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“Dedico la vittoria a mio padre, Henner Misersky”. È il 19 febbraio 1992 e la tedesca Antje Misersky, dopo l’argento nella gara sprint, ha appena vinto il titolo olimpico nella 15 km di biathlon femminile, disciplina introdotta proprio ai Giochi di Albertville in Francia. Il padre di Antje, Heinrich detto “Henner” è anche il suo allenatore, l’uomo che l’ha condotta ai vertici del biathlon mondiale e l’ha fatto senza scendere a compromessi. Ecco la sua storia.
Un uomo di fatica
Henner, classe 1940, da giovane è un ottimo atleta. È un mezzofondista che non disdegna anche le distanze più lunghe. La sua specialità sono i 3mila siepi, di cui nel 1960 detiene il record giovanile e di cui nel 1965 è vice campione della DDR a livello seniores, oltre a laurearsi campione nazionale universitario nel ’66 e nel ’67. In inverno Misersky, che nella sua carriera ha gareggiato per il Chemie Halle, il Motor Jena e il TH Ilmenau, pratica lo sci di fondo con ottimi risultati, compresi due titoli amatoriali nella 30 chilometri.
Un atleta insignito del titolo di “Maestro dello Sport” che è però finito nel ministero per la Sicurezza dello Stato, la Stasi. È amico di diversi mezzofondisti della Germania Occidentale, due dei quali Manfred Letzerich e Helmut Neumann sono addirittura andati a trovarlo nella DDR. Le forze di polizia della Repubblica Democratica Tedesca addirittura sospettano che fosse stato al corrente della fuga della stella Jürgen May, avvenuta nel 1967. In più Misersky viene definito come un individuo politicamente inaffidabile che avrebbe espresso apprezzamenti sulla Primavera di Praga.
Se ti interessa la Germania dell’Est puoi approfondire nell’apposita sezione.
Obiettivo: allenare
Henner, la cui carriera all’università di Jena è stata bloccata proprio per la sua presunta scarsa fedeltà al Partito, mentre gareggiava aveva già iniziato a lavorare come tecnico. Dal 1969 segue gli atleti della Technische Universität Ilmenau, ateneo della Turingia per le discipline di resistenza, dal 1983 passa alla squadra della Kinder- und Jugendsportschule di Oberhof e infine allo Sportclub Motor Zella-Mehlis. Tra le sue allieve c’è Antje, sua figlia, avuta da Ilse Schönemann, campionessa della DDR nel 1961 negli 800. La ragazza è dotata, tanto che per due anni, nel 1984 e nel 1985, conquista il titolo nazionale nella gara individuale a livello juniores e due bronzi ai Mondiali di categoria.
Il gran rifiuto
Henner Misersky è considerato uno dei migliori coach della Germania Orientale e dal suo gruppo usciranno diverse atlete che poi con la DDR e con la Nazionale riunificata gareggeranno ad alto livello.
Nel 1985 le autorità sportive della Repubblica Democratica Tedesca propongono alle ragazze del gruppo di Misersky, compresa Antje, di fare ricorso a sostanze dopanti. Era una prassi per chi gareggiava nell’élite dello sport mondiale, ma Henner, che non le aveva mai utilizzate prima e che metteva in guardia le sue atlete dai rischi, dice no. Quel rifiuto costano a lui il licenziamento da parte dell’ex slittinista Thomas Köhler, il “numero due” dello sport della DDR e ad Antje l’esclusione dalla Nazionale. La biatleta comincerà ad allenarsi solo con le migliori solo nel 1989, quando il Muro stava per cadere (Antje scopre la notizia della fine del regime mentre è in Unione Sovietica, allenandosi oltre il Circolo Polare Artico), mentre per essere pienamente riabilitato Misersky dovrà aspettare il 1992, quando viene chiamato a insegnare alla scuola a indirizzo sportivo di Oberhof.
La voce critica della nuova Germania dello sport
Con Die Wende, il processo di riunificazione, Henner, che a livello master ha continuato a raccogliere successi nello sci di fondo, torna a essere in prima linea nella lotte contro il doping e nella rielaborazione di quanto è accaduto nella Repubblica Democratica Tedesca. Proprio nel giorno della vittoria olimpica di sua figlia Antje in diretta all’ARD, il primo canale della TV tedesca, si scaglia contro le autorità sportive della Repubblica Federale che ha accolto dirigenti e tecnici, con un passato non esattamente limpido. I media lo accusano di essere un Nestbeschmutzer, letteralmente “uno che sporca il nido”, in altre parole un traditore. Misersky però non si ferma.
Oltre a insegnare, testimonia ai processi, parla pubblicamente del sistema di doping di Stato. E spesso lo fa senza usare mezze misure. Le sue denunce gli costano minacce, anche di morte. Nel 2000, insieme al medico Werner Franke, la persona che insieme a sua moglie Brigitte Berendonk ha per la prima volta scoperchiato il tema del doping di Stato nella DDR, è tra i fondatori della DOH, l’associazione che si occupa di aiutare le vittime del sistema di doping nella Repubblica Democratica Tedesca.
Nel 2009 per il suo impegno, lui e sua figlia Antje, che si è trasferita negli Stati Uniti sposando un suo collega, vengono insignite della Heidi-Krieger-Medaille, il premio tedesco per chi si è battuto contro il doping. Negli anni seguenti esprime critiche sulla proposta di inserire nella Hall of Fame dello sport tedesco di alcuni atleti della DDR come il ciclista Täve Schur, considerato una delle figure più importanti della propaganda sportiva della Germania Est, essendo stato per 30 anni anche deputato alla Volkskammer. Nel 2010 poi si scontra ancora con Thomas Köhler, che nel suo libro “Le due facce della medaglie” propone una visione molto blanda e autoassolutoria del sistema sportivo e del doping di Stato della DDR.
Henner Misersky e la polemica con Ines Greipel
Un uomo diretto, spigoloso, che nel 2010 viene dimesso dal DOH. Motivo? Le divergenze con Ines Greipel, ex atleta e uno dei simboli della lotta al doping. Uno scontro che andrà anche in tribunale con Misersky, scomparso nel 2023 a 83 anni, che accusa Greipel di non avere detto tutto sulla sua vicenda. E i giudici per ben due volte hanno dato ragione al tecnico, che dal 2012 fa parte insieme alla figlia della Hall of Fame dello sport tedesco, nella categoria “Storie speciali nella battaglia contro il doping”.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.