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L’inizio di novembre in Lituania è piuttosto suggestivo. I cimiteri diventano distese infinite di candele e, secondo la credenza popolare, i villaggi e le campagne si affollano delle anime dei morti. Il Vėlinės offre un affascinante scorcio sulla tradizione pagana in Lituania, l’ultimo paese d’Europa a essersi battezzato.
La commemorazione degli antenati è una pratica comune a numerose culture in tutto il mondo, dalle Americhe all’Asia, passando per la vastissima Africa e, ovviamente, l’Europa. Spesso, il ricordo dei defunti è accompagnato da visite al cimitero, presso le tombe dei propri cari, ai quali si portano cibo o doni di vario genere. La memoria degli antenati assume forme piuttosto diverse, dal coloratissimo Día de los muertos messicano al più tetro Vėlinės, tipico invece della Lituania, paese baltico e terra di tradizioni antiche.
Il Vėlinės cade ogni anno il primo e il secondo giorno di novembre. Piuttosto simile al polacco Zaduszki, il Giorno dei morti lituano è una delle festività europee più suggestive in merito alla commemorazione dei defunti. Il termine proviene dalla parola lituana vėlė, che letteralmente significa “anima di una persona defunta”.
In occasione del Vėlinės, nel pomeriggio del primo novembre (il cosiddetto “Primo giorno di Vėlinės”) i lituani si recano al cimitero e accendono candele. La notte stessa, i luoghi di sepoltura diventano delle distese di fiammelle: secondo la tradizione, infatti, sarebbe proprio il fuoco ad attrarre le anime dei morti. Come per molte altre festività legate al culto dei defunti, le origini del Vėlinės vanno rintracciate nel culto pagano precedente al cristianesimo.
L’ultimo regno pagano d’Europa
La religione precristiana lituana appartiene, assieme a quella lettone e prussiana, al gruppo delle religioni baltiche. La Lituania precristiana aveva le proprie divinità pagane, spesso legate ai principali elementi del mondo naturale.
La figura centrale nel panteon pagano lituano è Saulė, la dea del sole, venerata in occasione del solstizio d’estate. C’è poi Dievas (letteralmente “dio” in lituano), divinità del cielo diurno, che decide le sorti dell’umanità e del mondo insieme a Laima, dea del destino. A questi si aggiungono Perkūnas, dio del tuono, e Velnias (“diavolo”), il dio del cielo notturno e delle anime (vėlės, appunto). Quest’ultimo esercita una forza uguale e opposta a quella di Dievas, bilanciando così il mondo e preservando la darna, l’armonia, concetto importante nelle religioni baltiche.
Il Granducato di Lituania, che alla fine del XIV secolo si estendeva dalle coste del Mar Baltico fino a quelle del Mar Nero, fu l’ultima potenza europea medievale a convertirsi al cattolicesimo. Nel 1386, dopo decenni di tentennamenti fra religione cattolica e ortodossia, la classe dirigente lituana iniziò a battezzarsi. Un anno prima, il 14 agosto 1385, venne firmato il trattato di Krėva (cittadina ora in territorio bielorusso), che sancì la conversione della Lituania al cattolicesimo, nonché l’alleanza con il Regno di Polonia.
Questo processo non fu certamente repentino: la comunità russa, numerosa nel Granducato, continuò a praticare l’ortodossia; molti lituani rimasero pagani, soprattutto nella Samogizia (Žemaitija), regione storica situata nella parte occidentale dell’odierna Lituania. Comunità consistenti di fedeli pagani continuarono a esistere addirittura fino al 1569, anno di nascita della Confederazione polacco-lituana.
La conversione al cattolicesimo non riuscì a scardinare del tutto le tradizioni pagane, le quali andarono intrecciandosi con quelle cattoliche, come avvenuto nel caso dell’Ilgės (il nome con cui si faceva riferimento al Vėlinės prima dell’avvento del cattolicesimo). I primi tentativi di riabilitare la vecchia fede ci furono già tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, quando il movimento pagano lituano, noto con il nome di Romuva, iniziò a caricarsi anche di un certo carattere nazionale.
Questo primo revival pagano venne bruscamente interrotto dall’occupazione sovietica del 1940, la quale vedeva nel culto pagano lituano una minaccia nazionalista e antisovietica.
Una figura centrale del paganesimo lituano contemporaneo è stato Jonas Trinkūnas (1939-2014). Da studente della facoltà di filologia dell’Università di Vilnius, tra il 1969 e il 1973 Trinkūnas fondò la società per lo studio del folclore lituano, denominata proprio Romuva. Nel 1973, il Kgb lo accusò di propaganda antisovietica e Trinkūnas venne così espulso dall’università.
Nonostante la persecuzione del regime sovietico, la religione pagana riuscì a sopravvivere, un po’ clandestinamente, un po’ perché il Vėlinės era talmente radicato nella cultura lituana che le autorità sovietiche furono costrette a incorporarlo nella propaganda ufficiale. Iniziò a celebrarsi, così, il “Giorno della memoria dei morti” (Mirusiųjų paminėjimo diena), festività ovviamente atea.
Nel 1992, appena due anni dopo l’indipendenza della Lituania da Mosca, Romuva si registrò come organizzazione religiosa presso il governo lituano. Tuttavia, nel 2019 il parlamento (Seimas) si rifiutò di riconoscere Romuva a livello nazionale, accusando i fedeli di spionaggio in favore del Cremlino. Il culto religioso fece ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo e, attualmente, la richiesta di riconoscimento ufficiale del culto da parte della Repubblica di Lituania è ancora in corso.
Il “Giorno delle anime” tra cibo, vento e fuoco
Il Vėlinės era stato incorporato nella tradizione cristiana già prima dell’occupazione sovietica. Ciononostante, molte credenze popolari che caratterizzano la festività sono rimaste profondamente legate al paganesimo.
In passato, il Vėlinės era soprattutto legato al cibo. In occasione del Giorno delle anime, in alcune regioni della Lituania si era soliti preparare da mangiare, che fosse a casa o direttamente al cimitero. Il cibo – la tradizione parla di uova sode e pane di segale – si lasciava poi a tavola o vicino alla tomba, in questo caso assieme a un piccolo falò.
Prima di andar via, si annaffiava il terreno circostante con vino o miele. Inoltre, se un estraneo bussava alla tua porta nei giorni di Vėlinės, lo si faceva entrare e gli si dava da mangiare: era probabilmente un messaggero dall’aldilà. Le usanze legate al cibo sono perdurate fino agli anni Quaranta del XX secolo e oggi non sono più così diffuse.
Durante il periodo della prima Repubblica di Lituania (1918-1940) andò invece diffondendosi l’usanza di decorare le tombe con fiori e candele. Non a caso, il simbolo per eccellenza del Vėlinės è il fuoco, che illumina i cimiteri nella notte tra il primo e il secondo giorno di novembre, per attirare gli spiriti dei morti e indicar loro la via verso il mondo terreno. Secondo la tradizione pagana, infatti, dopo la morte lo spirito del defunto si separa dal corpo, ma non si allontana troppo: ecco che i morti riescono a interagire con i vivi, visitano i propri cari, fanno ritorno nei luoghi frequentati in vita, affollano i cimiteri, le chiese e le croci. Ciò è possibile grazie al vento che, secondo la credenza, soffia forte nel Giorno delle anime, facilitando il movimento degli spiriti.
Verso i cimiteri
In occasione dei due giorni di Vėlinės (festivi dal 2019), i lituani della capitale si recano in pellegrinaggio presso i tre principali cimiteri storici di Vilnius. Il cimitero lituano è di per sé piuttosto suggestivo, con le tombe in pietra che si adagiano tra la vegetazione rigogliosa.
Il primo dei tre cimiteri storici della capitale è quello di Rasos (Rasų kapinės). Fondato nel 1796, ospita le tombe di illustri poeti, artisti e politici lituani, come l’attivista Jonas Basanavičius (1851-1927) e il compositore e artista Mikalojus Konstantinas Čiurlionis (1875-1911).
C’è poi il cimitero dei Bernardini (Bernardinų kapinės), fondato nel 1810 dai monaci bernardini (così ci si riferisce all’ordine francescano a Vilnius). Il cimitero, chiuso nel periodo sovietico, si è perfettamente conservato nei decenni e oggi ha anche una mascotte: il Gatto del cimitero dei Bernardini (Bernardinų kapinių katinas).
Ultimo, non per importanza, è il cimitero militare di Antakalnis (Antakalnio kapinės), dove furono sepolte le quattordici persone uccise dai sovietici il 13 gennaio 1991, quando migliaia di lituane e lituani si radunarono attorno all’antenna della televisione di Vilnius in segno di protesta contro le truppe di Mosca. Ad Antakalnis trovano sepoltura anche le sette vittime lituane del massacro del 31 luglio 1991, avvenuto presso il varco di frontiera di Medininkai per mano delle forze speciali sovietiche (OMON).
Durante la prima Repubblica di Lituania, le celebrazioni ufficiali del Vėlinės erano organizzate presso il cimitero militare di Aukštieji Šančiai (Aukštųjų Šančių karių kapinės), a Kaunas (capitale provvisoria dal 1920 al 1940). Per vivere la vera pagan experience, però, è necessario andare a Kernavė, nella Lituania sudorientale. Il villaggio, antica capitale del Granducato di Lituania e patrimonio Unesco dal 2004, ospita i pilkapiai (tumuli funerari), siti di sepoltura di epoca precristiana, risalenti al XII-XIII secolo.
* Laureato in Studi sull’Est Europa e l’Eurasia presso l’Università di Bologna, ha studiato e vissuto a San Pietroburgo e Kaunas. Si interessa principalmente di memoria storica, minoranze etniche e disinformazione in Russia e Ucraina. Dal novembre 2023 collabora con Memorial Italia.