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Mondiale 1982: Polonia-Perù, una partita da dentro o fuori

di Alberto Bertolotto*

Dalla sfida con il Camerun a quella con il Perù trascorrono solo 48 ore di riposo. Due giorni per riflettere, per constatare cosa non è andato e quali migliorie apportare a una formazione il cui rendimento è stato sotto le aspettative. Piechniczek vive momenti da incubo, è nell’occhio del ciclone. Gli fa compagnia Zbigniew Boniek, il biancorosso più accusato da parte della critica: viene ritenuto uno dei principali artefici dell’avvio negativo della nazionale ai mondiali. Non solo i media – che l’accusano di pensare ormai alle lire e alla Juventus – ma anche il commissario tecnico punta il dito contro di lui. “Può fare meglio” tuona il 39enne slesiano, che allarga le colpe anche a un altro elemento: “Contro il Camerun non ci è però mancato soltanto lui: anche Szarmach non c’era, abbiamo giocato in nove. Credevo di essere venuto in Spagna con una squadra senza portiere, mi ritrovo con un portiere senza squadra”. Dichiarazioni pesanti, che fanno emergere del tutto un aspetto noto ai più durante il soggiorno iberico: l’avversione dell’allenatore nei confronti del “Diavolo”, forse convocato più per riconoscenza per il suo contributo nelle qualificazioni mondiali più che per un motivo tecnico-tattico. Il trainer ce l’ha con il gruppo, insomma, e pure viceversa. Anche i calciatori non risparmiano critiche al proprio condottiero. Żmuda, riflettendo in relazione alla partita con il Camerun, sostiene che “a un certo punto ci siamo trovati con un undici completamente sballato, sono venuti totalmente a mancare i collegamenti tra difesa e attacco: è stato un errore non sostituire Matysik”. Quando una formazione non si esprime al top la colpa, come spesso capita, è di tutti. Le reciproche accuse lo confermano. Le analisi hanno entrambe un fondo di verità e portano a scaldare la vigilia. Circolano tante voci: lo spogliatoio è contro il trainer che a molti pareva pronto a fare le valigie, in attesa di essere esonerato dopo il match con il Camerun. Boniek sembra andare verso l’esclusione dagli undici titolari nel match con il Perù. In poche parole: vige un vero e proprio caos, molto impegnativo da governare.

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Roberto Beccantini, sulla Gazzetta dello Sport, descrive perfettamente l’aria che si respira nel ritiro dei Polacchi all’Hotel Portocobo di Santa Cruz di La Coruña a ventiquattro ore dell’incontro con i sudamericani. “Porte rigorosamente chiuse e atmosfera da complotto. Sei ombre intorno al tavolo: da una parte Piechniczek, dall’altra Żmuda, Janas, Dziuba, Boniek, Lato. L’allenatore e cinque della commissione interna. Mezz’ora di bisbigli, prima l’analisi e poi le promesse: tante come sempre, al termine nessun comunicato. Inutile approfondire. Questa volta la cortina è proprio di ferro. La vigilia della Polonia comincia così. Sotto un cielo grigio e triste come il gioco della squadra. In un clima risorgimentale o la va o la spacca. Battere il Perù oppure preparare le valigie. La matematica non ha cuore. A un amico Piechniczek ha “regalato” questa frase: «Mi aspetto una notte terribile». Ci sarebbe poco da aggiungere. Ma c’è da dire che permangono i dubbi sull’utilizzo di Boniek: si sostiene che, dalle parti di Varsavia, non sia più amato come un tempo. Zibì ha firmato prima dei 30 anni per un club occidentale. Un aspetto che, ai piani alti, non è stato così gradito. Il “Rosso”, in caso di eliminazione, sembra essere il perfetto capro espiatorio. “Ancora non so se farlo giocare” interviene sul “caso” il ct. Anche il capitano Żmuda dice la sua, intromettendosi in questioni tatti che: “Se decidono di impiegarlo che lo avanzino di qualche metro”. Ancora benzina su una vigilia infuocata. Come sta, invece, il Perù, cui basta un pari per proseguire l’avventura mondiale? Sicuramente meglio dei Polacchi. Il rivale si allena a venti chilometri da La Coruña in un’oasi di relax. Sussistono alcuni dubbi legati a chi giocherà a Vigo ma non è nulla in confronto a ciò che si vive all’hotel Portocobo. Il commissario tecnico dei sudamericani, il brasiliano Tim, sembra addirittura godersi la vigilia. È noto per le sue dichiarazioni ardite e, a 24 ore dal match, non si smentisce. “Con la Polonia vinceremo abbastanza facilmente – attacca –. So che non l’abbiamo fatto con Camerun e Italia ma saneremo la lacuna con i nostri prossimi avversari. La formazione? Non verrà modificata (non sarà così, nda). Giocheremo per tutti i 90’ all’attacco per cercare la vittoria”.

Mondiale 1982: una fase di gioco
Un’immagine della gara (foto twitter)

È il 22 giugno, è il giorno della partita. Przegląd Sportowy riassume la situazione con un titolo che non lascia scampo a equivoci: “Ultima chance, battere il Perù o tornare a casa”. Per questo il pre-gara è decisamente concitato per i biało-czerwoni. L’intera comitiva viene svegliata alle 7 dal presidente della Pzpn Włodzimierz Reczek. La squadra è sorpresa da questa scelta. Ai giocatori viene ordinato di indossare l’abito ufficiale e di trovarsi in una sala dell’hotel. Sono costretti a cantare l’inno nazionale e, tutti in piedi, ascoltano ciò che è stato detto di loro in patria negli ultimi giorni. Una situazione surreale. Racconta Żmuda: «Un dirigente della Federcalcio afferma che dovevamo vincere perché le nostre famiglie stanno passando un brutto momento, sono in coda per il cibo. Al che qualcuno si alzò in piedi e disse: “Non è colpa nostra se in Polonia sta succedendo tutto questo”». L’atmosfera, come si capisce, è tesa. In patria proseguono le difficoltà legate allo “Stan wojenny”, lo złoty ha un valore modesto sul mercato, mancano tanti generi di prima necessità e non solo. Un fatto testimonia quest’ultimo aspetto. Ed è strettamente collegato anche alla scarsa fiducia che si ripone sulla nazionale polacca. Prima dell’incontro con il Perù, i funzionari appresso alla selezione si recano nei mercati galiziani per comprare banane, arance, limoni: frutta che nel proprio Paese non si trova. Manca la forza economica per importarla. Prodotti così sono considerati beni di lusso. E sono da acquistare adesso perché loro sono convinti che l’avventura spagnola termini con la gara con il Perù. «Io, invece, ero rimasto tranquillo nella mia stanza – affermerà poi Boniek –. E mentre pulivo le scarpe dicevo tra me e me che era arrivato il momento di vincere una partita». Arrivano le 17.15 e allo stadio Riazor è tempo della sfida da dentro o fuori. I giocatori, schierati in fila, ascoltano nuovamente l’inno. Sono concentrati, non si vede un sorriso. Piechniczek, a livello di formazione, sembra aver dato ascolto a Żmuda e pure a Tomaszewski, critico nei suoi confronti dopo il match con l’Italia. Boniek c’è ed è schierato in attacco. È lui a sostituire Iwan, il cui mondiale si è chiuso per l’infortunio subìto nel match con il Camerun. Il ct si è convinto a spostarlo qualche metro più avanti. Anni dopo si dirà che sia stato lo spogliatoio a imporre il cambio. L’altra modifica (che si rivelerà decisiva) si registra in mezzo al campo. La Polonia si schiera sempre con il 4-3-3 ma, con l’avanzamento del “Rosso”, trova spazio un uomo d’ordine, forse necessario alla squadra: scocca l’ora di Janusz Kupcewicz, regista dell’Arka Gdynia, uno che fa correre il pallone. Al suo fianco si sistemano due corridori come Matysik e Buncol. Davanti, con Boniek punta centrale, vengono impiegati Lato e Smolarek. Dietro è tutto confermato: Młynarczyk in porta, linea difensiva con Majewski, Żmuda, Janas e Jałocha. Anche il Perù cambia: Tim lascia fuori gli attaccanti Barbadillo e Uribe. Quest’ultimo è considerato un grande calciatore in Sudamerica, il migliore dopo Zico e Maradona. Dopo il Mundial si trasferirà in Italia nel Cagliari mentre Barbadillo andrà all’Avellino. Non sono esclusioni di poco conto. Anche Tim gioca d’azzardo, insomma. Spettatori interessati al match Italia e Camerun, in campo l’indomani.

Si comincia e la Polonia, dopo aver rischiato (palo di Diaz al 9’), si sblocca. “Comincia la polka – scrive Beccantini sulla Gazzetta dello Sport –. Aggredisce l’avversario, sostenuta dalla velocità di Smolarek e dalla verve di Boniek. All’11’ Smolarek si divora un gol che sembrava fatto (assist di Buncol), quindi Jałocha chiama alla deviazione Quiroga, infine il “Rosso” segna con uno splendido pallonetto ma l’arbitro annulla per fuorigioco di Smolarek, parso a molti in posizione ininfluente nella dinamica dell’azione. Non è finita: al 34’ Kupczewicz fallisce di testa una ghiotta occasione; al 37’ Boniek, servito sempre da uno Smolarek in continuo movimento, colpisce la traversa con una conclusione potente. Quiroga era battuto. Non è finita perché al 42’ Buncol, con un bel diagonale, centra l’incrocio dei pali. Finisce il primo tempo. Il Perù è stordito ma esce sano e salvo dal campo. La Polonia sembra inarrestabile ma, per la quinta frazione consecutiva, non trova il gol. Il Mundial è cominciato da 225’, i biancorossi sono ancora a secco. E adesso sono a 45’ dal ritorno a casa. Se non cambia il risultato la permanenza in Spagna finisce qui e i funzionari della Pzpn possono mangiare le arance acquistate ai mercati galiziani a casa, seduti sul divano e in compagnia della famiglia. «Piechniczek, in spogliatoio, ci spronò, dicendo di fare del nostro meglio, di crederci perché il gol prima o poi sarebbe arrivato» racconterà Młynarczyk. «Giocate per voi e i tifosi – aggiungerà Smolarek in relazione al discorso del ct –. Se non lo fate dovreste smettere di fare questo lavoro». Nell’intervallo la dirigenza al seguito della nazionale prova a entrare in spogliatoio. Vuole fare di tutto per motivare il gruppo e spingerlo verso il passaggio del turno. «Si sentivano a disagio per ciò che stava succedendo ma noi ci chiudemmo dentro – rivelerà Boniek –. Il nostro messaggio era chiaro: signori, ci sono ancora 45’ da disputare. Finita la gara, se il risultato non cambia, potete entrare e attaccarci. Adesso è il tempo di pensare a cosa fare per vincere». Il numero 20 biancorosso lancia un messaggio forte alla truppa. «Poi gettò la bottiglia di acqua per terra e disse: “Ora o mai più”» racconterà il giornalista Dariusz Szpakowski. La squadra esca carica dopo la pausa. È pronta per un grande secondo tempo. E, dopo dieci minuti di grande intensità, arriva il momento della svolta. Kupczewicz intercetta un pallone sulla trequarti, serve Smolarek che, nonostante la pressione dell’avversario, va il tiro: il diagonale mancino trova la traiettoria vincente per superare Quiroga. Esplode la gioia in casa biancorossa. Dopo 255’ di attesa ecco la prima marcatura, realizzata da uno abituato a mettere a segno reti pesanti: la punta del Widzew Łódż fu il protagonista del match valso la qualificazione mondiale con la DDR con una doppietta. Il Perù, nonostante l’ingresso di Uribe, si sfalda. Anzi: viene velocemente sotterrato. Al 13’ arriva il 2-0: contropiede della Polonia, lancio a cercare Boniek che, con una spizzata di testa, imbecca Lato, abile a intuire il gesto del compagno e ad attaccare lo spazio libero. Il portiere peruviano esce per cercare di chiudere l’azione ma il “vecchio” Grzegorz lo supera con una beffarda conclusione rasoterra.

Mondiale 1982: Gregor Lato
Gregor Lato, durante la partita contro l’Italia (fonte twitter)

Non è finita perché al 16’ i biancorossi calano il tris. Punizione battuta da Kupczewicz, che allarga sulla destra per Buncol. Il giocatore del Legia Warszawa vede l’accorrente Boniek al centro: lo serve e il “Rosso” chiude l’azione con destro imparabile. È il 3-0 e il protagonista esulta rabbiosamente. «Le immagini della sua gioia sono state trasmesse molte volte – interviene il giornalista Stefan Szczepłek –. Zbigniew stava scuotendo il pugno verso un giornalista slesiano, che lavorava per un giornale di partito, che non aveva aspettato l’ultimo match prima di giudicare e aveva iniziato ad attaccare squadra e giocatori senza remore». Anche la vendetta di Zibì è stata compiuta. La Polonia intanto non si ferma: Buncol serve ancora Boniek, che di tacco torna il pallone al compagno. “Sassata” del giovane del Legia, che termina sotto la traversa. Ecco il 4-0. Arriva poi anche il 5-0 di Ciołek, assistito da Lato messo in movimento da Buncol. È il 31’. La rete di La Rosa a 7’ dalla fine serve solo a fissare il risultato. La gara finisce, la Polonia vince e si guadagna la qualificazione al secondo gruppo, l’obiettivo minimo fissato alla vigilia.

“Chi se lo aspettava? Non mandate l’aereo, rimaniamo in Spagna” è il titolo dell’edizione del 23 giugno di Przegląd Sportowy. “Giochiamo ancora” è la risposta di Tempo. “Il successo – si legge dal quotidiano di Cracovia – ha aperto le porte ai nostri ai gironi finali che si svolgeranno a Barcellona. Ancora non sappiamo in che posizione chiuderemo il gruppo: se l’Italia supera per 4-0 il Camerun sarà necessario il sorteggio per stabilire il migliore. Se invece gli azzurri vincono 5-0 o 5-1 saranno in testa per il maggior numero di gol segnati, mentre in tutti gli altri casi ci qualifichiamo noi come primi: sarebbe una cosa molto importante dal momento che si andrebbe ad affrontare il Belgio e non l’Argentina”. Arrivano anche le congratulazioni del ministro degli Esteri Czerka: “Mi rallegro e mi congratulo con voi per la vittoria. Vi auguro di continuare e andare avanti più possibile, di rappresentare la Polonia al livello più alto possibile e renderla famosa al mondo intero”. “Sembrava di vivere un incubo quando l’arbitro ha annullato il gol di Boniek – continua l’analisi Tempo –. Ma la Polonia ha stretto i denti e ha inflitto una sconfitta pesante al Perù. Il grande eroe è stato Piechniczek, che ha mostrato ai calciatori e alla nazione cosa si è in grado di fare. Sicuramente non ha dormito né mangiato ma ha messo tutte le sue energie per cercare di trovare il bandolo della matassa per cercare di vincere questa partita. Bravo”.

Naturalmente parlano anche i protagonisti, a cominciare dall’allenatore della nazionale polacca. “Non mi aspettavo un risultato del genere – afferma dopo il 90° –. I ragazzi si sono svegliati come un pugile dopo un pugno e nell’intervallo hanno strapazzato gli avversari. Se abbiamo giocato meglio delle altre partite? Sì, anche se ci sono servite come allenamento per ritrovare la forma contro le squadre nazionali. Sino a quel momento avevamo affrontato solo formazioni di club e non è la stessa cosa. A ogni modo – prosegue il tecnico – abbiamo sentito che ci siamo allenati male, che i metodi usati erano sbagliati: adesso dite che, più passa il tempo, più ci esprimiamo meglio. Che dire? Ora posso guardare serenamente Italia-Camerun”. Piechniczek è polemico esattamente come lo è Boniek: “Abbiamo risposto sul campo: io sono stato l’elemento più criticato, ho pure sentito che non avevo più cuore e voglia di giocare a calcio”. Adam Nawałka, opinionista di Tempo, promuove i suoi ex compagni. “Lato ala destra, Boniek attaccante: si sono realizzati i suggerimenti che avevo dato – scrive –. Sono contento, abbiamo dimostrato di saper esprimerci in maniera offensiva e con fantasia. L’azione del quarto gol mi ha ricordato il calcio di Górski”. Anche i media italiani promuovono la nazionale di Piechniczek. “La Polonia promossa con 5 squilli” è il titolo principale della Gazzetta dello Sport. “Più che uno spietato regolamento di conti – scrive Roberto Beccantini – sembra addirittura un’esecuzione in piena regola, la vittima accucciata al muro e il plotone sordo agli ultimi lamenti, pallottola in canna e occhio clinico. (…) Il Perù crolla come un sacco di patate, la Polonia raccoglie i cocci sparsi qua e là, fra lo 0-0 con Italia e Camerun e risorge nel giorno del giudizio. 5-1, il risultato dice tutto”.

Arriva il momento di osservare l’ultima partita del girone 1, quella tra Italia e Camerun, che si gioca a Vigo il 23 giugno alle 17.15. Gli azzurri devono compiere un miracolo per avanzare come primi del girone visto la pioggia di gol della Polonia. L’obiettivo minimo è comunque vincere ma la squadra di Bearzot non riesce a farlo per la terza volta di fila. Finisce con un altro pareggio, 1-1, il secondo di fila con il medesimo punteggio e con M’Bida che risponde a Graziani un minuto dopo il suo gol in avvio di ripresa. Alla nazionale basta per rimanere in Spagna: passa al secondo turno come seconda in virtù del maggior numero di gol segnati rispetto agli africani. Zoff e compagni finiscono così nel girone più duro, il C, quello con Argentina e Brasile, che si disputerà al Sarrià di Barcellona dal 29 giugno al 5 luglio.

La Polonia, invece, guadagna il biglietto per il gruppo A, che si svolgerà sempre nella città catalana ma allo stadio Camp Nou. L’avversario sarà il Belgio, capolista del girone 4 ai danni dell’Argentina (il 28 giugno alle 21) e l’Unione Sovietica, seconda alle spalle del Brasile nel raggruppamento 6 (il 4 luglio alle 21). Con quest’ultima nazionale una sfida con contenuti che vanno ben al di fuori del campo da calcio e vanno a incontrare la vita sociale e politica del Paese. Adesso Boniek e soci festeggiano una qualificazione inaspettata. E i funzionari della Pzpn non porteranno ancora a casa arance, limoni e banane: le daranno alla cucina dell’hotel Portocobo, che le conserverà in frigo e le darà alla loro partenza. Ma dopo un po’ di giorni la frutta sarà mangiata dal gruppo, che rimane in Spagna, forte di aver portato la nazionale per la terza volta di fila tra le migliori dodici formazioni al mondo.


*Alberto Bertolotto, classe 1984, pordenonese, giornalista e scrittore sportivo. Collabora con il Messaggero Veneto e Udinews Tv. Corrispondente in Italia di Przegląd Sportowy, il principale quotidiano sportivo polacco. Si occupa di atletica leggera, motori e calcio, sport quest’ultimo oggetto dei suoi quattro libri pubblicati. Editi da Alba Edizioni, due di loro parlano della nazionale polacca terza al mondiale 1974 (“A ritmo di Polska”) e al mondiale 1982 (“Il Mundial di Karol”). Il contributo è un estratto di questo secondo libro.

Foto copertina da Twitter

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