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Parlando di edifici e, in particolare, di chiese scomparse in Russia, il caso senza dubbio più noto è quello dell’imponente cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, demolita dalle autorità sovietiche nel 1931 e ricostruita negli anni Novanta. Meno conosciuto è il destino parallelo (ma non del tutto, come vedremo) di un’altra enorme struttura religiosa con lo stesso nome, la cattedrale di Cristo Salvatore a Samara. Scopriamolo insieme.
Una piazza senza cattedrale
Con ogni probabilità poche persone saprebbero dire qual è la piazza più grande d’Europa (per la cronaca, si tratta di piazza della Parata a Varsavia) e tanto meno che piazza Kujbyšev a Samara si colloca seconda in questa bizzarra classifica.
Se vi dovesse capitare di passare da questa città da oltre un milione di abitanti sulle rive del Volga, una delle tappe della visita sarebbe senza dubbio un’enorme spianata usata per le parate militari del 9 maggio, appunto piazza Kujbyšev. In questi circa 150mila metri quadrati di territorio si trovano un teatro dell’opera e del balletto, spazi verdi e altre strutture (incluso il monumento al rivoluzionario Valerian Kujbyšev in cui onore è intitolata la piazza e, in epoca sovietica, la città di Samara). Non c’è però un edificio che dia un senso e un carattere all’area. Non è un caso: da quasi un secolo manca la cattedrale di Cristo Salvatore, per la quale la piazza stessa venne creata.
La necessità di costruire una nuova cattedrale da queste parti emerse a partire dal 1851, quando venne istituito il governatorato di Samara e di conseguenza anche l’eparchia, ovvero la diocesi, corrispondente.
Un piano di sviluppo urbanistico del 1853 prevedeva la costruzione di una nuova chiesa che fosse visibile dal Volga. Tuttavia mancavano i soldi per progetti tanto ambiziosi e per oltre un decennio non si parlò neanche di iniziare i lavori.
Le cose si mossero solo nel 1869. Il 4 aprile di quell’anno, giorno in cui lo zar Alessandro II aveva ricevuto l’ennesima petizione per la costruzione della Cattedrale di Samara dall’episcopo della città, l’imperatore sopravvisse a un attentato contro la sua persona. In memoria delle circostanze miracolose con cui il monarca rimase in vita, le autorità di Samara si decisero finalmente a dare avvio ai lavori.
La costruzione fu però lenta per via delle dimensioni faraoniche del progetto. Prima si dovettero abbattere le case nella zona dove sarebbe sorta la cattedrale e poi si proseguì a singhiozzo con fondi sempre carenti. I lavori si conclusero solo nel 1894.
Una volta ultimato, l’edificio era davvero imponente. Costruito in stile neobizantino, poteva ospitare fino a 2.500 persone. Il campanile era alto circa 75 metri e dominava su tutta la città. Intorno alla cattedrale era nel frattempo sorta la piazza che venne inizialmente chiamata piazza della Cattedrale.
Rivoluzione ed esplosioni: la fine della cattedrale di Cristo Salvatore a Samara
In fin dei conti la cattedrale rimase in piedi più o meno tanti anni quanti ci volettero a portare a termine i lavori. Dopo la rivoluzione del 1917, l’edificio cadde rapidamente in disgrazia e, nel 1930, le autorità sovietiche decisero di farne una casa della cultura per i costruttori.
Tuttavia questi piani, più conformi alle esigenze del nuovo stato, si scontrarono con gli enormi costi di ristrutturazione dovuti alle dimensioni stesse della cattedrale. Così nel 1930 si giunse alla decisione di abbatterla.
L’edificio venne fatto saltare in aria a tappe con il campanile che venne abbattuto per ultimo nel 1935. I materiali di costruzione vennero recuperati e utilizzati in molti degli edifici di epoca sovietica che caratterizzano oggi il centro di Samara, quali la sede della radio, la casa dell’industria e quella dell’Armata Rossa. Delle icone e delle altre ricchezze contenute all’interno della cattedrale si sono invece perse le tracce.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica si è discusso dell’opportunità di ricostruire la Cattedrale, in fin dei conti in Russia i soldi per questo genere di imprese architettoniche non mancano. Ma non se ne è mai fatto nulla anche a causa della presenza di un bunker sotto la piazza che complicherebbe i lavori.
Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.