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Quando si parla di diritti della comunità LGBTQ+ nella Federazione Russa, solitamente si tende a fare riferimento a quanto è accaduto, e tuttora accade, in Cecenia, dove vige un sistema repressivo con tanto di esecuzioni extragiudiziali.
Negli ultimi anni hanno fatto scalpore i reportage della giornalista Elena Milašina (che ha abbandonato la Russia tre settimane prima dell’invasione russa dell’Ucraina a causa delle minacce ricevute) e in particolare il suo articolo long-form “Omicidio d’onore”, pubblicato su Novaja Gazeta nell’aprile 2017.
Nel 2020 il giornalista e documentarista David France ha invece prodotto per HBO il film documentario Welcome to Chechnya, mostrando vere e proprie operazioni di salvataggio di persone LGBTQ+ vittime di abusi e torture nella repubblica caucasica. Le riprese sono reali ma alcuni volti sono stati modificati tramite tecnica del deep fake al fine di tutelare l’identità dei protagonisti.
Nonostante la Cecenia rappresenti un’oasi di violenza e illegalità, il resto della Federazione Russa non si distingue per la propria tolleranza e la politica verso la comunità LGBTQ+ rappresenta sotto molti aspetti l’applicazione di quanto viene propagandato dai partiti di (estrema) destra europei, che non a caso hanno sempre ammirato Vladimir Putin. A conferma di ciò, il 7 giugno l’Assemblea legislativa della città di Sebastopoli (città autonoma della penisola di Crimea, illegalmente annessa dalla Russia nel 2014) ha depositato un disegno di legge che, tramite degli emendamenti al Codice dei Reati Amministrativi, mira a vietare la “propaganda di relazioni non tradizionali”. Si tratta essenzialmente di un ampliamento della legge del 2013 135-FЗ che già vieta la “propaganda” nei confronti dei minori. Se questo disegno di legge venisse approvato, il divieto verrebbe esteso anche alla popolazione adulta.
Chiaramente è necessario comprendere cosa si intenda per propaganda e questo viene specificato all’articolo 6.21 del Codice dei reati amministrativi nella seguente maniera:
La propaganda di relazioni sessuali non tradizionali tra minori attraverso la diffusione di informazioni mirate alla formazione di modelli sessuali non tradizionali tra minori, la diffusione della promozione delle relazioni sessuali non tradizionali, la diffusione di una rappresentazione distorta dell’ uguaglianza a livello sociale delle relazioni sessuali tradizionali e non tradizionali, ovvero l’imposizione di informazioni in merito alle relazioni sessuali non tradizionali che richiamino interesse verso tali relazioni, salvo che questi fatti non costituiscano reato, viene punita con […]
Dalla nota esplicativa del disegno di legge del 2013, depositato presso la Duma di Stato dall’Assemblea legislativa della regione di Novosibirsk, si possono apprendere le ragioni che spinsero i deputati siberiani a proporre di vietare per la prima volta la “propaganda gay” a livello federale. Innanzitutto, “la propaganda di relazioni non tradizionali è particolarmente pericolosa per i bambini e la gioventù in quanto essi non sono capaci di valutare in maniera critica la valanga di informazioni che viene riversata su di loro ogni giorno”. Lo scopo della legge era quindi quello di proteggerli dalla “influenza della propaganda omosessuale”. Per fare ciò era dunque necessario vietare “azioni dirette alla popolarizzazione dell’omosessualità” in quanto queste informazioni “sono in grado di danneggiare la salute e lo sviluppo morale e spirituale”.
Il nuovo disegno di legge
A dieci anni dall’adozione della prima legge federale, i deputati di Sebastopoli, e in particolare il deputato Aleksej Klimov, si sono resi conto che, nonostante “uno dei principi di uno stato democratico sia la necessità di una ragionevole tutela dei diritti delle minoranze”, allo stesso tempo “le minacce derivanti dall’imposizione di standard altrui, che intaccano lo stile di vita universalmente accettato nell’ambito della famiglia e del matrimonio, costringono a preoccuparsi della difesa della cultura della maggioranza, anche attraverso l’introduzione di ulteriori regole”. Infatti, la diffusione delle proprie convinzioni e preferenze “non dovrebbe violare la dignità degli altri individui e mettere in dubbio la morale sociale nella concezione esistente nella società russa”. Quest’ultima citazione è tratta dalla sentenza della Corte costituzionale della Federazione Russa con cui è stata riconosciuta la costituzionalità della legge sulla “propaganda di relazioni non tradizionali” del 2013.
Il nuovo progetto di legge è stato discusso per dieci minuti dall’Assemblea regionale di Sebastopoli prima di essere approvato con 14 voti a favore, uno contrario e tre astensioni. Durante la sua esposizione, il deputato iniziatore ha spiegato perché si tratti di un disegno di legge rilevante, soffermandosi su due punti principali. Innanzitutto, Klimov ha fatto riferimento all’attuale situazione geopolitica e al ruolo di Sebastopoli e dei suoi cittadini che sono “le fondamenta dell’integrità territoriale della Federazione Russa”; proprio in virtù di ciò è importante, secondo il deputato, che sia proprio Sebastopoli a difendere anche i valori culturali e morali russi. In secondo luogo, Klimov ha fatto riferimento agli emendamenti alla Costituzione approvati nel 2020 che prevedono, oltre alla protezione del ruolo materno e paterno, della famiglia e dell’infanzia, il riconoscimento del matrimonio come unione tra uomo e donna (articolo 72 comma 1-ž), apparentemente insidiato dalla comunità queer.
Alla domanda della deputata Ekaterina Bubnova (anch’essa membro del partito Russia Unita) sul perché proprio l’Assemblea legislativa di Sebastopoli si debba occupare di questi temi, Klimov ha dichiarato che in questo momento la Federazione Russa sta subendo un attentato alla sua integrità territoriale e ai suoi valori e questa legge rappresenta una barriera protettiva contro l’attacco di “una parte della comunità mondiale”. Durante il suo intervento la deputata ha definito il disegno di legge populista e ha dichiarato che non rientra sicuramente tra i temi sociali urgenti che dovrebbero essere trattati dall’assemblea regionale.
Ritornando alla legge del 2013, i dati ufficiali parlano di 86 casi totali esaminati dai tribunali russi e 26 condanne definitive tra il 2016 e il 2021, numeri non particolarmente significativi. Tuttavia, come più volte dichiarato dai rappresentanti delle organizzazioni LGBTQ+ russe, il senso della legge non sta nel testo ma nel contesto. Così come la legislazione sugli agenti stranieri (anch’essa risalente nella sua prima formulazione al 2013) non è veramente volta ad assicurare la trasparenza dei fondi esteri ricevuti da organizzazioni e individui ma punta a creare diffidenza e sfiducia nei confronti dei media indipendenti, giornalisti, avvocati che si occupano di diritti umani e altri gruppi parte della società civile russa, allo stesso modo la legge sulla “propaganda gay” del 2013 e il suo “aggiornamento” del 2022 mirano a fomentare il clima discriminatorio e d’odio nei confronti della comunità queer russa. Detto ciò, la legislazione attuale rende anche molto più difficile per le organizzazioni interagire con i minori i quali, invece, avrebbero bisogno di supporto: bullismo, discriminazione e violenza infatti iniziano già a scuola, sui social media e anche a casa.
Come già detto in precedenza, nel 2014 la Corte costituzionale russa ha riconosciuto la costituzionalità della legge e, oltre a sottolineare che la diffusione di informazione “neutra” riguardante le relazioni omosessuali da parte di psicologi ed educatori non ricade nell’ambito della propaganda, ha affermato che le norme non sono discriminatorie in quanto non ledono il principio di autodeterminazione della persona (dimenticandosi però della libertà d’espressione). Proprio a causa della violazione della libertà d’espressione, tutelata dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha dichiarato discriminatoria la legge 135-FЗ che è però rimasta in vigore. La decisione dei giudici europei non è stata unanime e infatti alla sentenza finale è allegata l’opinione dissenziente del giudice russo Dmitrij Dedov che ha sostenuto la precedenza della vita privata del bambino rispetto al diritto d’espressione dell’individuo. La potenziale estensione della legge anche agli adulti prevista dal nuovo disegno di legge renderebbe questa giustificazione inutilizzabile. Tuttavia, l’espulsione della Russia dal Consiglio d’Europa rende impossibile sapere quale sarebbe stata la posizione del giudice Dedov qualora la legge fosse stata presentata nella sua versione “aggiornata”.
Il parere degli esperti
Alcune organizzazioni LGBTQ+ russe come Sfera o Majak hanno pubblicato delle dichiarazioni in risposta a questo nuovo progetto di legge. Uno degli avvocati intervistati da Majak, associazione basata a Vladivostok, afferma che, nonostante la precedente decisione della Corte costituzionale garantisca che la diffusione di “informazioni neutre” riguardanti “relazioni non tradizionali” non sia punibile, il rafforzamento della legislazione concede alle autorità una maggiore discrezione nel decidere cosa rappresenti una violazione e cosa invece no. Nella breve riassunto del nuovo progetto di legge e delle sue implicazioni pubblicato su Sfera viene invece fatto notare che, se la legge venisse approvata, non sarà più sufficiente apporre il simbolo +18 e le organizzazioni LGBTQ+ rimaste saranno con ogni probabilità obbligate a chiudere.
Tra chi ha accettato di parlare con noi di questo nuovo progetto di legge, c’è il giornalista russo Karen Šainjan che sul suo canale YouTube (qui la versione inglese) si è occupato a lungo e dettagliatamente della comunità queer russa, pubblicando anche una serie di video (girati fuori da Mosca e San Pietroburgo) intitolata Kvirografia. L’inizio dell’invasione russa in Ucraina il 24 febbraio e la decisione di lasciare la Federazione per recarsi a Berlino hanno però spinto Karen ad abbandonare questi temi, almeno temporaneamente, e occuparsi principalmente della guerra che, con la sua enormità, ha preso il sopravvento su ogni altro tema. Le bombe, ha affermato il giornalista russo, non distruggono solamente le città ucraine ma anche tutti i progetti culturali, educativi e artistici che si erano sviluppati in Russia negli ultimi 20 anni, compresi quelli riguardanti la comunità LGBTQ+ e del nostro intervistato. L’eventuale adozione di questo disegno di legge rappresenterebbe, ha riconosciuto Karen, solo un piccolo tassello in un contesto decisamente più ampio e drammatico.
La conseguenza della piega presa dagli avvenimenti in Russia è che, con ogni probabilità, si smetterà di parlare dei problemi e delle vicende della comunità queer russa. Il linguaggio è potere e chi ne detiene il controllo può decidere cosa può “esistere” e cosa no. Togliendo alla comunità LGBTQ+ il diritto (o perlomeno minacciando di farlo) di parlare di se stessi apertamente e senza dover temere di essere accusati di fare propaganda, le autorità costringono gli individui a rinunciare alla (poca) libertà ottenuta nel corso degli ultimi 20 anni, non grazie a concessioni dall’alto ma grazie alla costruzione di una rete di organizzazioni e attivisti. Come già anticipava Karen, la vicenda della comunità queer è solo una piccola parte del sistematico smantellamento della società civile russa.
Alle nostre domande ha risposto anche l’organizzazione pietroburghese Vychod (letteralmente “uscita” ma con riferimento all’inglese coming out). Secondo il direttore dell’organizzazione, Aleksandr Voronov, le conseguenze in caso di approvazione del disegno di legge potrebbero essere di due tipi. Nel primo caso verrà utilizzata come strumento di pressione nei confronti della comunità LGBTQ+ e l’utilizzo effettivo sarà minimo così come accade con la legge attualmente in vigore. Nel secondo caso invece potrebbe verificarsi, come accade ora per simboli legati alla guerra o all’Ucraina, una applicazione sistematica (una borsa arcobaleno potrebbe essere considerata strumento di propaganda). Al momento è più probabile che in caso di adozione la legge venga utilizzata indirettamente, e, in caso di applicazione diretta, colpirebbe sopratutto organizzazioni e attivisti che si espongono pubblicamente. La speranza dell’organizzazione pietroburghese è che anche nel peggiore degli scenari questa legge non vada a influire sulla vita dei cittadini non direttamente coinvolti nell’attivismo.
Secondo il nostro intervistato non si tratta di una misura ideata dai “piani alti” ma è una prova di fedeltà da parte delle autorità regionali, ben accetta in questa fase della storia russa in cui tutto ciò che è considerato occidentale (diritti LGBTQ+) viene visto come alieno alla cultura russa. “Infatti”, sostiene Voronov, “se l’intenzione fosse quella di reprimere il movimento queer, ci sarebbero metodi molto più veloci ed efficaci”. “In caso di approvazione”, conclude il direttore dell’organizzazione, “sarebbe peggio per tutti: LGBTIQ+ e non. Lo stato si riserverebbe infatti il diritto di entrare nel letto e nell’intimità dei cittadini russi”.
Roman Musatkin ha collaborato alla stesura di questo articolo
Laureato in Russian and Eurasian Studies alla Università Carolina di Praga e in Lingue e Letterature Straniere all'Università Cattolica, brevemente studente alla NSPU di Novosibirsk. Si interessa principalmente di ambiente, attivismo politico, diritti umani, società civile e libertà di informazione in Russia e Asia Centrale. Precedentemente ha collaborato con Scomodo e East Journal.