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“Libro senza nome” di Shushan Avagyan. Alcuni spunti di riflessione

Come si evince già dall’elaborata copertina della recente prima edizione italiana, Libro senza nome di Shushan Avagyan, uscito per Utopia nella traduzione di Minas Lourian, è un’opera di stampo introspettivo e metaletterario. Con uno stile sperimentale unico, la scrittrice e traduttrice armena riflette sulla letteratura, la traduzione e su come l’ideologia politica influenzi la memoria degli autori del passato.

In Libro senza nome (uscito come samizdat a Erevan nel 2006) Avagyan, infatti, racconta il processo che l’ha portata a (ri)scoprire la vita e le opere di Shushanik Kurghinian (1876-1927) e Zabel Yesayan (1878-1943?), due autrici dalle idee femministe troppo progressiste per il tempo in cui vissero e per questo finite nell’oblio.

Le protagoniste di Libro senza nome: Shushanik Kurghinian e Zabel Yesayan

Shushanik Kurganian, nata nell’attuale città armena di Gyumri, scrisse opere poetiche altamente rivoluzionarie incentrate sulla tutela dei diritti delle donne. La sua opera (poesie e prosa) le costò la persecuzione delle autorità zariste e la portò a fuggire a Rostov sul Don per evitare la deportazione in Siberia. Tornò in Armenia nel 1921, dopo la conquista del paese da parte dell’Armata Rossa. In epoca sovietica, la natura femminista dei suoi lavori venne ignorata, mentre le opere dedicate alla classe operaia divennero strumento della propaganda del regime. Per questo, quando l’Armenia riacquistò l’indipendenza nel 1991, nella narrazione nazionale venne descritta come “poeta proletaria” e dimenticata.

Zabel Yesayan era un’autrice di prosa, traduttrice e professoressa di letteratura originaria di Costantinopoli (oggi Istanbul). Sopravvisse al genocidio armeno nel 1915, fuggendo in Bulgaria e contribuendo poi a raccontarne le brutali dinamiche. Nel 1926, si trasferì nell’Armenia sovietica dove non scampò alle persecuzioni staliniane. Nel 1937, durante le grandi purghe, venne tacciata di nazionalismo e arrestata. Si presume che venne assassinata dalle autorità sovietiche nel 1943.

Il libro può essere letto in vari modi.

E alcuni consentono di inghiottire rapidamente le parole, volando sopra le pagine.

(p. 93)

Shushan Avagyan, nata a Erevan nel 1976 è una delle voci più acclamate della narrativa armena contemporanea. I suoi romanzi hanno suscitato interesse internazionale, soprattutto nel mondo anglofono e sono in corso di pubblicazione nel catalogo di Utopia.

Libro Senza Nome nasce dal periodo in cui Avagyan traduceva le poesie di Kurganian in inglese. Questo la portò a immaginare un incontro – probabilmente mai avvenuto – tra le due autrici a Erevan nel 1926 (unico anno in cui vissero nello stesso luogo). A ciò, si sovrappone un dialogo tra la scrittrice stessa e Lara, l’amica con cui stava conducendo una ricerca di archivio su Kurganian. Ne nasce un doppio dialogo, in uno stile ibrido tra poesia e prosa capace al contempo di ammaliare e respingere il lettore.

Erevan mattino.

Le vie sono bagnate, è il rito notturno dei lavastrade.

Tutto è chiuso, la gente dorme ancora.

Un momento di autenticità.

(p. 55)

Libro senza nome ridà voce alle due donne dimenticate attraverso frammenti, estratti di dialoghi, cartoline immaginarie e citazioni sparse di esponenti della letteratura armena e mondiale. Si tratta di un’opera colta in cui, come sottolinea ironicamente la stessa Avagyan in uno dei passaggi del libro, è facile perdersi “irrimediabilmente”.

Se questa fosse la prefazione del libro, scriverei le prime righe in modo diverso.

Forse così:

Caro lettore, prima di continuare, raccomando la massima attenzione. Molti si sono irrimediabilmente persi tra le pagine di questo libretto velenoso.

(p. 95)

Fortunatamente per noi, il traduttore Minas Lourian ha incluso nell’edizione italiana un’introduzione e una guida alla lettura opera della collega Deanna Cachoian-Schanz che aveva tradotto il libro in inglese. Consultando costantemente questi due testi, il lettore riesce a cogliere i riferimenti e Libro senza Nome diventa una sorta di passepartout alla vita di due autrici dimenticate e alla letteratura armena in generale.

Leggi tutti i nostri articoli sull’Armenia.

Libro senza nome di Shushan Avagyan, traduzione di Minas Lourian, Utopia Editore, 2024.

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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.