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Se potessero parlare tra loro, i morti sepolti nel cimitero di Lovrinac a Spalato (Croazia) si rivolgerebbero senza dubbio frasi come quelle della famosa poesia di Totò ’A livella. Il cimitero ospita infatti i resti di persone che in vita hanno rappresentato mondi diversi e ideali contrapposti, che si sono fatte la guerra tra loro, che hanno tentato di eliminarsi definitivamente a vicenda: soldati nazisti, ebrei, partigiani jugoslavi e combattenti nazionalisti. Proprio per questa sua peculiarità, il cimitero di Lovrinac racchiude in sé tutta la Storia del Novecento della Croazia e dell’intera Europa.
L’attuale cimitero, situato nella zona orientale della città di Spalato, nasce nell’aprile del 1928 con il nome di Pokoj, salvo poi cambiare nome in Lovrinac l’anno successivo, in onore di S. Lovre (San Lorenzo) a cui è dedicata una piccola chiesa nelle vicinanze.
Subito dopo la guerra, le autorità socialiste decisero di costruire un ossario in memoria dei partigiani caduti nella lotta di liberazione del paese. Da quel momento, lo sviluppo del cimitero divenne più sistematico, dopo la confusa e disorganizzata crescita degli anni precedenti.
Ma è solo nel 1971 che nascono i primi progetti per una vera e propria monumentalizzazione. Tre anni dopo, la creazione di un complesso commemorativo viene affidata all’architetto Miroslav Kollenz, già noto per la costruzione del quartiere Travno di Zagabria dove ha sede il Mamutica (Mammut), ancora oggi tra gli edifici residenziali più grandi d’Europa.
La suddivisione interna
Tutta l’area è decorata da decine di migliaia di alberi e piante, di cui oltre 500 rose rampicanti e glicini viola, con la pietra bianca tipica della Dalmazia che sporge ovunque dal terreno. Oggi, oltre alla parte riservata alla sepoltura dei cittadini di Spalato, il cimitero di Lovrinac ospita altre cinque sezioni: quella dedicata ai bambini, tra le più grandi con oltre 1.950 tombe; quella dedicata ai soldati tedeschi morti durante la Seconda guerra mondiale; il cimitero ebraico; il parco commemorativo per i partigiani; e il campo dei caduti nella guerra degli anni Novanta.
Soldati nazisti ed ebrei nello stesso luogo
Può apparire strano, quantomeno beffardo, posizionare le tombe di soldati tedeschi morti durante la Seconda guerra mondiale a pochi passi da quelle di cittadini ebrei e dei partigiani. Ma non a Lovrinac. La sezione ebraica, con un monumento dedicato agli ebrei spalatini morti durante l’Olocausto, venne inaugurata nel 1974 e rappresenta la sezione più piccola con appena 56 tombe.
La presenza di un’area specifica dedicata agli ebrei si spiega con la loro ultrasecolare presenza nella regione, risalente al periodo tra il I e III secolo d.C. quando era ancora sotto il dominio dell’Impero romano. Nel XVI secolo, si stabilirono a Spalato anche alcuni ebrei sefarditi in fuga dalla penisola iberica. Lo dimostra l’esistenza dell’antico cimitero sulla collina di Marjan, costruito nel 1573 e attivo fino al 1945. La parte tedesca, che ospite oltre mille tombe di soldati, venne istituita solo nel 1998 come cimitero commemorativo grazie al lavoro dell’Associazione tedesca per la cura dei cimiteri militari (Volksbund Deutsche Kriegsgraberfursorge).
A rendere ancora più particolare il cimitero di Lovrinac contribuiscono altre due sezioni, dedicate rispettivamente ai partigiani comunisti e ai combattenti di quella che viene chiamata Guerra d’Indipendenza croata o Guerra Patriottica, in base al posizionamento politico. In pratica, sono ospitate le lapidi di chi ha combattuto per il socialismo e di quelli che invece, a distanza di cinquant’anni, hanno lottato per abbatterlo.
La sezione riservata ai partigiani, che ha trovato una definitiva monumentalizzazione nel 1983 grazie al contributo dei sindacati, è rappresentata da un ossario al cui interno sono conservati i nomi di oltre 1.800 vittime partigiane della zona di Spalato.
La parte dedicata ai caduti della guerra degli anni Novanta ospita circa trecento giovani che hanno perso la vita su tutti i fronti. Qui, il 5 agosto di ogni anno, si celebra il Giorno della Gratitudine e della Patria in occasione dell’anniversario dell’inizio dell’Operazione Oluja (“Tempesta”), l’iniziativa militare che nel 1995 permise all’esercito croato di riconquistare gran parte del territorio occupato dall’esercito serbo negli anni precedenti.
Come ogni cimitero commemorativo che si rispetti, anche il cimitero di Lovrinac accoglie i resti di ospiti illustri che hanno fatto la storia della città dal punto di visto politico ma anche sportivo e culturale. Tra i nomi più celebri c’è quello dello scrittore e politico Ante Tresić Pavičić (1867-1949). Membro del Consiglio imperiale dell’Austria-Ungheria in rappresentanza del Regno di Dalmazia nel 1904, si contraddistinse per le sue idee anti-austriache e jugoslaviste tanto da entrar a far parte del corpo diplomatico del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, prima in Spagna e poi negli Stati Uniti.
Altro personaggio di un certo rilievo ospitato a Lovrinac è Joko Knežević (1907-1988), partigiano comunista, artista tutto tondo, dedito in particolare ai mosaici monumentali con tema principale la lotta di liberazione, e tra i fondatori del quotidiano Slobodna Dalmacija.
In una città come Spalato, che ha fatto della passione per il calcio (e lo sport in generale) uno dei suoi tratti distintivi, non potevano certo mancare figure sportive leggendarie, rimaste nella storia per il loro impegno e i loro successi. Tra questi va citato Frane Matošić (1918-2007), allenatore ma soprattutto attaccante dell’Hajduk, detentore assoluto del record di presenze (ben 739) e gol (729) con il club.
Appena 16 le presenze con la maglia della nazionale con cui vinse l’argento alle Olimpiadi di Londra del 1948. Per lui anche un anno al Bologna nella stagione 1942-43 e una curiosa esperienza da allenatore della nazionale tunisina tra il 1961 e il 1963. La sua grandezza in campo gli valse anche l’ammirazione di Josip Broz Tito tanto da essere insignito dell’Ordine della Fratellanza e Unità.
Altra figura storica dello sport spalatino, i cui resti sono conservati nel cimitero di Lovrinac, è Fabjan Kaliterna (1886-1952), tra i fondatori del club cittadino e della squadra di pallanuoto Jadran. Leggenda vuole che sia stato proprio lui a portare in città le prime attrezzature sportive, compresi i palloni. La sua fama in città è legata anche alla sua vera professione. Da architetto progettò oltre trecento edifici di Spalato. Un impegno che gli è valso un posto tra i simboli della città.
Il ballerino con le mani d’acciaio
Chi invece ha dato tantissimo a Spalato senza però ottenere mai il giusto riconoscimento, se non in maniera parziale solo dopo la sua morte, fu Vladimir Beara (1928-2014) considerato uno dei più forti portieri di calcio della storia. Secondo un tale, di nome Lev Jašin, persino il più forte.
Beara nasce a Zelovo, nelle vicinanze di Spalato, e inizialmente si dedica alla danza e al calcio con gli amici, lì dove si allena l’Hajduk. Un giorno del 1947, vista l’indisponibilità del portiere, l’allenatore lo chiama e lo mette in porta per tappare il buco. Da quel momento Beara difenderà i pali della squadra per i successivi otto anni.
Grazie ai suoi movimenti, leggeri ma impeccabili, viene soprannominato “il ballerino con le mani d’acciaio”. Alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 conquista l’argento con la Jugoslavia, parando un rigore a Ferenc Puskás. I successi non gli valgono però la simpatia dei tifosi spalatini che non gli perdonano le origini serbe. Così come non gli perdoneranno mai il suo trasferimento ai nemici della Stella Rossa di Belgrado nel 1955.
Il ritorno all’Hajduk da allenatore nel 1970 non basta ad appianare le distanze, nonostante la vittoria di tre campionati e due coppe nazionali. Le polemiche non si placarono neppure dopo la sua morte, quando la moglie acconsentì alla sepoltura nel cimitero cattolico di Lovrinac nonostante la sua fede ortodossa. Un’altra beffa alla Storia del cimitero spalatino.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.