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“Ad essere onesti, non è mai esistito un movimento ultras greco”. È una frase forte, probabilmente ad effetto, ma è anche una sentenza colma di verità, soprattutto per chi gli spalti ellenici li vive dall’interno. La spiegazione è semplice: il movimento – da quelle parti – ha sempre avuto una sua cultura e specifici codici e comportamenti. In parole povere i tifosi greci non hanno mai sentito proprio il termine “ultras”, non ci si sono mai identificati.
Chiaramente, parlando di spalti, non si può pensare che la Grecia abbia vissuto in un compartimento stagno, né sviluppato un movimento con caratteristiche uniche. Il modo tifare ellenico è stato influenzato quasi in egual misura dallo stile italiano e da quello britannico, senza però essere copia né dell’uno né dell’altro. Uno dei motivi sta nel fatto che la scena greca si è sviluppata nello stesso periodo delle altre due, e non successivamente. La cultura britannica è penetrata ad Atene e dintorni soprattutto grazie alla musica e all’abbigliamento, con in testa le sottoculture punk e metal che hanno indirizzato le scelte, soprattutto estetiche, dei tifosi negli anni Ottanta e Novanta. L’Italia invece è stata fonte di ispirazione per il modo di sostenere la propria squadra e viaggiare per il Paese. Tuttavia, a differenza di questi due movimenti, in Grecia il motto “support your local team” non è mai stato molto forte. Tante persone nelle città più piccole tifavano – e tifano ancora – sia la squadra locale, sia uno dei grandi club del Paese, talvolta anche solo quest’ultimo. Un’altra differenza è che la presenza di molti gruppi con nomi diversi all’interno di una stessa curva non è più così comune (e in alcuni casi non lo è mai stato).
Nascita e sviluppo del tifo in Grecia
Le prime testimonianze di trasferte a seguito di una squadra di calcio sono datate verso la fine degli anni Venti. Ci sono foto che dimostrano come centinaia di supporter viaggiassero in nave da Salonicco fino ad Atene o al Pireo per sostenere la propria squadra. Qualche anno dopo iniziarono ad usare il treno e negli anni Cinquanta e Sessanta cominciarono a nascere i primi fan club “indipendenti”, ovvero creati non dalle società stesse, ma dai tifosi che avevano così un luogo dove incontrarsi e organizzarsi.
Tuttavia, un movimento con caratteristiche “ultras” (condotte più o meno violente, gruppi nella maggior parte delle aree delle grandi città, viaggi in autobus, uso di alcol e droghe, etc.) ha iniziato a prendere forma in Grecia a metà degli anni Settanta e soprattutto Ottanta, sviluppandosi fino ai Novanta, quando intorno alla metà del decennio era ancora possibile guardare in tv solo alcune partite e quindi gli stadi erano pieni; i fan potevano viaggiare ovunque e le trasferte erano l’aspetto più importante della cultura del tifoso del tempo.
Atene e Salonicco da una parte, il resto del Paese dall’altra
Per capire al meglio la situazione greca, bisogna allontanarsi dall’immagine italiana di un Paese con molte città di grandi dimensioni, importanti e con caratteristiche peculiari. In Grecia esistono due grandissimi centri che raccolgono il 50% degli undici milioni di abitanti totali (in Italia fra Roma e Milano vivono circa cinque milioni di abitanti su un totale di sessanta) e poi esiste il resto del Paese, che ha caratteristiche completamente diverse. Ad Atene e Salonicco, ad esempio, la vita delle persone non è regolata da rapporti stretti con chi vive vicino come invece accade nelle comunità più piccole e nella provincia. Da una parte i legami sono deboli, mentre sono saldi negli altri centri. E questo è un punto da tenere sempre in considerazione.
Nel calcio è esattamente la stessa cosa. Ci sono cinque squadre più tifate e titolate che provengono dalle due città più grandi, hanno sostenitori e fan club/gruppi in tutto il paese e hanno vinto tutti i campionati – tranne un’edizione – dal 1928 ad oggi. E poi c’è una costellazione di piccoli club che coprono il resto della nazione.
Sia il calcio che il tifo in realtà sono nati nelle grandi città, e con loro anche tutte le “cattive abitudini” che contraddistinguono una certa deriva del movimento: violenza estrema, uso frequente di armi, videoregistrazioni di scontri, e certe nuove “tendenze” di stile e azione. Tutto è partito da Atene e dal Pireo, poi Salonicco e infine tutte le altre città. Il ricorso alla violenza fino a pochi anni fa era molto limitato nelle piccole città. Ancora oggi, quando succede qualcosa, spesso dipende dal fatto che i tifosi locali vogliono mettersi alla prova contro quelli di Atene o Salonicco.
Ma la provincia è anche quel luogo dove sopravvivono gli aspetti più “ultras” o comunque legati al tifo inteso come supporto e questa è forse l’unica eccezione alla regola “prima ad Atene (e Salonicco)”. Ad esempio, l’idea di avere solo striscioni dipinti a mano – che in passato era una cosa fondamentale – è una tradizione che vive solo nelle tifoserie delle piccole squadre, perché non è più una priorità per le squadre più grandi, dove sembra esserci più attenzione all’emergere di comportamenti in stile hooligan est-europei.
Un altro aspetto da tenere in grande considerazione è il cambiamento avvenuto nel movimento negli ultimi dieci anni. Oggi molti gruppi nelle città più piccole non stanno attraversando un periodo così buono: da una parte la fine delle trasferte, dall’altra una sorta di omologazione con i club più grandi sta portando a un cambiamento di priorità.
Una mappa del tifo del movimento ultras greco
Quando si “giudica” un gruppo ci sono fattori diversi da considerare, come ad esempio quanto è forte, originale o coerente, la sua mentalità e il suo coinvolgimento con il club e così via… Fare classifiche è stupido, ma riportare un elenco – per quanto parziale – può aiutare il lettore lontano a farsi un’idea.
Iniziamo citando i Mad Boys (che oggi non esistono più), un gruppo molto importante nella storia del Panathinaikos. Erano parecchio innovativi e hanno portato sugli spalti cose fino ad allora mai viste, come la cultura delle coreografie – sventolando grandi bandiere e usando i due aste -, l’apertura di una fanzine e di un sito web già negli anni Novanta, il sostegno al Panathinaikos anche in altri sport, striscioni per la Palestina o la partecipazione a manifestazioni contro la guerra nel 2003. Hanno probabilmente influenzato la cultura e persino la mentalità dei tifosi bianco-verdi, con tutti i pro e i contro che ciò può significare.
Rimanendo sulle grandi squadre bisogna ovviamente citare gli Original 21, il gruppo più importante dell’Aek. Nato come scissione del Gate 21, sono stati la prima grande organizzazione nel Paese composta da molti fan club. Estremamente innovativi, sono rimasti coerenti nel corso della loro storia, facendo “a modo loro” in tante occasioni. Per quanto riguarda l’Olympiacos, il Gate 7 è un termine “ombrello” che copre diversi club, senza essere un’organizzazione rigorosamente definita. Hanno il maggior numero di tifosi nel Paese e spesso sono la scena più forte di tutta la Grecia. Hanno però uno stile un po’ differente dagli altri – anche per le influenze dei Delije della Stella Rossa, loro storici gemellati – e proprio sui loro spalti sono nate svariate nuove tendenze, sia positive che negative per l’evoluzione della scena greca. Fra i loro gruppi da segnalare ci sono i Porte Leone, i Misfits, gli Athens Club o l’Erithroleuki Stratia.
Per quanto riguarda l’Aris, il gruppo che li sostiene si chiama Super 3. Il loro primo club è nato nella parte più centrale della città, è stato molto importante – la sua chiusura è stata una pessima cosa per i giallo-neri – ed è stato proprio lì che la scena ha iniziato a diventare grande, in un contesto complesso come quello degli anni Ottanta, dove l’Aris aveva una squadra di basket formidabile e una di calcio in declino. Migliaia di “tifosi normali” guardavano il basket e solo pochi sostenitori incalliti seguivano il calcio. Si può citare anche un gruppo ora relativamente sconosciuto, il Gate 3, che è stato attivo solo per un breve periodo di tempo, ma ha fatto scontri notevoli, aprendo l’onda per quello che poi è venuto dopo. Kanarinia e Super3 Evosmou sono altri club significativi. Gli Ierolohites non sono mai stati il gruppo più grande o più forte, ma sono sempre rimasti orgogliosamente indipendenti dai consigli di amministrazione del club per più di 50 anni. I colori del Paok sono tenuti alti dai Gate 4 (che si trova nel centro della città) e dai Neapoli, oltre al club Paok di Atene, che è molto antico e gode di grande rispetto.
L’Iraklis è una nobile decaduta. Fino a qualche tempo fa avrebbe diviso la gloria con le altre cinque squadre, ma ormai vive una brutta situazione da lungo tempo. In passato, il loro gruppo principale sono stati i Papafi, mentre negli ultimi 15 anni, sono stati gli Autonomous Gate 10 ad agitare le tribune del Kaftanzoglio.
Lasciando i club più grandi, i Blue Vayeros sono stati il gruppo più rilevante nella storia del Pas Giannina, ma ancora più di loro forse meritano di essere ricordati gli Apei Rotan, che hanno mostrato una grande mentalità e diverse reazioni nei confronti del calcio moderno e a difesa della cultura dei tifosi. Andando un po’ più a sud, ma rimanendo nella parte occidentale del paese, fino a qualche anno fa il Panaitolikos aveva una bella scena “di provincia”, con un ottimo tifo nonostante la permanenza nelle divisioni inferiori. I loro amici del Panaigialeios sono una piccola scena molto interessante che segue da anni la propria squadra nei villaggi delle divisioni inferiori, sempre con una mentalità molto buona, mostrando e separandosi da coloro che non tifano solo ed esclusivamente Panaigialeios, ma anche una delle grandi squadre.
Ad Atene, anche i Panthers del Panionios sono un gruppo molto importante, storico, che cerca sempre di difendere il proprio territorio e i propri colori, sostenendo l’unica piccola squadra che ha una base di tifosi fedeli solo ai propri colori, in una città dove ci sono i tre colossi che tutti conosciamo. Hanno fatto molti interventi sociali nella loro zona e negli ultimi anni hanno cercato di mantenere aperto il loro stadio per i tifosi in trasferta, a prescindere dai buoni o cattivi rapporti. Anche i Fentagin degli Atromitos erano un gruppo, stimato per la mentalità – molto politica -, che ha cercato sempre di lottare per i diritti dei tifosi e soprattutto per la presenza degli stessi in trasferta. Infine occorre nominare l’Egaleo, dove i City Squad si sono rafforzati dopo un brutto decennio negli anni 2000 e sono riusciti a fare belle azioni di strada contro i loro rivali locali dell’Atromitos, nonostante le tante categorie di differenza.
Anche i Monsters dell’AEL sono stati molto importanti. La loro è stata l’unica città “libera” da fan club di altre squadre e in passato hanno cercato di avere una presenza organizzata anche fuori dalla loro zona. Quello di Larissa è sempre stato un terreno di gioco molto difficile e i Monsters hanno fatto registrare importanti presenze in trasferta anche in terza e quarta divisione. Anche l’Ofi Creta è un altro club di provincia con molti tifosi, dove gli Snakes sono il gruppo più numeroso, ma anche i Krites offrono uno spettacolo notevole. Infine, i Blue Angels del Niki Volou, i Norteños e i Navajo del Panachaiki e gli Ultras Gate 3 dell’Anagenisi Karditsas sono gli ultimi gruppi che vale la pena menzionare in quanto importanti e con una mentalità notevole fra i molti altri della provincia.
La politica sugli spalti e il movimento ultras greco
In Grecia, intesa come Paese, esiste una forte componente di destra o comunque di area conservatrice, ma a differenza dell’Italia, c’è una presenza di estrema destra o fascista più marginale. Al contrario è presente un forte movimento anarchico/comunista/antifa, molto più massiccio che altrove e con una storia di decenni. Questa è la situazione in molte città e ovviamente ciò influenza anche i rapporti di forza sugli spalti.
Come in altri contesti non bisogna pensare alla tendenza politica delle tifoserie come a un qualcosa di immutabile. Cambiano le condizioni, si avvicendano le generazioni – le più giovani hanno l’abitudine di mettere in discussione la linea delle guide precedenti – e di conseguenza mutano le tendenze. In questo contesto la componente politica dominante dei gruppi più grandi si è modificata nel corso degli anni. Prima del 2000, un vento di sinistra era prominente nelle tifoserie dell’Olympiacos e del Paok, che oggi hanno i gruppi più di estrema destra. Allo stesso modo Aris, Panathinaikos e Panionios avevano tendenze di destra e dopo il 2000 hanno visto emergere molte componenti antifa. L’elemento antifa è stato prevalente nei gruppi dell’Aek e dell’Iraklis per la maggior parte della loro storia (ma, ancora una volta, non in tutta), e per quanto riguarda le squadre delle città più piccole vengono fortemente influenzate dalla situazione e dalle sottoculture di ciascuna realtà.
Questa politicizzazione era ancora più sentita in passato, quando gli ultras in Grecia erano considerati un fenomeno minoritario e avevano molti contatti con queste sottoculture. Oggi, le curve tendono a diventare sempre più “apolitiche”, soprattutto nelle grandi realtà, dove si trovano persone di tutti i tipi. Al netto delle scelte puramente di mentalità, che vogliono tenere politica e movimento su due piani diversi, può succedere che dietro questa scelta si nasconda un tentativo di cambiare la situazione nei gruppi con una forte componente antifa, portata avanti da elementi della fazione opposta. È un modo per tenere tutti insieme, ma allo stesso tempo porta a chiudere gli occhi su tutto ciò che sta accadendo nella società – coinvolgimento in attività illegali o criminali e così via.
Le posizioni di sinistra e il rispetto reciproco hanno favorito alcune amicizie tra gruppi che tuttavia non sempre sono rimaste intatte, come ad esempio fra Atromitos, Pas Ioannina e Aris. Soprattutto in quest’era in cui la maggior parte delle trasferte sono vietate, è molto difficile avere uno scambio adeguato e mantenere buoni i rapporti. Le nuove generazioni ritengono la violenza e l’apparire duri più importanti del viaggiare in trasferta per supportare la propria squadra. In quest’ottica essere amichevoli con qualcuno può essere interpretato come un segno di debolezza.
La componente di destra è prevalente nel Gate 7 (Olimpiacos) e in molti importanti gruppi del Paok (Makedones, Neapoli e altri gruppi dell’ovest di Salonicco), sebbene molti di loro si definiscano apolitici. Anche l’Ofi Creta ha un forte elemento di destra, che affonda le radici nella mentalità cretese: molto localisti ma con tendenze nazionaliste, anziché separatiste.
I Getto dell’Aek erano nazionalisti, ma ora sono confluiti negli Original, quindi non mostrano più nulla che li identifichi come tali. Fra le scene che ufficialmente si dichiarano di destra oggi possiamo citare quasi solo i Bulldog del Kalamata, che però non è una tifoseria particolarmente grande o importante.
Lo stato di salute del movimento ultras greco
In Italia è chiaro a tutti che il mondo del tifo stia affrontando un periodo di grande crisi, o perlomeno di profondo cambiamento. Anche il movimento ultras greco ha intrapreso un percorso discendente, causato sia dal divieto di trasferte importanti, sia dal ricambio generazionale delle “icone” ultras. Nelle grandi squadre la maggior parte degli ultras under 25-30 non ha mai avuto la possibilità di recarsi nelle trasferte e negli stadi più importanti, e ora sembrano non sopportare il fatto di stare nello stesso impianto con i tifosi avversari. Il passaggio dal supportare la propria squadra al ricorrere sempre più spesso a una violenza ormai estremizzata è il punto focale dello stato di salute del movimento. Questo ha allontanato molte persone dai gruppi, che in passato erano diffusi ovunque, uno per ogni area o quartiere. Oggi si sono fusi per diventare più forti, più pronti a ricorrere alla maniere forti, più “hooligan” rispetto al passato, e così via in un circolo vizioso…
Le nuove figure di spicco del movimento ultras greco non sono più il punk o la persona “originale”, ma prevale un modello machista, pronto a ricorrere alla violenza e che ha preso sempre più peso nelle dinamiche di comando della curva. In un contesto dove gli stadi sono sempre più vuoti a causa dell’invasività delle televisioni, sono queste le icone a cui si ispirano gli ultras più giovani. È un quadro abbastanza desolante e che difficilmente invertirà la tendenza. Tuttavia quella intrapresa è una strada che il movimento greco condivide con tante altre realtà e che contraddistingue una delle tendenze attuali del tifo in Europa.
Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.