Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:
IBAN IT73P0548412500CC0561000940
Banca Civibank
Intestato a Meridiano 13
Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.
Non è una Tbilisi da cartolina, quella de Il campo delle pere di Nana Ekvtimishvili. I balconi in legno intagliato e gli eleganti palazzi d’inizio Novecento della capitale georgiana non si spingono fino a via Kerč, nel mikroraioni di Gldani. La prima linea della metropolitana si interrompe al teatro Akhmeteli, e da quella fermata, soffocata dalle merci di un bazaar improvvisato, iniziano i quattro chilometri quadrati del più grande quartiere pianificato della Tbilisi sovietica – costruito per dare una casa agli operai di una città che, negli anni Settanta, aveva da poco superato il milione di abitanti.
Nel 1991, alla vigilia dell’indipendenza e della guerra civile, Gldani è una città dentro la città di quasi 150mila abitanti. Una seconda fermata della metropolitana promessa dalle autorità sovietiche non sarebbe mai arrivata, e il visionario progetto del suo giovane architetto ventisettenne, Temur Bochorishvili, non fu mai attuato fino in fondo: dei ponti sospesi pedonali sul viale centrale del quartiere, ispirati al Ponte Vecchio di Firenze, ne fu completato uno soltanto. Così, i mikroraionebi rimasero separati tra loro da una grossa arteria del traffico, creando varie enclaves dentro un’enclave già poco collegata col resto della città.
È in questo contesto urbanistico che il caos degli anni Novanta si abbatte sugli orfani della Scuola-convitto di sostegno per bambini con disabilità mentali. Le poche insegnanti e la dirigente di questo istituto accolgono come possono, in un edificio che fa acqua da tutte le parti, soprattutto figli che i genitori non possono più mantenere, stigmatizzati da tutti come “i ritardati”.
Lela, la protagonista, è un’alunna fuori tempo massimo. Ha già compiuto diciott’anni ma nessuno, al convitto, ha il coraggio di mandarla via. Orfana per davvero, Lela vive una vita sospesa, a metà tra il fare da educatrice ai suoi compagni più giovani e qualche piccolo lavoretto per la scuola stessa, in cambio di due spicci da spendere in sigarette sfuse.
Per lei, lasciare Gldani significherebbe prendere il mare aperto. Dopo una vita trascorsa solo tra le aule fatiscenti, il dormitorio, la mensa dalle pareti pastello e il sinistro campo delle pere oltre il cortile, Tbilisi, e la Georgia tutta, sono terra incognita. Per questo, la sua vita si protende in avanti come da un balcone senza parapetti né il coraggio di saltare.
Benché dimenticati dai genitori, dallo Stato e destinati a una vita ai margini, i bambini di via Kerč, la strada che “non ha eroi”, di eroi ne hanno eccome. Ben presto, imparano che le mura del convitto e i suoi adulti non li difenderanno dalla violenza di strada, e che possono contare solo sul proprio innato senso di comunità. Uniti da un’identità fortissima, saranno capaci tanto di grandi gesti di affetto e condivisione, quanto di crimini efferati. Anche quando la fortuna sembrerà salvare alcuni di loro da un futuro senza speranze, sarà proprio il fiero senso di appartenenza a prevalere, rimescolando le carte.
Lela vive le dinamiche confuse e contraddittorie del suo convitto e dei palazzi vicini a cuore anestetizzato, pronta a tutto e capace di tutto, ormai insensibile al dolore. Simbolo di una generazione, quella dell’autrice stessa, a cui è stata rubata l’infanzia dalla shock therapy e dalle faide politiche, Il campo delle pere è un romanzo delicatissimo, cinematografico e pieno di colpi di scena inaspettati, che dà voce ai ricordi sepolti di un Paese oggi, come allora, di nuovo in crisi davanti a un futuro incerto.
Come ne La discarica di Iva Pezuashvili (2022), Voland ripropone autori georgiani contemporanei che tornano a indagare il decennio buio degli anni Novanta, segnato da conflitti sanguinosi e profonde trasformazioni economiche e sociali. Un decennio chiave per capire la complessità e le spaccature del presente, dalla situazione in certi casi ancora precaria dei profughi delle guerre di Abcasia e Ossezia del Sud, alle spinte nazionaliste, fino all’emorragia di migliaia di donne e uomini emigrati in Grecia, Turchia e oltre in cerca di un lavoro.
Ma c’è molto oltre alla violenza, agli inverni senza riscaldamento e alle lampade a olio per illuminare le case, che tanti conservano ancora appese a un muro. A una lettura più profonda, dagli anni Novanta emerge anche una straordinaria solidarietà umana che la Tbilisi contemporanea, nei minuscoli appartamenti in grattacieli cinesi di periferia, sta vedendo progressivamente sfumare sotto i colpi di una società in crescita economica, ma più individualista.
Nana Ekvtimishvili, già regista di alcuni film presentati alla Berlinale, indaga di nuovo il tema, con la prospettiva di una ragazza adolescente lanciata senza paracadute in un mondo violento e senza filtri. Come già Eka e Natia nella bellissima pellicola In bloom (2013), di ispirazione autobiografica, anche ne Il campo delle pere Lela si ritrova a dover crescere in fretta, covando vendette e segreti indicibili, tra adulti assenti o in crisi, che le affidano compiti troppo grandi per la sua età.
A dare il lustro al testo di una storia semplice solo in apparenza, ma in realtà profondamente stratificata, è la penna poetica di Ruska Jorjoliani (che Meridiano 13 aveva intervistato). Originaria di Mestia, in Svaneti, da bambina è stata profuga di Abcasia. Già autrice di La tua presenza è come una città (Corrimano Edizioni, 2015) e di Tre vivi, tre morti (Voland, 2020), Jorjoliani ha finalmente iniziato a tradurre in italiano letteratura georgiana contemporanea. Oltre a Il campo delle pere (2022), sempre per Voland ha tradotto La discarica di Iva Pezuashvili (2022).
* È un’autrice che scrive di viaggi, cura il blog painderoute.it e la linea viaggi kukushkatours.it. Dal 2019 organizza e accompagna viaggi nei Balcani, in Caucaso, Asia Centrale e Sud-Occidentale. È esperta di minoranze etniche dell’ex Urss e di patrimonio artistico e architettonico sovietico. È autrice, insieme a Angelo Zinna, dei podcastCemento (2019-2021) e Kult (2023). Ha scritto Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici (Enrico Damiani Editore 2020).
Il campo delle pere di Nana Ekvtimishvili, traduzione di Ruska Jorjoliani, Voland Edizioni, 2022.