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Chi ha visto Zoran il mio nipote scemo (2013), bellissimo film di qualche anno fa con uno straordinario Giuseppe Battiston, ricorderà molto bene i luoghi del Collio goriziano in cui è ambientato e la casa in cui Paolo (Battiston) incontra per la prima volta Zoran, scoprendo di esserne lo zio e di doversi prendere cura di lui rimasto solo al mondo.
La casa in questione si trova nel paesino di Čepovan (italianizzato – e ridicolizzato – in epoca fascista in Chiapovano, come ricorda anche un recente romanzo uscito per Bottega Errante, Il figlio della lupa), poco distante da Nova Gorica, in una valle che è stata segnata dalla seconda guerra mondiale soprattutto per le formazioni partigiane che ospitava.
Qui a Čepovan, nel verde altopiano della Banjščica (Bainsizza), dal 2019 ogni primo fine settimana dopo Ferragosto si svolge, attorno a quella stessa casa immortalata nel film, il festival Če povem (in sloveno “Te lo racconto”), nato dal basso come iniziativa volutamente transfrontaliera.
All’interno del programma sono previsti concerti, letture di poesie, presentazioni di libri, performance teatrali, dibattiti, ma anche visite guidate ai luoghi storici della guerra partigiana, il tutto in doppia lingua, italiana e slovena. Tema principe che lega le tre giornate di festival è quello della memoria antifascista, riattualizzata attraverso temi di attualità come le migrazioni, l’ecologia, i diritti delle minoranze.
Come spiega Giustina Selvelli nel suo libro Capire il confine (Bottega Errante, 2024), Če povem incarna quel “terzo spazio” della frontiera, “un sito di produzione culturale creativa [che dà] vita a nuove sperimentazioni e modalità di stare insieme, oltre qualsiasi definizione dualistica di ‘italiano’ e ‘sloveno’” (pp. 159-160). Riprendendo le parole della grande intellettuale e attivista chicanaGloria Anzaldúa, scrive Selvelli:
“la specificità della frontiera risiede nella sua originalità intrinseca, non corrispondente alla pura mescolanza di due Stati diversi, ma alla creazione di qualcos’altro: una sorta di interstizio magico che ha il potenziale di aprirsi a chi lo sa accogliere. Le terre di confine contengono in sé alcune pratiche valoriali universali che potrebbero essere riferite a molti altri luoghi del mondo: il loro fascino deriva, inoltre, dalla volontà degli abitanti di trarre vantaggio dalla loro posizione transfrontaliera attraverso strategie sovversive e controcorrente, talvolta al di là della legge, come l’acquisto di prodotti diversi, il contrabbando, le attività proibite. Insomma, il confine come incoraggiamento alla trasgressione” (p. 40).
Trasgredendo il dualismo identitario e sposando invece l’ibridazione e la natura plurima, il festival Če povem è un unicum che attira ogni anno sempre più presenze non solo provenienti dalla zona e rappresenta un modello di buone pratiche per la ridefinizione della categoria del “confine” oltre gli (ormai anacronistici) stati-nazione.
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Il programma di quest’anno è ancora top secret, ma gli organizzatori ci hanno fornito qualche anticipazione in attesa della pubblicazione ufficiale del calendario prevista nel mese di luglio: innanzitutto, verranno presentati alcuni libri italiani e sloveni su questioni di confine e sulla storia partigiana, mentre tra le band musicali ci saranno ospiti italiani di rilievo, ma anche sloveni e alcuni gruppi locali della zona transfrontaliera.
Infine, immancabile ogni anno, la domenica mattina (18 agosto) si terrà la camminata ai cippi partigiani presenti in zona, guidata da storici ed esperti che commenteranno i luoghi e le vicende della seconda guerra mondiale sia in italiano che sloveno, il tutto accompagnato da canti dal vivo.
Dottoressa di ricerca in Slavistica, è docente di lingua russa e traduzione presso l’Università di Trieste, si occupa in particolare di cultura tardo-sovietica e contemporanea di lingua russa. È traduttrice, curatrice di collana presso la casa editrice Bottega Errante ed è la presidente di Meridiano 13 APS.