jugoslavismo faccia parte dei pensieri di Jovan ben prima dello scoppio della guerra: 

[…] Questa identità jugoslava, secondo le testimonianze dei suoi compagni di scuola, esisteva anche prima dello jugoslavismo socialista basato sull’ideologia della “fratellanza e unità”, ed era l’identità che assimilava in sé l’identità ceca già assimilata proveniente da parte di suo padre. Nelle generazioni precedenti, di cui si conservava l’unica traccia nel cognome, insieme a quello serbo, originario della Bosnia, cioè da parte di madre. In altre parole, l’identità borghese jugoslava e quella socialista jugoslava erano dialetticamente intrecciate nella personalità di Kratohvil.

Kratohvil, finita la guerra, raggiunge ottimi risultati accademici. Prosegue gli studi, interrotti con l’adesione al movimento partigiano, e completa il corso generale nel 1948 e il corso speciale di studi nel 1949, quando viene nominato assistente presso l’Accademia di Belle Arti. Raggiunge anche risultati sportivi molto prestigiosi (medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1952). Dopo le sue prime apparizioni nell’ambito delle mostre collettive e in quelle organizzate dall’Associazione degli artisti di Serbia (FAAS), gli viene affidato il compito di realizzare due opere: il Monumento ai combattenti caduti della Bosnia orientale e nello Srem nella Bassa Trnova sul monte Majevica (eretto poi nel 1952) e il Monumento ai combattenti di Zemun caduti durante la Rivoluzione popolare 1941-1945, posto nella Piazza degli Aviatori di Zemun (eretta nel 1954).

Monumento ai combattenti caduti della Bosnia orientale e nello Srem dal libro A study of a model of Yugoslav modernism

La produzione di Kratohvil può essere divisa in due momenti fondamentali (anche se entrando nel merito della produzione e delle correnti culturali si possono individuare altri sotto-momenti). “Oltre agli  interessi dell’artista e alle influenze del modernismo prima della guerra, il punto fondamentale è che la Jugoslavia era uscita dal Blocco Orientale nel 1948 e gli artisti erano liberi di esprimersi in tutti i nuovi linguaggi fuori dal socialismo…”, ci ha detto Marko Kratohvil, figlio di Jovan, che ci ha aiutato a raccontare la figura del padre.

“Erano tempi molto entusiasmanti per i nuovi modi nelle arti visive. Ha avuto la fortuna di viaggiare in questi periodi a Parigi, Londra, Buenos Aires ecc., visitare gallerie e musei e incontrare artisti”. Quindi accanto a una prima produzione legata al realismo socialista, di cui sono un esempio anche le due opere già citate, ce n’è una seconda, dove le opere perdono il loro rapporto con il reale, andando ad indagare nuove strade. 

Gli spomenik di Jovan Katohvil

Al tempo le opere venivano scelte tramite un concorso pubblico, più o meno aperto a tutti. Alcuni scultori affermati venivano invitati a sviluppare una proposta che poi veniva vagliata da una giuria composta da professionisti e dipendenti pubblici che avrebbero poi scelto il vincitore. I progetti più importanti realizzati da Kratohvil sono stati il monumento commemorativo dell’incidente dell’aereo sovietico, posto sulla collina di Avala, fuori Belgrado, il monumento alla Fratellanza e all’Unità di Pirot (Serbia) e quello al Sacrario degli Slavi di Sansepolcro, in provincia di Arezzo. Dell’ultima opera abbiamo abbondantemente parlato qui e adesso ci soffermeremo più ampiamente sulla prima.

Nonostante i complicati rapporti fra Jugoslavia e Unione Sovietica, in occasione del ventennale della liberazione di Belgrado, una delegazione di sovietici era attesa nella capitale balcanica per festeggiare la ricorrenza. A bordo del velivolo erano presenti anche due alti ufficiali sovietici che avevano preso parte alle battaglie per scacciare i tedeschi dal suolo slavo. L’aereo era atteso alle 11:30 presso la base aerea militare di Batajnica. Per l’occasione era stata allestita una festa di benvenuto, con tanto di musica e una folla entusiasta.

Spomenik di Sansepolcro - Jovan Kratohvil
Spomenik di Sansepolcro – Jovan Kratohvil (Meridiano 13/Gianni Galleri)

Tuttavia, alle 11:34, l’aereo era scomparso dai radar mentre si preparava all’atterraggio su Belgrado. Era stato poi visto deviare misteriosamente dalla rotta e schiantarsi contro il fianco del vicino monte Avala. Non ci furono sopravvissuti, 33 persone morirono nello schianto. All’epoca, ci furono diverse teorie su ciò che aveva potuto causare l’incidente. Oltre alle tensioni fra Urss e Jugoslavia, venne avanzata anche l’idea di uno strumento difettoso, mentre altri dettero la colpa alla nebbia. Ancora oggi non è mai stata fatta chiarezza su che cosa successe, anche se si tende ad escludere l’evento colposo. La Jugoslavia riconobbe due giorni di lutto nazionale. 

Visto l’importanza dell’evento, il progetto di creare un memoriale per queste vittime fu avviato quasi immediatamente. Nella primavera successiva, l’Assemblea comunale di Belgrado organizzò un concorso di progettazione a porte chiuse. Furono invitate tredici figure di spicco fra scultori e architetti che presentarono le loro proposte. Oltre a Jovan Kratohvil, furono chiamati Olga Jevrić, Olga Jančić, Aleksandar Zarin, Nandor Glid, Miodrag Živković, nonché gli architetti Uglješa Bogunović, Bogdan Bogdanović, Nebojša Delja, tra gli altri. 

La vicinanza fra gli artisti di quell’epoca ci ha sempre incuriosito, per questo ne abbiamo chiesto a Marko: “So che si conoscevano molto bene. Ricordo da bambino l’incontro con Dušan Džamonja a casa nostra o nella loro casa estiva in Croazia. Anche Bogdanović. Ma sono quasi certo che non abbiano mai lavorato insieme. Come professori, artisti affermati, rettori di università e creatori di un ambiente culturale in Jugoslavia, le loro strade si sono incrociate molte volte. Tuttavia credo che ognuno abbia sviluppato il proprio stile e che la ‘collaborazione’ non fosse una ‘cosa’ comune a quei tempi”.

Ma torniamo ad Avala. Con quella lista che riportava senza dubbio alcuni dei nomi più significativi dell’arte e dell’architettura serba dell’epoca, la decisione per la giuria di selezione sarebbe stata senza dubbio difficile. 

Lo spomenik del monte Avala di Jovan Kratohvil (credit wikipedia)

Alla fine a prevalere fu la proposta di Jovan Kratohvil, che si aggiudicò anche un premio di 1,5 milioni di dinari jugoslavi come ricompensa. Ma adesso veniva il difficile: dopo la chiusura del concorso a luglio, il progetto doveva essere completato entro il primo anniversario dell’incidente del 19 ottobre 1965, lasciando solo quattro mesi per completare il tutto. Il luogo scelto per il progetto era a pochi metri dal punto esatto del monte Avala dove l’aereo sovietico si era schiantato. Il complesso monumentale fu aperto al pubblico durante una cerimonia il 19 ottobre 1965, per commemorare il primo anniversario dell’incidente aereo. 

Secondo un comunicato del tempo, riportato sul sito Spomenik Database,

L’autore di questo progetto pluripremiato ha costruito un obelisco dalle ali di un aereo. Rompendo le ali e costruendo la struttura dell’oggetto, Kratohvil è riuscito a suggerire la tragedia dell’evento, monumentalizzandolo allo stesso tempo.

Sempre lo stesso sito riporta:

[…] io non volevo per forza indirizzare subito lo spettatore verso il simbolo delle “ali”, anche se è chiaro che i due oggetti nella mia scultura somigliano effettivamente all’ala di un aereo. Mi sembra che un approccio così indiretto fosse una delle intenzioni che ha guidato la giuria che mi ha assegnato il primo premio del concorso, perché ho evitato eccessivo pathos e pretenziosità e ho raggiunto calma e longevità. Naturalmente la tragedia degli eventi è il tema di base, ma non l’unico.

Il monumento è costituito da un monolite alto 5 metri composto di ottone e ferro, il tutto poggiato su un piedistallo di marmo che domina sulla vallata sottostante e vi si accede tramite un paio di grandi scalinate in pietra. Questo spomenik ricevette visite e patrocini significativi durante l’era jugoslava, compresa una visita del presidente Josip Tito nel 1970. 

L’eredità di Jovan Kratohvil

Kratohvil si è spento a Belgrado il 22 febbraio 1998. Nella sua vita ha attraversato tante epoche, ma è stato senza dubbio un esponente di spicco e convinto della sua Jugoslavia. “Era un vero socialista e jugoslavo. Odiava il nazionalismo e la mentalità piccolo-borghese. Si dedicò soprattutto alla scultura e agli studenti”, ci ricorda il figlio. Ma Jovan Kratohvil era anche un uomo del suo tempo, come ci spiega con grande precisione la già citata opera di Jasmina Čubrilo:

“di sinistra profondamente convinto del suo orientamento politico, contrario al fascismo degli anni Quaranta, […] un antifascista di sinistra saldamente affermato, e quindi un comunista, ma per tutta la vita si oppose alla risolutezza e all’adesione a un pensiero unico […] e questa sua posizione era inevitabile nel contesto di una catastrofe globale, la Seconda Guerra Mondiale, provocata dal fascismo, che segnò in maniera fondamentale intere generazioni”

Kratohvil è stato anche un padre, e qui Marko ci regala un’immagine romantica e delicata: “Sarebbe una storia molto lunga. Era un bravo ragazzo. Insomma, a questa età mi rammarico di non aver passato più tempo insieme. Fin dalla nascita sono stato circondato dalle sue sculture, dagli odori e dall’atmosfera del suo studio. È impossibile per me pensare a lui in modo diverso da un padre-scultore…”.

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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.