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“Balcaniada”: un torneo di calcio tra politica, portieri volanti e aerei in avaria

L’inizio di una nuova era per il calcio balcanico

Gazeta Sporturilor

L’articolo di Gazeta Sporturilor trasuda entusiasmo. È la primavera del 1929 e la Balcaniada, una nuova competizione calcistica è alle porte. L’impulso l’ha dato Mihailo Andrejević, un ex giocatore di BSK Belgrado, WSC Vienna e Levski Sofia ora arrivato ai vertici della federcalcio jugoslava e della FIFA. Ha organizzato una conferenza a Belgrado, coinvolgendo delegazioni da Romania, Bulgaria e Grecia e una delegazione osservatrice, la Turchia, per discutere l’organizzazione di una Coppa dei Balcani in cui far giocare le nazionali dei rispettivi paesi. 

La Gazeta Sporturilor del 2 luglio 1933

Jugoslavia e Romania, da una parte, vorrebbero ambire a ben altro, vorrebbero poter competere con il calcio dell’Europa Centrale che detta legge nel continente degli anni Trenta. Il livello di Italia, Germania, Cecoslovacchia, Austria e Ungheria è però inarrivabile, sia per numero di tesserati sia in termini tecnici. E le controversie sui confini stabiliti tra Ungheria, Jugoslavia e Romania dopo il crollo dell’Impero asburgico non aiutano le buone relazioni diplomatiche che, a livello calcistico, vengono ostacolate anche dalle razzie di giocatori romeni operate dai club professionistici ungheresi. Così Jugoslavia e Romania, già impegnate in un fitto scambio di partite amichevoli, si accontentano di un torneo in cui giocarsi l’egemonia nell’area balcanica contro le più deboli Bulgaria e Grecia.

La prima edizione della Coppa dei Balcani

La prima Coppa dei Balcani viene disputata su tre anni con gare di andata e ritorno, inizia nel 1929 e termina nel 1931, svolgendosi così a cavallo della prima Coppa del Mondo. È la Romania a trionfare: prima della partenza per Montevideo sconfigge la Jugoslavia 2-1 e la Grecia 8-1. Al ritorno dal Mondiale inaugurale però la squadra si fa trovare stanca e priva di motivazioni e cede 5-3 contro la Bulgaria.

È un campanello di allarme che il selezionatore Costel Rădulescu decide saggiamente di non ignorare. Peraltro diversi giocatori hanno deciso di divenire professionisti e firmare con il Ripensia, il primo club non amatoriale di Romania. Alla federazione questo non piace e vieta la loro convocazione in nazionale. Così quando la Bulgaria si presenta a Bucarest per la gara di ritorno trova di fronte a sé solo uno dei giocatori dell’andata, il mediano Petre Steinbach. 

La Romania non solo vince 5-2, ma fa esordire due giocatori destinati a divenire pietre angolari della nazionale negli anni Trenta. Il terzino Gheorghe Albu non mancherà più dalla formazione titolare dei Tricolorii fino al 1937, disputando 39 gare consecutive e capitanando in 19 occasioni la nazionale. Iuliu Bodola invece è un diciannovenne del CA Oradea che timbra il suo debutto con una doppietta e una prestazione da attaccante di razza.

È l’inizio di una carriera che lo porterà a segnare 31 reti in 48 partite in nazionale. Entrambe le cifre sono dei record per l’epoca: il primato nelle presenze verrà superato solo nel 1974 da Mircea Lucescu, quello a livello realizzativo bisognerà attendere il 1997 prima che Gheorghe Hagi possa fare meglio. Portamento altero, non beve mai alcool: lascerà Oradea nel 1937 per unirsi al Venus Bucarest, con cui vince due titoli di fila nel 1939 e 1940.

I giochi della prima Balcaniada si chiudono già a giugno: i romeni ottengono una storica vittoria 4-2 sulla Jugoslavia a Zagabria, in una partita in cui viene sistemato un altro tassello della squadra. Emerich Vogl viene arretrato dalla linea dei mediani a quella dei terzini, al fianco di Albu, con cui formerà una cerniera difensiva leggendaria. Per descrivere il giocatore è impossibile non ricorrere alle parole di Virgil Economu, futuro allenatore della nazionale e nome di riferimento per la tattica del calcio fino agli anni Settanta:

Per tutto il tempo in cui ha giocato centromediano – fino a Montevideo, ovvero una quindicina di volte – è stato elegante come un cavallo da corsa. Quando si è spostato in difesa ha assunto bruscamente la sobrietà di un professore di latino. Con la stessa semplicità di un bonjour, con la disinvoltura con cui un attore passerebbe da un Romeo a, diciamo, uno Jago.

Virgil Economu

La gara finale ad Atene è un altro 4-2, utile solo come parata d’onore per il trofeo appena vinto e per arrotondare gli score degli attaccanti: Rudolf Wetzer e Iuliu Bodola infatti si dividono il titolo di capocannoniere, con sette centri a testa. 

Mire danubiane

Nel frattempo la Romania si toglie anche altre soddisfazioni, prima con il 6-3 sui francesi, poi con una vittoria 4-1 contro una nazionale amatoriale cecoslovacca forte della presenza del leggendario Oldřich Nejedlý: è il primo atto di un’altra competizione che malcela le mire “geografiche” della Romania, la Coppa dell’Europa Centrale per nazionali amatoriali. Il fascino magnetico della scuola danubiana e della Mitteleuropa sono una vera tentazione per chi si sente relegato alla periferica definizione di nazione balcanica. Si gioca tra il 1931 e il 1932 sulla stessa formula della competizione balcanica e anche in questo caso la Romania vince il torneo, superando oltre ai cecoslovacchi le rappresentative amatoriali di Austria e Ungheria.

Dall’edizione successiva, la Coppa dei Balcani diventa un torneo circoscritto nell’arco di una decina di giorni e disputato in un’unica città. Una competizione di successo a livello economico, di pubblico e di relazioni diplomatiche tra gli stati, che contribuisce in maniera decisiva alla crescita dei rispettivi movimenti calcistici. Nell’arco del decennio le società calcistiche in Romania arrivano quasi a triplicare, passando da poco meno di 300 a circa 800, mentre i praticanti quintuplicano, raggiungendo quota 40.000. A cavallo tra giugno e luglio 1932 le quattro nazionali si incontrano a Belgrado, ma la Romania, pur potendo nuovamente schierare i professionisti del Ripensia, ottiene una sola vittoria contro la Grecia, lamentando a fine torneo il tifo contro del pubblico jugoslavo.

Tredici a zero

Nel 1933 è il turno di Bucarest: la Balcaniada si svolge tra il 3 e l’11 giugno allo stadio ONEF e la Romania si presenta con sulle spalle il peso di qualche risultato negativo (tra cui una sconfitta 5-0 contro la Polonia) e di una campagna xenofobica per la “romanizzazione” del calcio spinta dallo scrittore Camil Petrescu. L’autore, sotto lo pseudonimo di “N. Grămătic”, realizza di tasca propria una rivista sportiva, Foot-ball, in cui analizza con buona padronanza dell’argomento le vicende calcistiche del paese.

Tra queste analisi, però, si trovano anche dei controversi articoli riguardanti i “criteri per la formazione della squadra nazionale” in cui Petrescu argomenta la necessità di escludere dalla rappresentativa i giocatori delle etnie minoritarie. In un’epoca in cui le minoranze ungheresi e tedesche formano fin dal principio l’ossatura della nazionale, Petrescu professa l’introduzione della formula 8+3, limitando a tre i posti riservati alla quota dei giocatori di etnia non romena. Tra queste polemiche, Rădulescu non si lascia intimidire e allestisce una squadra ricca di talenti di ogni origine etnica.

Le squadre participanti all’edizione 1933. (delcampe.net / ripensia-sport-magazin.ro)

In porta c’è Andrei Sepci dell’Universitatea Cluj, la coppia difensiva è l’ormai collaudata Vogl-Albu, a centrocampo si alternano giocatori di Ripensia, Unirea Tricolor Bucarest e RGMT Timișoara. Soprattutto, in attacco c’è un vasto assortimento dei migliori talenti offensivi dell’epoca: i ripensiști Ciolac, Dobay e Bindea, più Bodola e Kovács del CA Oradea e Petea Vâlcov del Venus Bucarest. 

È una cavalcata gloriosa. Vâlcov apre le marcature nel debutto contro la Bulgaria: finito il primo tempo sull’1-0, nella ripresa la Romania travolge i vicini meridionali con altre sei reti (tripletta di Ciolac, doppietta di Dobay e un altro gol di Vâlcov). La gara successiva dovrebbe essere poco più di una formalità, ma il gioco ostruzionistico dei greci riesce a limitare i Tricolorii: a risolvere la partita un tiro di Dobay che, deviato da un difensore greco, inganna il portiere Christos Rimbas e si insacca.

Se qualcuno critica l’eccessiva finezza e inconcludenza avuta dalla squadra contro la Grecia, la Romania si trasforma immediatamente in una formazione concreta per la gara finale contro la Jugoslavia, a cui assisterà anche il futuro re Mihai. Rispetto alle partite precedenti, Rădulescu effettua tre cambi: sarà cruciale l’inserimento del centromediano del Ripensia Rudolf Kotormány, detto Fachirul (“Il Fachiro”) per l’abilità di ammaestrare il pallone e nasconderlo agli avversari.

È un trionfo: Bindea, Ciolac, Bodola e Dobay fanno a pezzi la difesa jugoslava in un solo tempo. Al 42’ il risultato è fissato sul 5-0, e così resterà fino al fischio finale. È il secondo trionfo in Coppa dei Balcani, quello che verrà ricordato con più orgoglio. La porta di Sepci è rimasta inviolata, mentre Dobay, Ciolac e compagni hanno segnato tredici gol in tre partite: per questo sarà ricordata come “la Balcaniada del 13-0”.

Il portiere volante

La Coppa dei Balcani successiva si gioca ad Atene in un’insolita cornice invernale: il torneo inizia il giorno di Santo Stefano del 1934 e si chiude il giorno di Capodanno del 1935. Nel frattempo il selezionatore della nazionale è diventato un ufficiale di carriera con poca esperienza calcistica, il maggiore Alexandru “Țane” Săvulescu che, sensibile agli argomenti di Camil Petrescu sulla romenizzazione, decide di portare due portieri di Bucarest, Crețeanu e Burdan, e di lasciare a casa sia Sepci sia Willy Zombory.

La Romania esordisce contro i padroni di casa della Grecia e non riesce ad andare oltre a un 2-2, poi ottiene una drammatica vittoria per 3-2 contro la Bulgaria, pagandola con diversi infortuni. Sul 3-0 Crețeanu viene colpito da un attaccante bulgaro, che gli frattura un braccio e, quando un suo compagno di squadra ferma il pallone con le mani perché possa essere soccorso, l’arbitro fischia rigore contro la Romania.

I Tricolorii sono costretti a negoziare la sostituzione del portiere per mettere in campo Burdan, che subisce due gol. Decimata nei numeri, la Romania chiede il rinvio dell’ultima gara contro la Jugoslavia, invano. Bisogna fare arrivare un nuovo portiere: a invocare Zombory è addirittura Virgil Economu, nella veste di radiocronista della partita contro i bulgari. 

Nella serata del 30 dicembre vengono convocati ufficialmente sia Zombory sia Sepci, con pochissimo preavviso, dato che l’ultima partita si disputa il 1° gennaio. Zombory si trova a Timișoara, non vede il campo da gioco da tre mesi e non ha un quattrino in tasca, ma per la federazione l’urgenza è troppa. Le due ore che dividono la convocazione dalla partenza del primo treno utile da Timișoara sono frenetiche: Zombory deve fare i bagagli, mentre la federazione sistema i suoi visti e gli presta i soldi necessari per raggiungere Atene.

Le cose sono più difficili per Sepci, che vive a Satu Mare, vicino a dove oggi si incrociano i confini di Romania, Ungheria e Ucraina (e, poco più in là, della Slovacchia). Salta su un taxi per Cluj e da lì prende il treno per Bucarest. A mezzogiorno del 31 dicembre decolla dalla capitale su un piccolo aereo pilotato da Gheorghe Bănciulescu, aviatore eroe della Prima Guerra Mondiale con due protesi al posto delle gambe. Un viaggio rischiosissimo: sui Balcani si sta abbattendo una violenta tempesta di neve. Mentre Zombory festeggia l’arrivo del 1935 sul treno notturno per Atene, le autorità greche avvertono i colleghi romeni che dell’aereo di Sepci non c’è più traccia. 

Contro la Jugoslavia è così Zombory a scendere in campo. La Romania gioca malissimo e, per giunta, l’arbitro non le assegna due rigori. Finisce 4-0 per la Jugoslavia, che vince così il torneo. Solo in serata arriveranno notizie di Sepci e Bănciulescu. Il portiere e il pilota sono stati bloccati durante uno scalo di rifornimento a Burgas, in Bulgaria, per una serie di formalità amministrative.

Ripartiti all’alba dalla città costiera, i due vengono traditi dal cherosene di bassa qualità messo nel serbatoio durante lo scalo bulgaro e sono costretti a virare verso nord, volando a bassa quota lungo la costa nella speranza di raggiungere Costanza. Il motore del biplano Curtis B-2 entra in avaria e i due sono costretti a un atterraggio forzato in un campo di Mangalia. Dovranno raggiungere la città a piedi prima di poter avvertire la federazione dell’incidente. Il giorno successivo il pilota celebrerà il coraggio di Sepci in un’intervista a Gazeta Sporturilor:

È il vero eroe di questa Coppa dei Balcani. Si è offerto volontario con coraggio per questo volo, malgrado il freddo, con il solo scopo di aiutare la sua squadra.

Il declino della Balcaniada

L’edizione del 1935 si gioca a Sofia: è una spedizione fallimentare per i romeni, che perdono senza appello con Bulgaria e Jugoslavia e pareggiano 2-2 contro la Grecia, subendo peraltro un gol dal futuro nazionale romeno Constantin Humis, allora ancora Kostas Choumis. Sarà un’annata nera per la Balcaniada, con un’atmosfera segnata da tensioni non solo calcistiche in costante crescita, già sottolineate da alcuni scontri sugli spalti durante l’edizione ateniese.

Nell’autunno precedente il re jugoslavo Aleksandar I Karađorđević era stato assassinato a Marsiglia da Vlado Černozemski, un nazionalista bulgaro al servizio della causa dell’indipendenza della Macedonia. A Sofia la tensione tra le due nazioni si riverbera inevitabilmente sul campo. Prima del torneo la federcalcio jugoslava chiede che la competizione venga cancellata. Lo scontro diretto tra Bulgaria e Jugoslavia degenera in una rissa e nel pestaggio dell’arbitro greco.

A fine torneo, per giunta, le due nazionali si trovano prime a pari punti, senza una regola che stabilisca il vincitore in un caso simile. Il comitato organizzatore propone di disputare uno spareggio, la Jugoslavia si rifiuta e la Bulgaria viene dichiarata vincitrice. Per gli jugoslavi, che ora stanno tornando a bussare alle porte del calcio dell’Europa Centrale e della Coppa Mitropa, la soluzione più logica è il ritiro dalla competizione.

È così che a Bucarest, nel 1936, va in scena un’edizione “monca” della Balcaniada, curiosamente preceduta di una settimana da uno scontro diretto della nazionale proprio contro la Jugoslavia, terminato 3-2 per i padroni di casa.

La Romania non ha problemi a imporsi, battendo la Grecia 5-2 e la Bulgaria 4-1. Oltre alle vittorie nette in Coppa dei Balcani, la Romania chiude l’anno con altri risultati molto incoraggianti. A un anno dalla disfatta con la Svezia i Tricolorii ottengono un 2-2 con la stessa squadra e, soprattutto, giocano alla pari con i maestri danubiani in due amichevoli a Bucarest, perdendo 2-1 contro l’Ungheria e pareggiando 1-1 con la Cecoslovacchia.

Stavolta si tratta delle effettive nazionali, non di rappresentative amatoriali. Questi risultati lusinghieri, uniti alla perdita di prestigio della Balcaniada dovuta all’abbandono degli jugoslavi, attecchiscono in un contesto politico e sociale in cui si rigetta la nozione della Romania come paese balcanico. Una vera “eresia geografica”, come avrà modo di dire un vicepresidente del Senato romeno. Un anno dopo l’abbandono della Jugoslavia, anche la Romania si tira indietro.

La Coppa dei Balcani, almeno nella sua forma, smette così di esistere.

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Damiano Benzoni
Damiano Benzoni

Giornalista sportivo con lo sguardo rivolto a est e al calcio lontano dai riflettori, video editor e presentatore per la app OneFootball. Ha ideato il podcast Lokomotiv e il documentario Petrolul Nu Moare e ha vissuto tra Como, Roma, Bucarest e Berlino. Tra le collaborazioni passate: Avvenire, Il Giorno, Radio 24, The Blizzard, When Saturday Comes, East Journal, Kosovo 2.0.