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Da quindici anni, ogni 29 ottobre, si svolge in Russia e in tutto il mondo “La restituzione dei nomi”, un evento dedicato alla memoria delle vittime della repressione politica in Unione Sovietica, in particolare quelle staliniane, organizzato dall’associazione Memorial (riconosciuta dal Cremlino prima come “agente straniero” e poi liquidata nel dicembre 2021), che quest’anno ha ricevuto il Premio Nobel per la pace insieme all’attivista bielorusso Ales’ Bjaljacki e al Centro per le libertà civili ucraino.
Questa manifestazione, ormai nota in molte città del mondo, nel 2022 acquista un significato ancora più importante perché le vittime innocenti sono in continuo aumento a causa dei conflitti in corso e della guerra in Ucraina.
“Il 2022 è un anno di nuove catastrofi, di nuove vittime; un anno in cui sembrerebbe più importante ricordare chi muore adesso e discutere di come porre fine alla tragedia che sta avvenendo sotto i nostri occhi. Abbiamo però la certezza che “La restituzione dei nomi” sia fondamentale anche in questo momento. Questa iniziativa ci ricorda infatti un principio basilare, su cui non possono esserci dubbi: non c’è niente di più prezioso della vita umana e lo stato non ha il diritto di uccidere le persone. Né nel 1937 né nel 2022. E quante più sono le persone che credono in questo principio, tanto più è probabile che la catastrofe venga fermata e non si ripeta in futuro.” – Memorial Italia
Commemorare le vittime innocenti
Quindici anni fa, il 29 ottobre 2007, nel 70° anniversario del Grande Terrore, si è tenuta la prima grande iniziativa della restituzione dei nomi (vosvraščenje imen) per ricordare le vittime del terrore di Stato. L’evento si è svolto in una data simbolo e in un luogo altrettanto simbolico: alla vigilia del 30 ottobre – Giornata civile dei prigionieri politici dell’Urss, istituita dai prigionieri dei campi politici sovietici nel 1974, e Giornata nazionale di commemorazione delle vittime del terrore, istituita nel 1991 – presso la “pietra delle Solovki”, monumento che si trova a Mosca, in piazza Lubjanka, davanti al palazzo sede del quartier generale del FSB – un tempo KGB – dove venivano concepiti e impartiti gli ordini di arresto.
“La restituzione dei nomi” si svolge da allora in molte città di diversi paesi e vede solitamente la partecipazione di decine di migliaia di persone. Anche nei due anni di pandemia, l’iniziativa non si è interrotta: la trasmissione in diretta, che prima avveniva solo dalla “pietra delle Solovki” di Mosca, ha iniziato a diffondersi in tre continenti. La memoria del terrore, delle sue vittime e della resistenza alla violenza di Stato, una memoria la cui stessa conservazione è diventata resistenza fin dai primi anni del governo bolscevico, è oggi più attuale che mai.
La lettura consiste nel leggere ad alta voce il nome e cognome (e il patronimico, quando c’è), l’età, la data e il luogo di nascita, la data e la causa dell’arresto (quando è nota) e di morte della vittima; si possono anche aggiungere altri dati biografici, se noti, o se si tratta di un parente/conoscente. Si può leggere in russo, in italiano, in inglese o in qualsiasi altra lingua: l’importante è ricordare i nomi di coloro che sono stati torturati e uccisi per ragioni politiche.
“La restituzione dei nomi” nel mondo
Quest’anno, però, in Russia la manifestazione è stata vietata: le autorità non hanno permesso la manifestazione (come nei due anni precedenti), facendo riferimento alla “situazione epidemiologica” e al divieto di organizzare eventi pubblici.
A tal proposito, come riportato dal portale dei diritti umani OVD-Info, a Velikij Novgorod la polizia ha arrestato un attivista che si era recato in piazza per ricordare le vittime della repressione staliniana: Michail Chimarov, il quale aveva avvertito in anticipo il suo avvocato della possibile detenzione, è stato rilasciato dopo che alcuni agenti hanno cercato di ottenere spiegazioni in merito alla pubblicazione di un suo articolo su Internet, spiegazione che l’uomo si è rifiutato di dare, citando l’articolo 51 della Costituzione, che dà il diritto di non testimoniare contro se stesso.
Tutto ciò non ha impedito all’associazione Memorial e ai suoi rappresentanti nel mondo di organizzare delle letture dei nomi altrove e di trasmetterle in diretta.
A Berlino, ad esempio, la commemorazione si è svolta sabato 29 ottobre, presso il monumento alle vittime dello stalinismo nel quartiere di Charlottenburg. A Vilnius, in Lituania, l’evento è durato un’ora e mezza, come riferito dal portale Volna/Litva su Telegram, dove sono stati letti i nomi di 900 persone nate nella capitale lituana e uccise durante il Grande Terrore.
“Non ho percepito un’atmosfera cupa e pesante. È un’iniziativa che riguarda la memoria”, ha dichiarato Maksim Poljakov, cofondatore del portale.
Memorial Italia e “La restituzione dei nomi” a Venezia
In Italia “La restituzione dei nomi” si è tenuta a Venezia, in un luogo particolarmente simbolico: nel giardino pubblico all’esterno del padiglione Russia della Biennale, ora chiuso. A fare da sfondo una copia della “pietra delle Solovki” realizzata dall’artista australiana nata in Urss Nina Sanadze, e davanti alla quale i lettori hanno potuto deporre fiori e candele in memoria delle vittime.
Tra i principali organizzatori che hanno reso possibile questa iniziativa, Andrea Gullotta, professore di letteratura russa all’Università di Palermo e presidente di Memorial Italia, e Giulia De Florio, ricercatrice presso l’Università di Parma.
Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.