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Dietro le pagine de “La Discarica”, per raccontare la Georgia moderna. Un’intervista

La Discarica (2022) di Iva Pezuashvili, uscito recentemente in italiano per l’editore Voland nella traduzione di Ruska Jorjoliani, è un romanzo che, svolgendosi in un lasso di tempo di ventiquattr’ore, racconta le vicende di una famiglia di origine armena a Tbilisi.

Da una parte abbiamo la vecchia generazione: Gheno, un eroe nazionale distrutto dai traumi del suo passato, passa le giornate in modo indolente tra televisione e scommesse sportive, mentre sua moglie Mila sostiene economicamente la famiglia con il suo lavoro in un centro estetico e progetta un futuro senza il marito. Dall’altra i figli: Mila, nelle file della polizia, e Lazare, cantante hip-hop che sbarca il lunario facendo consegne in motorino.

Sullo sfondo, Tbilisi, con tutti i suoi contrasti, e la Georgia contemporanea, piena di problemi derivanti da un passato che non è mai veramente passato, lasciando cicatrici nei protagonisti del libro e nella società in generale.

Il tapis roulant è messo davanti alla vetrata che si affaccia su corso Pechino e offre un’ampia vista di tutti i suoi splendori: asfalto sporco, auto infangate, fumo nero di autobus gialli, gente stanca sin dal primo mattino e, allineati uno accanto all’altro, banca, una seconda banca, farmacia, monte dei pegni, piccola finanziaria, chioschetto di cambio valuta.

(p. 21-22)

Abbiamo colto l’occasione dell’uscita del romanzo in Italia per parlarne con l’autore e la traduttrice. Una conversazione che, proprio come il libro, ci ha permesso di discutere anche della realtà georgiana contemporanea.

Passato o presente?

Dottore mio, accetta il fatto che neanche i vicini cambieranno mai, né il mondo attorno a te, e per quanti campetti sportivi vengano allestiti, per quanti chilometri di asfalto stesi e quanti ingressi di caseggiati ristrutturati, la discarica per l’immondizia che si trova nelle fondamenta della Georgia postsovietica continuerà a emanare cattivi odori.

(p. 127)

L’idea ricorrente ne La Discarica, fin dal titolo, è che il passato difficile della Georgia non se ne sia mai veramente andato. In particolare, onnipresente è il ricordo degli anni Novanta, un periodo fatto di guerre, criminalità e povertà. In questo contesto, vengono ricordati i conflitti di quella decade nel Caucaso del Sud, guerre in cui la Russia svolse un ruolo più o meno diretto. Il timore che la potenza che per tre secoli ha occupato la Georgia, possa tornare a dominarla è presente non solo nel libro, ma pervade la società georgiana, influenzando il dibattito politico.

Come spiega Iva Pezuashvili, scrittore con trascorsi da sceneggiatore, nato nel 1990: “In questo preciso momento, il mio paese si trova nuovamente a un bivio: o diventeremo una piccola provincia del sud della Russia, o un dignitoso paese europeo. Sembra inimmaginabile che, a tre decenni dall’indipendenza, la Georgia debba ancora affrontare questa scelta. Ma, d’altronde, anche la guerra dell’agosto 2008 sembrava inimmaginabile, così come l’invasione russa dell’Ucraina; eppure, tutto ciò è accaduto”.

“Gli imperi sul punto di crollare tendono a trascinare con sé le nazioni più piccole durante il loro processo di distruzione”, aggiunge. “Questo è ciò che è accaduto con l’Unione Sovietica. Tutti i conflitti nazionalistici descritti nel libro sono stati, se non iniziati, certamente alimentati dal Kgb, e lo stesso sta accadendo ora. La Russia, sotto una dittatura terroristica, non può durare a lungo; crollerà presto e, come l’Unione Sovietica, sta cercando di trascinare nella palude anche paesi piccoli come la Georgia”.

Quindi sì, potremmo trovarci nuovamente in quell’orribile fetore che si chiamava Unione Sovietica.

Iva Pezuashvili

Anche, Jorjoliani, scrittrice in lingua italiana (La tua presenza è come una città e Tre vivi, tre morti) e traduttrice stabilmente residente a Palermo dal 2007, concorda con questa idea di un passato che ritorna.

“Sì, purtroppo sto avvertendo questa tendenza essendo proprio qui in Georgia [abbiamo parlato con Ruska il 24 settembre, nda]. Toccando con mano questa realtà, è un dato di fatto. La parola giusta è riciclaggio di certe cose, certi modi di essere, certi punti di vista, una certa mentalità rappresentativa degli anni Novanta. Si ripresenta a ogni piè sospinto, la si avverte nell’aria, alla TV, sui social, nei rapporti umani anche camminando per strada”.

Da Homo heidelbergensis a homo sapiens, da homo sapiens a homo sovieticus, da homo sovieticus a homo capitalisticus da homo capitalisticus a homo delinquentellus, da homo delinquentellus a homo fricchettonis e da homo fricchettonis a homo rave party.

(p. 67)

“Percepisco una certa vena malinconica nelle persone che non avvertivo dagli anni Novanta”, aggiunge Jorjoliani. “Una malinconica che è quasi, o potrebbe essere, un inizio di disperazione. Qualche anno fa si avvertiva un certo entusiasmo per la vita che comunque prometteva qualcosa, anche se non si capiva cosa. C’era una promessa nell’aria. Adesso, non si avverte più questa promessa e anzi si percepiscono proprio certi modi di essere che sembravano ormai superati. Nelle espressioni delle persone avverto questa specie di disperazione. Nel senso di mancanza di speranza, una speranza che si sta affievolendo”.

La Discarica in patria…

Uno dei temi più coperti dalla letteratura georgiana contemporanea è proprio quello degli anni Novanta. Secondo Jorjoliani questo è una conferma del fatto che i traumi di quel periodo non sono mai stati superati nel paese. “La cosa peggiore dei traumi è che non fanno andare avanti: le ferite non si rimarginano e si tende a girare attorno a un circolo vizioso. Il trauma poi si trasmette alle nuove generazioni. Così io avverto che la generazione di scrittori più giovani, che non hanno vissuto appieno gli anni Novanta, sia stata in qualche modo contagiata dal trauma della generazione di scrittori precedente”. 

“Per adesso la letteratura georgiana, anche quella degli scrittori più giovani, si trova in un circolo vizioso”, continua. “Gira intorno al tema degli anni Novanta, non si riesce ad andare avanti. Questo non aiuta a superare il trauma perché esso si supera quando viene in qualche modo dimenticato. Quando si fa a meno del trauma, se gli si gira attorno vuol dire che ancora esiste e viene sottolineato. Si riconferma nella sua presenza. È come se la vita letteraria vera stia accadendo altrove, un altrove a cui i nuovi scrittori georgiani non hanno accesso”.

A conferma di questo interesse per il periodo, Pezuashvili spiega che il libro ha avuto un successo intergenerazionale in Georgia. “Sono rimasto piacevolmente sorpreso da questo. Ad esempio, la generazione Z trova interessanti i fatti storici contenuti nel libro, alcuni mi hanno persino scritto sui social media per dirmi che hanno appreso dell’attentato terroristico contro il presidente Shevarnadze da questo libro. La generazione dei miei genitori vede riflessi nel libro il loro stesso passato, e così via”.

Il libro ha avuto un tale successo che ne è stata realizzata una versione teatrale. “È stato un po’ strano per me”, racconta Pezuashvili. “Riuscivo in qualche modo a immaginare La Discarica come un film, ma non avrei mai pensato che potesse essere messo in scena come uno spettacolo teatrale. Si è rivelata una produzione davvero buona; a me è piaciuta e, per quanto ne so, il teatro di Tbilisi in cui viene rappresentata la piece è sempre al completo – al punto che gli amici mi chiedono di trovare loro dei biglietti”.

…e all’estero

In Italia, la Georgia non è un paese ancora molto noto, ma la curiosità per queste terre e per la sua letteratura è in aumento, con un numero crescente di autori tradotti in italiano (al di là dell’enorme successo internazionale di Nino Haratischwili, scrittrice in lingua tedesca che avevamo intervistato un anno fa).

“Mi incuriosisce l’interesse da parte dei lettori stranieri”, spiega Pezuashvili. “La Georgia non è un paese molto conosciuto dagli europei occidentali, quindi questo libro potrebbe non presentarci sotto la luce migliore, ma sicuramente scopriranno il nostro passato e lo spirito della nostra lotta per l’indipendenza”.

A far da tramite tra scrittore e lettori italiani, un complesso lavoro di traduzione. “Rispetto ad altri romanzi, ci sono certi neologismi legati magari ai delivery service o alle subculture di cui si parla ne La Discarica. Sono presenti anche alcuni termini molto intrinseci alla realtà mediatica georgiana e alla storia recentissima”, racconta Jorjoliani.

“Ho dovuto ovviare a queste piccole difficoltà. Anche perché l’autore gioca molto sulle denominazioni, sui modi di dire che fanno parte proprio di Tbilisi e di certi quartieri di Tbilisi. O anche di certi termini che facevano parte degli anni Novanta, ad esempio di una certa realtà criminale o comunque di un ambiente criminale che faceva parte dell’humus della vita georgiana di quegli anni. Per esempio, è stata una piccola sfida capire quale termine adottare per zveli bichi (vecchio ragazzo, una sorta di autorità criminale, ma non il vero delinquente. Uno che era abbastanza giovane, ma comunque troppo vecchio. Un certo ragazzo o uomo che adottava certi argomenti)”, conclude la traduttrice.

Sul tema, non perdetevi questa intervista a Francesco Peri, traduttore dal georgiano.

Insomma, per immergervi anche voi in questa realtà variegata, non vi resta che leggere La Discarica.

La discarica di Iva Pezuashvili, traduzione di Ruska Jorjoliani, Voland Edizioni, 2022.

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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.