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“Il mondo è qualcosa su cui io piscio”. Dimităr Voev, icona della cold wave bulgara

Il grande talento e l’ipnotico carisma di Dimităr Voev ha incanalato e dato voce all’impetuosa voglia di ribellione e rivalsa degli anni Ottanta in Bulgaria, al pari dei colleghi Viktor Coj in Unione Sovietica e Milan Mladenović in Jugoslavia – ai quali lo accomuna anche una tragica e prematura fine. Indiscutibile icona divenuta culto di più generazioni, ma poco noto oltre i confini nazionali, il poeta e musicista sofiota ha scandito il tramonto dello stato comunista, marcando l’avvento della cosiddetta Transizione nel proprio paese.

Sofia, pomeriggio del 15 maggio 1987. La Repubblica popolare di Bulgaria non può più ignorare la presenza di una moltitudine di band che pullula nel sottobosco musicale della nazione, e finalmente nel Parco della libertà (così dal 1946 al 1989 si chiama l’attuale Borisova gradina) si tiene il primissimo concerto rock del paese socialista.

Tra le formazioni che salgono sul palco c’è un trio che si chiama Kale. Suona tre pezzi. L’ultimo, tra malinconici accordi e qualche vocalizzo, termina così:

Il mondo è qualcosa, oh cara,
su cui io piscio
E, sollevato da quest’incombenza,
me ne vado da solo in paradiso.

Vaso e Kiro, i miei fratelli,
chiamerò con me.
E lì, in paradiso, noi saremo
un gruppo fenomenale!

Cantate, debosciati, ‘sta triste canzone,
nata dal sole nella bocca del drago.
In essa piango per il ratto impiccato,
che pende malamente dal lampadario.

Светът е нещо, о любима
над което аз пикая
И, облекчен от тази нужда,
отивам сам във рая.

Васо и Киро, своите братя,
ще извикам с мен.
И там, във рая, ние ще бъдем
група-феномен!

Пейте, развратници, таз тъжна песен,
родена от слънцето в устата на змея.
В нея аз плача за плъха обесен,
увиснал грозно на полилея.

Le centinaia di persone che assistono all’evento vanno in visibilio all’istante e cominciano a gridare: “Ancora, ancora, ancora!”. Gli organizzatori però staccano prontamente i microfoni e mandano via la band, per la quale sarà l’ultimo concerto – ma non per i tre musicisti. Un’audiocassetta con i brani dei Kale continuerà a girare per tutta Sofia, copiata, ascoltata e scambiata di nascosto. A cantare quei versi ben presto diventati emblema generazionale è un bassista ventiduenne di nome Dimităr Voev.

Dimităr Voev
La locandina del concerto tenutosi il 15 maggio 1987

Alle origini della “nuova generazione

Nato nella capitale bulgara il 21 maggio del 1965, Voev cresce con i genitori e il fratello minore Simeon in una casa del centro città, lungo via Ivan Vazov. Tra le mura domestiche da sempre si ascolta senza sosta moltissima musica. La madre racconta della propensione di Mitko per le rime, che inventa continuamente sin da piccolissimo. Un capodanno il padre costruisce e regala ai figli una chitarra acustica. Entrambi ne sono subito rapiti e cominciano a imparare a suonarla, anche se il fratello maggiore cerca di nasconderla al minore.

Qualche anno dopo Dimităr confida ai suoi il desiderio di avere un basso, che però la famiglia non può permettersi. Il papà chiede i 500 leva necessari in prestito a una collega, mentre il figlio promette che lo ripagherà mettendosi a lavorare come postino. In cinque mesi il debito viene saldato. È il momento di un altro accordo cruciale: il padre garantisce il suo supporto al primogenito se lui si impegnerà nella musica come fosse un qualunque altro lavoro. E così Dimităr organizza la propria giornata trascorrendo otto ore a suonare e scrivere testi.

Ancora alle scuole superiori fonda la prima band – Paradoks – insieme all’amico Kristjan Kostov. Il sodalizio termina quando Kostov parte per la leva militare. Nel frattempo Voev s’impegna in altri piccoli progetti musicali, finché nel 1985 insieme a Vasil Gyurov e Kiril Mancev creano una delle prime formazioni post punk e new wave bulgare: Kale. La produzione dei tre è caratterizzata da forte sperimentazione, profonda rottura e nessun particolare desiderio di successo in una Bulgaria ancora schiacciata dai dettami del realismo socialista. Il trio suona principalmente per proprio divertimento e piacere, registrando però ogni sessione di prova. I testi – sovversivi, ironici, anticonformisti – sono scritti a sei mani.

Dopo la prima e ultima esibizione del 15 maggio 1987, la band si scioglie e i componenti danno vita a due formazioni che diventeranno di culto: Review (Ревю) e New Generation (Нова генерация, spesso reso anche come Nova Generatsia oppure Nova Generacia). Voev sarà il frontman e cantante di quest’ultima, il cui nome è tratto da una sua poesia, Nova generacija zavinagi (“Nuova generazione per sempre”), che qualche anno dopo diventerà anche un brano. Nel documentario Voev (2022) di Bilyana Kirilova, il musicista spiega genesi e ambizione del complesso.

Nova generacija zavinagi è una poesia che avevo scritto nel 1987. Noi eravamo la generazione postbellica della Bulgaria, quella che doveva essere una generazione più felice, condannata invece al grigiore, alla stupidità, alla disinformazione. Eravamo giovani frustrati, costretti in una società confinata… e non lo sentivo soltanto io. Volevo creare qualcosa che ci unisse, e così è nato il gruppo.

Vogliamo che la nostra produzione e attività apra le persone a un tipo di pensiero e arte meno standardizzato. La nostra direi è quasi un’attività di istruzione con cui facciamo pendere la bilancia verso un’estetica che non viene promossa o diffusa né dalla radio né dalla televisione. E la gente in Bulgaria non ha modo di sentire questo tipo di musica, tantomeno dal vivo, perché sono pochi i gruppi che la suonano.

Le canzoni del gruppo sono quasi tutte scritte e arrangiate da Dimităr Voev. Stilisticamente il leader della band definisce la loro musica “eterogenea”, con influenze new wave, rock, punk rock e perfino jazz. Molto vicina alle sperimentazioni compiute negli stessi anni dagli Ekatarina Velika in Jugoslavia e dai Kino in Unione Sovietica, Voev descrive i suoi brani come “cold wave” (studena vălna). L’ideologia alla base, la problematica affrontata in ogni testo è “l’alienazione nella nostra società contemporanea”.

Metto i piedi con orgoglio ancora
sopra i vetri dentro di me
nelle mie vene sento
il battito del giorno eterno.

In piedi davanti all’altare
faccio l’occhiolino al sacerdote
e con qualche ceffone
risveglio in lui il peccatore.

Mio padre ieri sera ha detto:
“Tu non hai fortuna,
meglio per te essere una lumaca
piuttosto che un poeta.”

Trovo queste parole vere
ma nonostante ciò
non le seguirei,
preferisco la morte.

Uscito a passeggiare
io vedo il mio necrologio
Eh, che ci posso fare,
il diavolo ha conficcato in me il suo corno.

Perciò abbaio!
Perciò grido!

Noi siamo la nuova generazione
Per sempre
E le nostre domande sono per l’intera nazione
Per sempre!

Аз стъпвам гордо още
върху стъклата в мен,
във вените си чувствам
пулса на вечния ден.

Изправен пред олтара,
намигам на свещеника
и с няколко шамара
събуждам в него грешника.

Баща ми снощи каза:
“Ти нямаш късмет,
по-добре да бъдеш охлюв,
отколкото да си поет.”

Намирам тези думи верни,
но въпреки това
не бих ги следвал,
предпочитам смъртта.

Излязъл на разходка,
аз виждам своя некролог.
Ех, какво да направя,
дяволът заби в мен своя рог.

Затова ще лая!
Затова ще вия!

Ние сме нова генерация
Завинаги
И въпросите са ни към цяла нация
Завинаги!

La fine degli anni Ottanta

Agli sgoccioli della Repubblica popolare di Bulgaria le esibizioni di tutte le band vengono determinate e organizzate dalla cosiddetta Direzione concerti. L’ufficio statale stila mensilmente una fitta e rigida programmazione in cui distribuisce i gruppi a seconda delle ricorrenze che necessitano di intrattenimento musicale, spesso legate alle celebrazioni organizzate dai collettivi di lavoro.

Così i Nova Generatsia vengono mandati a suonare in tutto il paese, ad allietare per esempio gruppi di metalmeccanici di una remota provincia, i quali non hanno alcun interesse nei confronti della new wave e preferirebbero di gran lunga assistere a un “normale” concerto di musica leggera. E invece si trovano davanti un gruppo di giovani vestiti interamente di nero, con capelli lunghi, orecchini e rossetti, che gridano e pronunciano cose mai dette prima davanti a un microfono, su un palco.

Dimităr Voev Nova Generatsia
Il primo vinile della band

Ciononostante la band continua a mietere successo e sfornare pezzi che diventano dolorosi e rabbiosi inni transgenerazionali. Nel 1989 l’etichetta Balkanton pubblica una serie di vinili dedicati alla produzione rock bulgara, tra cui uno che contiene per metà canzoni dei Nova Generatsia e per l’altra metà quelle di una band famosissima, i Kontrol. Tra questi c’è un altro iconico brano di Voev, Strah (“Paura”), poi riarrangiato in Strah 2.

Una radice secca
è la mia mano,
quando tocca
il tuo viso.
Paura ti chiami
lungo la mia strada,
paura ti chiami
nei miei occhi.

Ho paura quando
non ho forze per volare.
Ho paura di essere
solo nel gioco meschino.

Sguardo vuoto
amichevole
vuole te
nella sua mano.
Ho paura
di me stesso
quando perdo
i miei sogni.

Изсъхнал корен
е ръката ми,
когато докосва
лицето ти.
Страх се казваш
по пътя ми,
страх се казваш
в очите ми.

Страх ме е когато
нямам сили да летя.
Страх ме е да бъда
сам във подлата игра.

Празен поглед
приятелски
иска теб
в ръката си.
Страх ме е
от себе си
когато загубя
мечтите си.

Ekoglasnost e transizione

La fine del regime socialista e l’apertura delle frontiere segna l’inizio della prima ondata di emigrazione di massa dalla Bulgaria. Il fenomeno non risparmia la band capitanata da Voev, che perde quasi tutti i componenti. Sostituirli non è semplice, e non senza pochi sforzi il frontman ricompone la formazione. Ciononostante, nel 1990 i Nova Generatsia suonano al festival Songs di Berlino, guadagnandosi l’apprezzamento del pubblico.

Fanzine dedicata alla band, edizione speciale del maggio 1991 che annuncia l’uscita del nuovo album

Nel 1991 esce la prima musicassetta, intitolata Forever, che comprende anche un paio di brani in un convincente inglese, The Caravan of Souls e Joyful Company. Contiene inoltre quello che è il pezzo in assoluto più rappresentativo del gruppo, Patriotična pesen (“Canzone patriottica”). Si tratta di un titolo volutamente ironico: il testo è infatti una spietata critica sociale, con tanto di chiari riferimenti a personaggi storici, che raggiunge il suo apice nel ritornello.

Noi siamo il prodotto malato
del nostro tempo e del vostro lavoro.
Prefabbricati urbani destini vuoti,
con le mutande abbassate е le teste chine.
Per la vergogna.

Ние сме болен продукт
на своето време и вашия труд.
Градски устроени празни съдби,
със смъкнати гащи, навели глави.
От срам.

Sempre nel 1991, Voev si schiera apertamente a favore delle proteste ecologiste che animano la città settentrionale di Ruse contro l’inquinamento proveniente da Giurgiu, centro romeno sulla sponda opposta del Danubio. Per supportare le manifestazioni e l’ekoglasnost il musicista organizza il primo concerto rock della neonata Repubblica di Bulgaria, l’Eko-rock Fest Spasete Ruse (“Salvate Ruse”). Dodici ore di musica dal vivo in cui tutte le maggiori band del paese suonano a titolo gratuito, nei pressi della frontiera tra Bulgaria e Romania.

Quando non è sul palco il leader dei Nova Generatsia conduce una vita del tutto tranquilla e priva di eccessi. Nel mentre infatti sposa la fotografa Neli Nedeva-Voeva – a cui si devono le numerose, iconiche testimonianze che ritraggono Voev e la band – e i due hanno una figlia, Magdalena. L’anno seguente, il 1992, vede l’entrata di Simeon Voev nel gruppo e la ripubblicazione dell’album Forever con due nuove canzoni: Muha (“Mosca”) e Skorpionite tancuvat sami (“Gli scorpioni danzano da soli”).

Amo soltanto te,
i tuoi lunghi aghi,
che trafiggono soltanto me,
scorpione dai violetti lineamenti.

Tu pensi al veleno dentro di me.
Qualcuno te l’ha detto, vero?
Se vuoi credere a loro,
vattene dalla mia strada!

Danzano gli scorpioni
i propri giochi oscuri.
Veleno non hanno loro,
vieni e non spaventarti.

Обичам само теб,
твоите дълги игли.
Пронизващи само мен,
скорпион с лилави черти.

Ти мислиш за отровата в мен.
Някой ти е казал, нали?
Ако искаш да вярваш на тях,
махни се от пътя ми!

Танцуват скорпионите
своите мрачни игри.
Отрова нямат те,
ела и не се плаши.

L’eredità di Dimităr Voev

Tra i primi di maggio e fine luglio 1992 a Sofia si tengono quelle che si riveleranno le ultime esibizioni dal vivo di Dimităr Voev, il quale da un po’ di tempo lamenta frequenti e lancinanti dolori alla testa e alla gola. Quando finalmente riesce a farsi fare una risonanza magnetica in ospedale, in piena estate, la prognosi non gli lascia scampo. Fino all’ultimo continua a pensare al nuovo album – dal profetico titolo Otvăd smărtta (“Oltre la morte”) – e alla moglie, che da pochi mesi ha scoperto di essere nuovamente incinta.

Dimitar Voev nel suo penultimo concerto del maggio 1992 (Evgeni Dimitrov/BulFoto)

Voev muore il 5 settembre 1992, a ventisette anni, non senza aver lasciato un segno indelebile nella musica, letteratura e scena culturale bulgara lacerata dalla transizione. La secondogenita Dimitra nascerà cinque mesi dopo, nel 1993. Oltre alle canzoni, il leader dei Nova Generatsia consegna ai posteri dodici quaderni carichi di annotazioni, riflessioni e soprattutto poesie inedite. Nel 2021, a quasi trent’anni dalla scomparsa del musicista, la figlia minore cura la pubblicazione della prima raccolta che propone l’opera di Voev in versione integrale, arricchita dagli scatti della madre Neli Nedeva-Voeva.

Noi siamo per sempre la nuova generazione
con i sanguinanti occhi di dolore e sofferenza.
Sappiamo che per noi non ci sarà risarcimento
e vomitiamo sulla speranza in giorni migliori.


Le traduzioni in italiano dei brani sono di Giorgia Spadoni.

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Giorgia Spadoni
Giorgia Spadoni

Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di letteratura, storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, dove ha conseguito la laurea in traduzione presso l'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot. Collabora con varie case editrici e viaggia a est con Kukushka tours.