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Quando si parla di Berlino, Germania Est e street art si pensa al murales “Dio Mio, aiutami a sopravvivere a questo bacio della morte” che raffigura il bacio tra Erich Honecker e Leonid Breznev e realizzato nel 1990 dal russo Michael Vrubel o a “Test the best” di Birgit Kinder, dipinta nello stesso anno. Pochi sanno però che durante il regime della DDR esistevano i wandbilder, pitture murali approvate e incoraggiate dalle istituzioni della Repubblica democratica tedesca. Ecco la loro storia.
Nel 1952 le autorità della Repubblica democratica tedesca decisero che parte dei costi di costruzione degli edifici pubblici (inizialmente 5%, poi tra l’1 e il 2) dovesse essere destinato all’arte. È la nascita di kunst am bau, l’arte sugli edifici. Mosaici, sculture, bassorilievi, ma anche pitture murali che dovevano rispettare un unico criterio artistico, quella di attenersi al realismo socialista, il movimento artistico nato negli anni Trenta in Unione Sovietica con la funzione principale di avvicinare l’arte alla cultura delle classi proletarie e celebrare il progresso socialista.
Ministeri
A essere adornati con queste opere sono prima di tutto gli edifici che ospitano enti ed istituzioni pubbliche. A Berlino, nel 1952, la parete del colonnato della Haus der Ministerien, l’edificio che durante il nazionalsocialismo ospitava il ministero dell’Aviazione e che dopo la guerra fu sede prima dell’amministrazione militare sovietica e poi del governo della DDR, fu decorato dall’artista Max Lingner con un mosaico di 3 metri e per 24, intitolato Aufbau der Republik (Costruzione della Repubblica), in cui sono raffigurate scene di vita quotidiana i cui protagonisti sono le classi sociali che nell’ideologia socialista stanno contribuendo alla costruzione della Repubblica democratica tedesca.
Nella prima metà degli anni Sessanta a essere ornata fu la Haus des Lehrers, la casa degli insegnanti, costruita tra il 1961 e il 1964, a pochi passi da Alexanderplatz e pensato come punto d’incontro per i pedagogisti della DDR. Lì, tra il terzo e il quarto piano, si trova un fregio, realizzato da Walter Womacka, uno degli artisti di Stato di punta della DDR e intitolato Unser Leben.
80mila tasselli che coprono una superficie di 7 metri per 125 sui quattro lati dell’edificio che raccontano episodi di vita quotidiana nella Repubblica democratica tedesca. Successivamente Womacka, scomparso nel 2010, realizzerà altri wandbilder. Ad esempio al ministero degli Esteri e poi al ministero delle Costruzioni. In quest’ultimo luogo si trovava un altro mosaico Der Mensch, das Maß aller Dinge (L’uomo, la misura di tutte le cose), una rivisitazione dell’uomo vitruviano che nel 2013, dopo essere stato a rischio demolizione è stato “trasferito” in un altro luogo.
Wandbilder ovunque
Berlino non è l’unica città dove vengono realizzati i wandbilder. A Dresda, nel 1969 venne inaugurato il Palast der Kultur. Sulla facciata ovest dell’edificio un collettivo di artisti guidato da Gerhard Bondzin e composto da studenti della scuola di arti figurative ha realizzato un murales di 30 metri per 10.5 metri dal titolo “La strada della bandiera rossa”, all’interno di un lavoro più ampio “1849-1969, 120 anni di battaglie delle forze rivoluzionarie per il progresso e il socialismo”.
Si tratta di vetro colorato posato elettrostaticamente sul calcestruzzo. A Dresda, nel 1981, sulle pareti dell’edificio che ospitava la sede del Chemieanlagenbau, Hans-Hendrik Grimmling ha creato con 200 placche di metallo l’opera Produktivkraft Mensch. A Thale nel Harz, di fronte alla stazione, si trova un murales intitolato Internationale Solidarität realizzato da Willi Neubert e che originariamente era nella Stadthalle di Suhl, mentre a Magdeburg su una casa di Jakobstraße c’è un’opera di Annedore Policek del 1975 Aus der Welt des Kindes (Dal mondo dei bambini).
Murales e per una nuova città
Nel 1967 l’amministrazione della DDR decise di creare un centro urbano per ospitare i lavoratori delle industrie chimiche di Halle, battezzandola Halle-Neustadt. Per decorare gli edifici della nuova città chiamò vari artisti. Uno di loro era lo spagnolo Josep Renau. Nato a Valencia nel 1907, fu l’artista che come responsabile del padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale di Parigi 1936 commissionò a Pablo Picasso un’opera. In questa occasione il pittore andaluso dipinse Guernica. Dopo la guerra civile e la prigionia andò in esilio in Messico e poi nel 1958 andò in Germania Est. Lì all’inizio degli anni Settanta realizzò un trittico di opere.
Il primo fu nel 1971 Die friedliche Nutzung der Atomenergie (L’uso pacifico dell’energia) e altri due Die von Menschen beherrschten Kräfte von Natur und Technik (Le forze della natura e della tecnica governate dall’uomo) e Die Einheit der deutschen Arbeiterklasse als Voraussetzung für das Wirksamwerden ihrer Schöpferkraft und Gründung der DDR (L’unità della classe operaia tedesca come presupposto dell’entrata in vigore della sua creatività e della fondazione della Germania Est), si trovano in un edificio a 12 piani, sede di un ex centro di formazione e che ora ospita parte degli uffici dell’amministrazione locale.
Stazioni e villaggi nicaraguensi
Nel 1986 i vertici della SED, il partito di governo della Repubblica democratica tedesca, vollero in occasione dei 750 anni dalla fondazione di Berlino (che cadeva nel 1987) abbellire le stazioni della metropolitana. Fu indetto un concorso con un onorario di 100mila marchi della DDR. Tra i vincitori il giovane Hartmut Hornung e il quasi 70enne Wolfgang Frankenstein. I due si conoscono dai tempi dell’università, dove uno è stato professore dell’altro. Frankenstein è rispettatissimo dalle gerarchie del Partito e dell’amministrazione, anche per il suo passato.
È figlio di un deportato di religione ebraica e anche lui è stato internato in un lager, dove ha tentato anche il suicidio. Frankenstein e Hornung scelgono come tema Geschichte der Arbeiterbewegung, storia del movimento dei lavoratori. È un argomento che nessuno vuole fare perché ideologicamente è un terreno estremamente scivoloso. La coppia sceglie un approccio differente, possibile solo perché nessuno metterebbe in dubbio la fedeltà ideologica di Frankenstein. Nessuna immagine agiografica, ma un racconto dove ci sono anche le ombre di ogni rivoluzione, compreso il terrore e la repressione.
È un atto di coraggio soprattutto Magdalenenstraße la stazione che i due devono decorare è a due passi dalla sede della Stasi, il ministero per la Sicurezza dello stato. Non troppo lontano da Magdalenenstraße, a Lichtenberg, nel 1985 è stato realizzato uno dei murales più particolari di tutta la Germania Est. Il suo titolo è Nicaraguanisches Dorf – Monimbó 1978 e l’autore è Manuel García Moia, artista e combattente sandinista contro il regime di Somoza. La DDR, che supportava le lotte di liberazione dei paesi del terzo mondo, chiese a Moia di affrescare la facciata di un palazzo. 255 metri quadrati in cui sono rappresentate in stile naif scene di vita di un villaggio nicaraguense.
Penck, in fuga dal realismo
Lui non ha mai dipinto un Wandbild, ma è dal punto di vista concettuale il padre della street art e dei graffiti. Si chiamava Ralf Winkler, ma tutti lo conoscono come A.R. Penck. Ed era nato nella Repuublica Democratica Tedesca. Classe 1939, originario di Dresda è sempre stato fuori dal circuiti dell’arte ufficiale della DDR. Troppo lontano dal realismo socialista, troppo anticonformista. Il suo modo di disegnare con figure semplici e stilizzate, simboliche più che figurative precedono quello che negli anni Ottanta faranno Jean-Michel Basquiat e Keith Haring. Basquiat conosce bene Penck, perché l’artista dopo l’espulsione dalla Germania Est nel 1980 si è trasferito a New York, dove ha esposto e si è fatto notare.
L’eredità della kunst am bau
Dopo la caduta del muro e la riunificazione il destino delle opere create durante la DDR è stato variegato. Alcuni wandbilder, a causa della privatizzazione degli edifici su cui si trovavano, hanno rischiato di sparire o sono scomparse (ad esempio quelle al ministero degli Esteri), altre sono state conservate così come sono, altre sono state modificate per ragioni ideologiche, altre ancora sono state spostate. Certo è stato però l’interesse crescente degli studiosi per la kunst am bau, tanto che nel gennaio 2020 è stato organizzato una conferenza a Berlino per discutere il loro impatto e la loro eredità.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.