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I laghi del Kazakhstan tra inquinamento e iperturismo

Il Kazakhstan è per antonomasia una terra di steppe e deserti sconfinati, ma non solo. Sul territorio di questo enorme paese ci sono tre dei laghi più grandi del mondo – il Mar Caspio, il Lago d’Aral e il Balqaš – e migliaia di specchi d’acqua più piccoli. Tra questi, a nord della capitale Astana, troviamo il meraviglioso Burabay e l’inusuale Kobeytuz, un lago rosa.

I laghi del Kazakhstan (così come i fiumi del paese) sono purtroppo accomunati da problemi ambientali che sembrano destinati a peggiorare con l’avanzare del cambiamento climatico.

I laghi del Kazakhstan e i problemi ambientali

Partiamo dal più vasto tra i laghi del Kazakhstan (e del mondo): il Mar Caspio. Il livello delle sue acque sta calando da anni, principalmente a causa dell’aumento dell’evaporazione e delle temperature che provocano una riduzione dell’afflusso del fiume Volga nel Mar Caspio (ne ha scritto Claudia Bettiol in questo articolo). Tra i cinque stati rivieraschi: Russia, Azerbaigian, Iran, Turkmenistan e, appunto, Kazakhstan, tra i quali non c’è un accordo su come gestire quella che pare essere una crisi ambientale solo ai suoi inizi. 

Della catastrofe del lago d’Aral si è scritto molto (consigliamo al riguardo la lettura di questo estratto del libro di Tino Mantarro, Nostalgistan). A partire dagli anni Cinquanta, l’uso dell’acqua dei fiumi immissari del lago – l’Amu Darya e il Syr Darya –  per la coltivazione intensiva del cotone portò alla progressiva prosciugamento dell’Aral. Dove un tempo c’era acqua, oggi è rimasto un deserto, l’Aralkum, coperto da uno strato di sale periodicamente sollevato da forti venti e respirato, con conseguenze nefaste, dagli abitanti della zona.

Negli ultimi mesi, tuttavia, da questo fronte arrivano anche buone notizie. Dal 2005 una diga divide l’Aral settentrionale o “Piccolo Aral” (in territorio kazako) dal resto del lago. Questo ha consentito la rinascita di quello che corrisponde a meno del 5% dello specchio d’acqua originale e negli ultimi due anni, grazie a una migliore gestione delle acque dell’Amu Darya, la crescita ha raggiunto cifre record.  

Leggi la storia di Vozroždenije, l’isola sul lago d’Aral che in epoca sovietica ospitava un laboratorio per sviluppare e testare armi biologiche e batteriologiche. 

Preoccupa anche il destino del Balqaš, un enorme lago salmastro – il nono più grande del mondo – a nord di Almaty, la principale città del Kazakhstan. Il livello delle sue acque è in diminuzione da decenni per motivi simili a quelli del lago d’Aral: l’uso intensivo delle acque dei suoi sette immissari per l’agricoltura. La situazione si è aggravata di recente con la costruzione di una centrale idroelettrica in territorio cinese sul fiume Ili. Inoltre, dopo il referendum dell’ottobre 2024, sulle rive del Balqaš è prevista la costruzione di una centrale nucleare.

…e quelli dei piccoli laghi

Anche se l’impatto non può essere paragonato a quello dei tre grandi laghi del Kazakhstan che abbiamo menzionato, lo stato di due specchi d’acqua nel nord del paese suscita in egual modo preoccupazione.

Il Burabay è una meta di destinazione vacanziera fin dall’epoca sovietica. Si trova all’interno di un parco nazionale circondato da una foresta. Tuttavia, la sua popolarità, fonte importante di entrate per la popolazione locale, è anche causa di inquinamento tanto delle acque del lago quanto delle sue vicinanze. Puntualmente ogni estate, infatti, i mucchi di spazzatura riempono i boschi della zona suscitando indignazione.

Il lago Burabay in inverno (Meridiano 13/Aleksej Tilman)

Quella del Kobeytuz è invece storia recente. Nel 2019 il microbiologo e deputato del consiglio comunale di Astana, Miras Shekenov, ha scoperto che il lago assume una particolare tonalità rosa durante la stagione calda a causa dall’alga Dunaliella Salina.

La scoperta ha fatto del lago un’attrazione turistica locale. E tra il giugno e il luglio 2020 con il rilassamento dei lockdown c’è stata una vera e propria corsa a fotografarsi nel lago, a un paio d’ore da Astana.

L’improvvisa popolarità del Kobeytuz ne ha anche segnato il destino. In poche settimane le sue sponde si sono coperte di spazzatura, mentre molti visitatori raccoglievano secchi di sale che giace sul fondale per usarlo e rivenderlo. Nello stesso periodo si erano, infatti, diffuse voci sugli effetti curativi dello stesso contro il coronavirus. Dragare il fondo del lago rischiava, però, di far scomparire il fenomeno dell’acqua rosa che ha reso il Kobeytuz così popolare. Per questo motivo, il ministero dell’Ambiente ha vietato l’accesso all’area.

Secondo gli esperti ci vorranno 10-15 anni prima che il lago si riprenda da questa devastazione che però ha avuto anche effetti edificanti.

Di fronte all’inciviltà dei compatrioti responsabili della devastazione del lago, tanti kazaki si sono indignati sui social network. Particolare scalpore ha destato l’immagine di un fuoristrada parcheggiato direttamente in acqua. Grazie alle segnalazioni dei cittadini, l’autista del mezzo è stato multato e costretto a scusarsi pubblicamente.

Nel frattempo, l’amministrazione dell’oblast’ di Akmolinsk, la regione dove si trova il Kobeytuz, ha indetto un concorso per affidarne la gestione a un privato per 49 anni. In questo modo, la zona dovrebbe diventare “un’area ricreativa” ed essere preservata da un qualcuno che abbia interesse a sfruttarla come destinazione turistica.

Il Kazakhstan è una terra dove l’impatto dell’uomo ha avuto storicamente conseguenze particolarmente catastrofiche. Questa breve carrellata sui laghi del paese conferma quanto la zona sia delicata e quanto sia importante preservarla tanto dall’inquinamento quanto dall’iperturismo.

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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.