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Il testo seguente è un estratto della rielaborazione di precedenti lavori dell’autore, Stefano Pisu, sul tema delle coproduzioni cinematografiche italo-sovietiche, tra cui il volume La cortina di celluloide. Il cinema italo-sovietico nella Guerra fredda, Mimesis, Milano 2019.
I primi spunti di collaborazione italo-sovietici
Le prime tracce documentarie circa una possibile cooperazione cinematografica italo-sovietica mirata alla produzione congiunta di un film risalgono al 1934. In seguito alla fortunata partecipazione dell’Urss alla seconda edizione della Mostra di Venezia, la società Pittaluga – la principale casa di produzione e distribuzione cinematografica italiana dell’epoca – inviò a Mosca una proposta di collaborazione italo-sovietica che prevedeva anche la realizzazione di film in coproduzione. La proposta rimase lettera morta ma testimonia l’interesse dell’industria italiana del settore per la cinematografia sovietica […], che tornò a galla solo alla fine dell’estate del 1953, ovvero pochi mesi dopo la morte di Stalin. […] All’inizio del 1954 fu siglato un pionieristico accordo interstatale che prevedeva lo scambio di cinque film sulla base di reciprocità e libera scelta.
Nell’ottobre 1956, qualche giorno prima della repressione violenta della rivolta ungherese, si tenne a Mosca e Leningrado la “Settimana del cinema italiano in Urss”, come previsto dall’accordo di scambio del 1954, dove il ministero della Cultura dell’Urss intavolò delle trattative con i produttori italiani Carlo Ponti e Franco Cristaldi. Il primo aveva proposto la realizzazione congiunta o dell’adattamento de Le tre sorelle di Anton Čechov, o di un film sulla sfortunata spedizione al Polo Nord dell’esploratore italiano Umberto Nobile e sul salvataggio effettuato dalla nave rompighiaccio sovietica Krasin. Le negoziazioni non si concretizzarono in accordi, ma il secondo progetto condusse, alla fine degli anni Sessanta, alla realizzazione de La tenda rossa di Michail Kalatozov, grazie alla sinergia fra la Vides cinematografica di Franco Cristaldi e la Mosfilm.
Nel 1958 una nuova proposta giunse sul tavolo del ministero della Cultura dell’Urss. Il cineasta Alessandro Blasetti chiese il permesso di girare in territorio sovietico, a sue spese, alcune scene del suo prossimo film con una troupe di quattordici persone. […] Il film in questione era Europa di notte (1958) che però non presenta immagini girate in Urss: ciò significa quasi certamente che la trasferta di Blasetti in Unione Sovietica non si concretizzò, ma è comunque interessante notare come venisse sottolineato in particolare l’aspetto economico dell’iniziativa. I precedenti del 1956 e del 1958, malgrado non abbiano condotto alla coproduzione di film, mostrano come le relazioni cinematografiche italo-sovietiche fossero oramai quasi pronte a una nuova tappa: dopo diversi tentativi nel campo dell’esportazione e importazione reciproca, della promozione dei propri film tramite il circuito dei festival e dopo alcuni sforzi di regolare lo scambio dei film, si giunse a sperimentare una cooperazione diretta nella produzione. […]
Nel marzo 1961 il PCI inviò al ministero della Cultura dell’Urss alcune proposte di coproduzione cinematografica con società private italiane, fra cui quello che sarebbe stato poi il film di De Santis. La proposta di coproduzione partiva dalla constatazione della rinnovata “importanza sociale, culturale, economica” che stava allora acquisendo il cinema in Italia. […] Si rimarcava un aspetto fondamentale delle coproduzioni, ossia il target vasto, transnazionale, che quelle avrebbero dovuto avere. Questa tipologia di prodotto, nata dalla collaborazione fra cinematografie antagoniste a Hollywood, avrebbe dovuto concorrere con quest’ultima in popolarità e redditività.
Verso i fiorenti anni Settanta
Il primo lungometraggio a soggetto realizzato in coproduzione fra l’Italia e l’Urss fu Italiani brava gente (edizione sovietica Oni šli na vostok) di Giuseppe De Santis, uscito nel 1964. […] Il film tratta la campagna militare italiana in Urss durante la Seconda guerra mondiale (1941-1943), attraverso una serie di episodi con protagonisti alcuni militari italiani nelle loro relazioni coi tedeschi e soprattutto coi sovietici. La realizzazione del film fu resa possibile da diversi fattori: la diretta intercessione politica del PCI del 1961, le ambizioni propriamente cinematografiche del cineasta comunista De Santis e il suo ruolo di mediatore fra i due ambienti artistici, nonché gli obiettivi economici – e in parte culturali – del produttore italiano Nello Santi […]. Le discussioni fra De Santis e i sovietici sulla sceneggiatura e sul montaggio fanno emergere anche la questione dei transfer culturali e della negoziazione dei diversi patrimoni narrativi e simbolici nazionali nella scrittura dei film in coproduzione, ancor più se dedicati come in questo caso alla memoria della Seconda guerra mondiale. L’intervento finanziario americano a monte del progetto, dovuto al ruolo di distributore svolto da Joseph Levine, rivela come da subito le coproduzioni cinematografiche italo-sovietiche si fossero servite della presenza statunitense in diversi aspetti fondamentali del processo di produzione e diffusione di quelle opere nei mercati internazionali. Quell’intervento spiega anche la partecipazione nel film di Peter Falk e George Kennedy, attori americani utili alla circolazione del prodotto oltreoceano.
Nella seconda metà degli anni Sessanta la realizzazione delle coproduzioni fu favorita da alcuni provvedimenti giuridico-organizzativi. Il 30 gennaio 1967 fu siglato l’accordo intergovernativo di collaborazione cinematografica fra i due paesi, mentre nel dicembre 1968 fu costituita la Sovinfilm, organismo dipendente dal Comitato statale per la cinematografia (Goskino) e creato per ottimizzare le coproduzioni e facilitare lo scambio di forniture di servizi di produzione con le società straniere. Non è un caso che in seguito a questi provvedimenti si ebbe il picco delle coproduzioni italo-sovietiche. Nel 1969 uscì, infatti, La tenda rossa (Krasnaja palatka) di Michail Kalatozov che racconta l’impresa del generale Umberto Nobile al comando del dirigibile “Italia”, schiantatosi al Polo Nord nel 1928 e il cui equipaggio fu in parte salvato dall’intervento umanitario dell’Urss. […] La lavorazione su La tenda rossa – e in particolare l’arrivo in Urss per le riprese di star come Claudia Cardinale e dell’“agente 007” Sean Connery – fu sapientemente promossa sulla stampa nazionale ed estera, creando una forte aspettativa ripagata, in seguito, da un certo successo nelle sale italiane e straniere.
Il 1970 può essere considerato l’anno in cui quella cooperazione raggiunse il suo apice. Nella primavera uscì I girasoli (Podsolnuchi) girato da Vittorio De Sica sulla sceneggiatura di Cesare Zavattini, Tonino Guerra e del sovietico Georgij Mdivani, e interpretato da Sofia Loren e Marcello Mastroianni. […] Se, da un lato, questo fu il film di maggiore successo fra quelli realizzati in collaborazione fra i due paesi, va anche detto che la collaborazione fu molto meno intensa rispetto alle altre: l’Urss, infatti, fornì solamente dei servizi per le riprese nel proprio territorio, mentre l’opera fu formalmente una coproduzione italo-francese. […] Il film provocò un’aspra controversia legata al tema dei militari italiani tenuti prigionieri in Urss e di quelli dispersi. […] Mosca boicottò la première romana dopo aver annullato quella moscovita, ma il film fu comunque proiettato anche in Urss, dove riscosse un notevole successo.
Sempre nel 1970 uscì Waterloo di Sergej Bondarčuk, realizzato in coproduzione fra la Mosfilm e lo studio di Dino De Laurentiis, che esordiva in questo modo nella collaborazione con l’Urss. […] De Laurentiis coinvolse un cast internazionale di tutto rispetto e si garantì la distribuzione internazionale grazie all’accordo con le hollywoodiane Columbia e Paramount. Fu la coproduzione italo-sovietica più ambiziosa e più costosa: l’Urss mobilitò 12mila comparse per tre mesi consecutivi, con una spesa totale che superò i 17 miliardi di lire. Fu anche il film che più deluse dal punto di vista degli incassi […]. Nel biennio 1970-71 il Kgb e i settori più conservatori del Pcus si scagliarono contro la proliferazione delle coproduzioni con l’Italia accusando: una scarsa attenzione al versante ideologico dei film a favore di opere più “borghesi”; il fatto che i film mettessero in cattiva luce la stessa Unione sovietica dal punto di vista politico e sociale; una limitata convenienza finanziaria delle iniziative; il rischio che i cineasti sovietici impegnati nei film con i colleghi stranieri potessero essere corrotti quando si trovavano all’estero per le riprese, con il conseguente pericolo per la sicurezza del paese. Le critiche condussero il Goskino a sospendere le negoziazioni in corso coi produttori italiani per diversi progetti, fra cui quello di un film con Alberto Sordi che prendeva spunto dalla recente costruzione dello stabilimento automobilistico a Togliattigrad. Questo intervento, volto a limitare l’eccessiva disinvoltura degli organi cinematografici sovietici, mostra uno dei limiti della cooperazione fra l’Urss e l’Occidente in un campo in cui gli aspetti culturali, politico-ideologici ed economici, erano indissolubilmente intrecciati. Ciò spiega perché non furono poi firmati accordi per nuove coproduzioni fino alla primavera del 1973. […] La successiva ripresa della collaborazione fra l’Italia e l’Urss – sullo sfondo della grande distensione internazionale – portò all’uscita nel 1974 di Una matta, matta, matta corsa in Russia, girato dal maestro della commedia satirica sovietica El’dar Rjazanov, con la co-sceneggiatura degli italiani Castellano e Pipolo. […] Il film ha avuto un destino opposto nei due paesi: mentre in Italia è rimasto praticamente sconosciuto, con un incasso fallimentare, in Urss è diventato un classico della comicità, se non un autentico film di culto entrato a far parte del patrimonio della cultura popolare sovietica prima, e russa poi. […]
L’ultima coproduzione realizzata negli anni Settanta fu La vita è bella (Žizn’ prekrasna), girato da Grigorij Čuchraj e coprodotto dalla Mosfilm con la Quattro Cavalli Cinematografica e Nello Santi, tornato a collaborare coi sovietici dopo il fallimento delle trattative del 1970. Protagonisti del film sono Giancarlo Giannini e Ornella Muti. Il tema del film – l’opposizione clandestina al regime autoritario di uno stato del sud facilmente identificabile con il Portogallo prima della “rivoluzione dei garofani” – portava la cooperazione cinematografica italo-sovietica su un terreno scivoloso, come quello della dittatura, dell’opposizione clandestina e della rivoluzione in un contesto meridionale, a pochi anni dalla fine di alcuni regimi autoritari nel sud Europa. La delicatezza del tema comportò grosse difficoltà a trovare dei produttori stranieri interessati a finanziare la realizzazione. L’esame delle diverse sceneggiature susseguitesi mostra chiaramente il peso della stagione terroristica degli anni Settanta, in Italia e a livello internazionale, nella scrittura del film e le difficoltà di rappresentare un movimento rivoluzionario sì, ma lontano dall’uso della violenza politica.
Gli anni Ottanta e la “nostalgia” di Tarkovskij
La successiva opera sarebbe stata la doppia coproduzione trilaterale italo-sovietico-messicana Krasnye Kolokola [Campane Rosse], girate da Sergej Bondarčuk e che ruotano attorno alla figura di John Reed. Il primo film – Messico in fiamme – è dedicato alla rivoluzione messicana e uscì nel 1982. Il secondo fu pronto nel 1983: si tratta di Ja videl roždenie novogo mira [Ho visto la nascita di un nuovo mondo], ma la cui edizione italiana è intitolata I dieci giorni che sconvolsero il mondo, secondo il titolo del celebra racconto-resoconto scritto da Reed e dedicato alla Rivoluzione d’ottobre, di cui fu testimone. […]
Sempre nel 1983 uscì un altro film nato dalla collaborazione, molto più artistica e spontanea che burocratico-produttiva, fra rappresentanti dei due Paesi. Andrej Tarkovskij realizzò, infatti, Nostalgia che al festival di Cannes dello stesso anno conquistò il premio per la migliore regia, il premio Fipresci e il premio della Giuria ecumenica.
Come ha affermato Tonino Guerra, co-sceneggiatore del film: “Nostalgia è nato sulla base del primo progetto focalizzato sul viaggio di Tarkovskij in Italia. Quando Andrej è tornato e abbiamo iniziato a lavorare gli ho fatto conoscere in modo approfondito il paese, modificando così l’idea iniziale”. Dalla condivisione delle riflessioni fra Guerra e Tarkovskij nacque quindi il progetto di Nostalgia”. […] Il viaggio di Tarkovskij in Italia diventerà la prima tappa della fine della sua carriera, e della sua stessa esistenza, lontano dall’amata Russia ma al contempo dalla molto meno amata burocrazia cinematografica sovietica. Dopo essersi visto negare il permesso di restare in Italia ancora qualche anno dopo l’uscita di Nostalgia, nel 1984 Tarkovskij annunciò a Milano che non sarebbe più tornato in Urss e, dopo la realizzazione in Svezia di Sacrificio nel 1986, morì di cancro ai polmoni alla fine dello stesso anno. Dal punto di vista produttivo l’esperienza di Nostalgia introduce nuovi elementi alla più generale storia della cooperazione cinematografica fra i due paesi: oltre al fatto che non si tratta di una reale coproduzione ufficiale, va registrato il coinvolgimento della Rai e la partecipazione della Opera Film Produzione di Renzo Rossellini e Manolo Bolognini.
La fine della Guerra Fredda e gli anni Novanta
Gli ultimi due film nati dalla collaborazione cinematografica fra l’Italia e l’Unione Sovietica sono entrambi opere di Nikita Michalkov: Oci ciornie (1987) e Avtostop (1990). […]
Oci ciornie è una produzione italiana, girata in italiano, con una troupe essenzialmente italiana. Le riprese del film, durate fino alla fine del 1986, si svolsero a Leningrado e Kostroma, poi in Italia. Michalkov stese la sceneggiatura con Aleksandr Adabachian e con Suso Cecchi d’Amico. […] In Russia Michalkov afferma che con Oci ciornie intende “girare un film russo nel quale si sentiranno le radici della nostra cultura nazionale” e che la pellicola sarà vista dai suoi concittadini. In realtà, la maggior parte di quelli non avrà accesso al lungometraggio, e molti di quelli che lo vedranno respingeranno questa “russitudine” considerata non autentica, da cartolina, che tanto piacerà invece in Occidente. […] È un film destinato soprattutto al pubblico e alla critica occidentale.
Nel 1990 Michalkov ripeté l’esperienza della collaborazione con l’Italia. La Fiat – che cooperava con l’Urss da decenni – gli aveva commissionato un cortometraggio pubblicitario per promuovere il lancio della nuova Tempra in occasione di una convention a Marrakech rivolta ai rivenditori internazionali e organizzata. Con il budget assegnato il cineasta riuscì a realizzare anche un mediometraggio di 53 minuti dal titolo Avtostop, la cui edizione italiana è invece intitolata Elegia russa, scritto insieme a Rustam Ibragimbekov. […] La trama è più che altro un pretesto per evidenziare le qualità dell’automobile e dal punto di vista narrativo il lirismo del film rischia di scivolare nello stereotipo dell’incontro fra l’occidentale – portatore di modernità ma che ha perso il senso della vita autentica – e l’esotismo delle genti russe – semplici e legate in modo istintivo alla propria natura, come mostrato dalla scelta finale della donna di partorire fra la neve del bosco.
Il film, proiettato al festival di Montreal, subì delle critiche in patria proprio per le eccessive concessioni offerte al pubblico straniero, così come era stato in parte anche nel caso di Oci ciornie. […] Si tratta dell’ultimo film coprodotto fra l’Italia e l’Urss che rivela continuità e fratture di quella pratica quasi quarantennale, ma che, a livello progettuale, era nata già negli anni Trenta. Una novità di fondo stava nelle case di produzione coinvolte, che furono tre: l’italiana Gamma Film, la svizzera Stylos e la sovietica Tritè […]. L’abolizione formale della censura anche nel cinema nel 1990 aveva liberalizzato completamente la creazione cinematografica sebbene al contempo fosse già iniziato un processo di riduzione sempre maggiore degli investimenti pubblici nell’industria, viste le gravi difficoltà economiche attraversate dalla perestrojka gorbačeviana. […]
Le motivazioni economico-commerciali dietro il progetto – in questo caso la promozione della Fiat – non possono però essere viste soltanto come un elemento di novità. Se l’interesse dell’imprenditoria cinematografica italiana a sfruttare la collaborazione con l’industria sovietica della settima arte è stato già sottolineato, va ugualmente evidenziata la volontà, in parte speculare, delle autorità di Mosca, nonostante gli interventi del Kgb mostrino le diverse posizioni espresse in Urss rispetto a quella pratica. È certo vero che per il Cremlino le coproduzioni furono uno degli strumenti con cui si manifestò l’internazionalismo sovietico in campo cinematografico. Si trattava di un tentativo di soft power, sia in termini “offensivi”, ovvero come manifestazione a bassa intensità dell’aspirazione globale del socialismo, sia dal punto di vista del prestigio internazionale con cui le coproduzioni avrebbero potuto migliorare l’immagine della superpotenza sovietica nel blocco occidentale, soprattutto negli anni della coesistenza – pacifica ma competitiva – chruščeviana e della distensione brežneviana. Tuttavia, le coproduzioni, insieme ai film stranieri importati sempre di più a partire dagli anni Sessanta, costituivano anche una parte rilevante del successo commerciale del settore cinematografico in Urss, cui i dirigenti sovietici miravano. Un successo che poteva essere implementato anche dal fattore tecnologico: se si esaminano i contratti di coproduzione, la parte italiana si impegnò sempre a mettere a disposizione la pellicola e a occuparsi del lavoro di sviluppo e stampa nei propri stabilimenti. Il risultato fu per i sovietici quello di garantire una maggiore qualità dei propri film sotto l’aspetto tecnico e una maggiore attrazione per lo stesso pubblico in Urss.
Al di là delle molteplici ragioni che condussero l’Italia e l’Unione sovietica a impegnarsi in questa laboriosa attività e degli esiti differenti cui giunse, resta storicamente una volontà di negoziazione fra l’Urss e un paese che rimase sempre un fedele alleato della Nato: è forse, pur con i suoi limiti, l’atto in sé della cooperazione e la conseguente migliore conoscenza reciproca a costituire il metro con cui valutare dal punto di vista storico quella complessa esperienza.
Per approfondire, leggere anche l’articolo a firma dell’autore Perché vedere e studiare il cinema russo, pubblicato sulla rivista Il Mulino (con cui collaboriamo) lo scorso aprile.