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Il 1° novembre scorso una pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad, in ristrutturazione come parte del più ampio progetto di rinnovamento della linea ferroviaria Belgrado-Budapest, è crollata, provocando la morte di 15 persone. La tragedia e le violenze esercitate contro gli studenti durante momenti di commemorazione delle vittime hanno alimentato il malcontento dei cittadini serbi, che ogni venerdì alle 11:52 bloccano le strade e fermano la circolazione per 15 minuti.
Gli stessi studenti, sostenuti da centinaia di professori, hanno occupato tutte le facoltà del paese e dato vita alle più grandi proteste in Serbia dai tempi di Slobodan Milošević. Con il passare delle settimane le manifestazioni sono cresciute sempre più, fino alla grande protesta del 23 dicembre scorso che ha visto 100mila persone in piazza.
Per capire meglio i motivi e le prospettive politiche di queste proteste abbiamo intervistato Anastazija Govedarica Antanasijević, studentessa dell’Università di Belgrado e giornalista di Mašina, portale di informazione che si occupa di diritti dei lavoratori, lotte sindacali e movimenti sociali in Serbia.
Da più di un mese gli studenti e le studentesse delle scuole e delle università della Serbia scendono in piazza. A loro si sono uniti anche agricoltori e altri settori del mondo del lavoro. Quali sono le principali richieste dei manifestanti?
A iniziare i blocchi sono stati gli studenti della Facoltà di Arti Drammatiche di Belgrado (FDU) per chiedere al ministero degli Interni (MUP) di presentare accuse penali contro coloro che avevano aggredito fisicamente studenti e professori. L’identità di questi aggressori, già riportate dai media, devono ancora essere confermate dal ministero.
Gli studenti stanno inoltre chiedendo l’identificazione e punizioni appropriate per i membri dei gruppi organizzati coinvolti negli attacchi, le cui identità restano ancora sconosciute. Se uno di questi individui ricopre cariche pubbliche, gli studenti ne chiedono l’immediata rimozione. Nel tempo la lista degli aggressori è cresciuta. Dagli iniziali cinque sono diventati circa venti coloro che hanno assaltato studenti di varie facoltà durante le proteste.
Pochi giorni dopo che gli studenti della FDU hanno annunciato le loro richieste e dato via ai blocchi. Altre facoltà si sono unite al movimento. Da allora tutte le facoltà sostengono pienamente le richieste della FDU. In più, viene chiesta la pubblicazione di tutta la documentazione relativa alla ricostruzione della stazione ferroviaria di Novi Sad, dove è avvenuta la tragedia quattro mesi dopo la sua inaugurazione, a tre anni dall’inizio dei lavori. Gli studenti chiedono anche l’archiviazione delle accuse contro i colleghi arrestati durante le proteste e un aumento del 20% dei fondi pubblici per le università.
Come sono organizzate le proteste in Serbia? Si tratta di mobilitazioni spontanee o ci sono organizzazioni politiche che le supportano?
Gli studenti sono completamente auto-organizzati e straordinariamente connessi tra loro. Fin dall’inizio hanno aderito ai principi della democrazia diretta, assicurando che ognuno abbia voce e diritto di esprimere la propria opinione. Anche se ricevono supporto da vari gruppi, prendono continuamente le distanze da qualsiasi associazione, partito o organizzazione politica. Non ci sono leader delle proteste. Nelle loro università, gli studenti organizzano quotidianamente assemblee plenarie (plenum) in cui vengono prese decisioni che dopo vengono coordinate con tutte le altre facoltà. Gli studenti sono inoltre divisi in gruppi di lavoro con rotazione dei membri.
Non ci sono partiti politici dietro queste proteste, anche se il governo sta provando a convincere i suoi elettori di questo. Gli studenti spesso prendono in giro queste accuse che risalgono agli anni Novanta e alle manifestazioni contro Milošević. Anche se i partiti di opposizione sostengono le proteste, gli studenti hanno ripetutamente preso le distanze da qualsiasi collaborazione o associazione con loro o con altre organizzazioni. L’unico aiuto che accettano è dai cittadini.
Nessuna singola ideologia politica guida gli studenti. Spesso dicono ai media che non sono contro il governo ma che cercano di garantire che “i responsabili siano ritenuti responsabili”. Si tratta di giovani che hanno trascorso quasi tutta la loro vita sotto lo stesso regime e sono semplicemente stufi. Ciò che rappresentano sembra idealistico ma a giudicare dalla loro organizzazione finora, per loro questi principi sono lontani dall’essere una fantasia.
Qual è stata la risposta del governo di fronte alle proteste? Ci sono stati tentativi di dialogo o solo interventi repressivi?
Gli studenti hanno presentato le loro richieste alle istituzioni competenti. Forse, la maggiore attenzione è stata data loro dal presidente della Serbia Aleksandar Vučić, anche se inizialmente ha deriso i blocchi e le proteste. Man mano che le manifestazioni si allargavano, ha però cominciato a offrire “prestiti vantaggiosi” per appartamenti per i giovani, promettendo che avrebbe soddisfatto le loro richieste e così via. Gli studenti hanno risposto dicendo che nessuno gli aveva chiesto nulla e le strade risuonano ancora di cori come “non vogliamo prestiti, vogliamo giustizia”.
Il procuratore capo, Zagorka Dolovac, ha invitato gli studenti per un “confronto” dopo una protesta di fronte il suo ufficio, ma gli studenti hanno risposto che “non ci sarebbero state trattative”. Ciò che chiedono alle istituzioni è che facciano il loro lavoro e questo non è negoziabile. In un incontro a Niš, nel sud della Serbia, il ministro dell’Educazione Slavica Đukić Dejanović è stata accolta dagli studenti con fischi e slogan come “Vogliamo giustizia”. Invece di impegnarsi in una discussione con loro, il ministro ha immediatamente concluso il meeting e in seguito ha definito gli studenti “aggressivi”.
Il governo ha smesso di ricorrere a misure repressive come la brutalità della polizia. Tuttavia, gli studenti continuano ad affrontare minacce alla loro sicurezza. Stanno ricevendo telefonate intimidatorie e sono stati convocati per essere interrogati dalla Security Information Agency (BIA). I documenti personali di alcuni studenti sono trapelati ai tabloid e quotidianamente questi organi di stampa filogovernativi diffondono varie accuse e informazioni private su di loro.
Oltre che dai media, gli studenti sono costantemente presi di mira dai politici. Questi provano a etichettare alcuni studenti come “leader delle proteste” e screditarli, ma è lì che continuano a fallire. Le proteste scoppiate in Serbia sono così difficili da reprimere proprio per questa ragione: non ci sono leader né organizzazioni. E ogni volta che le autorità provano a intimidire con nuove misure, i cittadini diventano ancora più arrabbiati e determinati a resistere.
Da circa un decennio assistiamo a imponenti proteste in Serbia contro il Partito Progressista Serbo e il presidente Aleksandar Vučić. Quali sono i collegamenti tra queste mobilitazioni e in cosa differiscono?
Una delle principali forze dietro le proteste è stata l’opposizione a ciò che è percepito come un crescente autoritarismo sotto la leadership di Vučić. Questo governo ha minato le istituzioni democratiche, limitato la libertà di stampa e soffocato l’opposizione politica. Il controllo di Vučić e la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso media filogovernativi ha alimentato le proteste di gruppi che sostengono la libertà di espressione e una stampa indipendente. Mentre i partiti politici hanno normalmente supportato le proteste, gli studenti, in particolare, hanno preso le distanze da qualsiasi diretta affiliazione politica. Questo è un altro motivo di speranza per i cittadini serbi: che queste proteste sono guidate dai giovani.
I politici li hanno traditi troppe volte. Mentre le proteste precedenti erano più incentrate su questioni specifiche, come quelle riguardanti l’ambiente (come ad esempio le manifestazioni contro Rio Tinto), le mobilitazioni recenti hanno incluso una gamma più ampia di richieste. L’attenzione si è spostata dalle singole politiche alla sfida alle fondamenta del potere di Vučić e del dominio del suo partito. A Novi Sad è stato particolarmente straziante perché sarebbe potuto capitare a ognuno di noi. “Siamo tutti sotto la pensilina“ è una frase che non ha cessato di risuonare dal 1° novembre.
Qual è la prospettiva di questi movimenti nel breve e medio periodo? Le proteste possono raggiungere risultati concreti?
Sebbene gli studenti stiano semplicemente sostenendo il funzionamento delle istituzioni e lo stato di diritto, le loro richieste sono strutturate in modo tale che, se soddisfatte, questo governo non potrebbe sopravvivere. Molti esperti ritengono che se tutta la documentazione relativa alla ricostruzione della stazione di Novi Sad fosse resa pubblica, rivelerebbe senza dubbio la corruzione che coinvolge anche i livelli più alti del governo. Per questo la richiesta è così importante.
Le richieste relative al ritiro delle accuse contro i cittadini che protestano, così come quelle sull’arresto dei responsabili degli incidenti durante le proteste e degli attacchi agli studenti e ai professori, sembrano del tutto plausibili. Tuttavia, questo è ancora lontano dall’idea del governo, in quanto eroderebbe ulteriormente la fiducia nei membri del suo partito.
Gli studenti hanno intrapreso una lotta che potrebbe potenzialmente portare alla caduta di questo governo. Non possono però avere successo senza che tutti i cittadini della Serbia si uniscano a loro e diano vita a uno sciopero generale. Sindacati e studenti ne parlano già da tempo. Una delle recenti proteste ha portato in piazza 100mila persone, tutto grazie agli studenti. Non sembra impossibile ma i cittadini serbi avranno lo stesso coraggio degli studenti? Dobbiamo aspettare e vedere nel prossimo futuro.
Allargando lo sguardo, la politica estera multipolare della Serbia influenza le proteste? C’è una connessione tra il malcontento e la politica estera del governo?
L’equilibrio tra la Serbia e altri attori come Unione Europea, Russia e Cina ha creato un ambiente di tensioni geopolitiche. I cittadini sentono che la Serbia è intrappolata tra interessi in competizione e potrebbero vedere questo come parte di un più ampio fallimento del governo. Le proteste non riguardano solo questioni interne come la corruzione e la libertà politica ma anche la posizione della Serbia nel mondo e la sua futura traiettoria.
Le proteste a cui stiamo assistendo ora non sono influenzate principalmente dalla politica estera del paese. Tuttavia, la realizzazione di un’inchiesta è fortemente influenzata dalle relazioni tra la Cina e la Serbia. L’esecuzione dei lavori sul progetto per la costruzione dell’alta velocità tra Belgrado e Budapest, inclusa la ricostruzione della stazione ferroviaria di Novi Sad, è stata affidata al consorzio cinese comprendente la China Railway International e la China Communications Construction Company.
La linea Belgrado-Budapest rappresenta un progetto infrastrutturale basato su contratti conclusi sulla base di accordi intergovernativi tra la Serbia e la Cina. Questi contratti non sono soggetti alla legge sugli appalti pubblici, che prevede l’obbligo di indire gare d’appalto per selezionare il miglior offerente. Gli accordi con i partner cinesi vengono conclusi attraverso una negoziazione diretta. Nel gennaio 2024, il ministero ha dichiarato che “i partner cinesi non desiderano rivelare i dettagli del contratto”, posizione che mantengono tuttora.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.