Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

Stop-Zemlia: Fermate il mondo voglio scendere!

di Sara Urbani*, articolo originariamente pubblicato su La Falla

Masha cammina a occhi chiusi nel parco giochi, con passo malfermo cerca di acchiappare qualche compagnə di scuola ma non ci riesce, e allora grida «stop zemlia!» cioè «fermate la Terra». Queste due parole, che fendono la fredda aria dell’inverno di Kyiv, sono allo stesso tempo sia il nome del gioco che stanno facendo lə ragazzə, sia il titolo del primo lungometraggio della regista ucraina Kateryna Gornostai (classe 1989), proiettato alla ventesima edizione del festival Gender Bender. Sullo schermo scorrono le immagini di un classico racconto di formazione che mostra la gioia e l’inquietudine di un gruppo di adolescenti, eppure le domande che gran parte del pubblico si starà facendo sono di ben altro tono: dove saranno ora tuttə questə giovani? Staranno bene? Come avrà cambiato la guerra i loro sguardi?

Stop Zemlia, che ha vinto l’Orso di Cristallo alla Berlinale 2021,è stato anche fra gli ultimi film a uscire nelle sale kievane prima che iniziassero a cadere le prime bombe russe. Nonostante siano state girate quando il conflitto non era ancora esploso, alcune scene mostrano già i segnali della guerra in agguato: a scuola le classi vengono addestrate dai soldati all’uso delle armi, proprio perché l’arrivo dell’invasore era una tragedia annunciata.

Tutto il film ruota intorno a un gruppetto di amicə più o meno anticonformistə, e mettendo in scena la loro quotidianità ci regala un appassionato e multiforme ritratto generazionale della gioventù ucraina contemporanea. A metà strada fra il documentario e la fiction, Gornostai racconta una storia profondamente personale (e in parte autobiografica) sulla scoperta di sé che offre una visione autentica e sensibile dell’inquietante sensazione di essere giovani.

Perno delle vicende è Masha, una studentessa introversa che cerca il coraggio di dire al suo compagno di classe Sasha quanto le piaccia, e nel frattempo si strugge osservandolo di sottecchi «come un topo guarda il formaggio» (nelle parole di un altro ragazzo). Al suo fianco Masha ha due amicə: la compagna di banco Yana con il caschetto nero sempre perfetto, che da tempo soffre di depressione e racconta della fatica per farlo accettare alla propria madre. A completare il terzetto, à la Jules e Jim, è Senia: un profugo russofono del Donbas trasferitosi con la famiglia nella capitale per sfuggire agli orrori del conflitto. In questa zona orientale gli scontri armati infuriano già dal 2014, e recentemente è tra le regioni annesse dalla Russia dopo un illecito referendum condannato dalla comunità internazionale.

L’opera prima di Gornostai è un affresco convincente che ci fa immergere nel mondo adolescenziale dei suoi personaggi, fatto di genitori assenti o fin troppo presenti, insegnanti che provano a spiegare le basi biochimiche delle emozioni umane, e una miriade di piccoli e grandi problemi. È probabile che ognunə di noi si ricordi delle gioie e dei dolori che hanno costellato l’ultimo anno delle scuole superiori, e questo film ce li fa rivivere con tutte le loro sfumature, dalle più cupe fino a quelle più sinceramente emozionanti.

Le parti recitate si alternano a interviste, in cui lə protagonistə parlano delle loro speranze e paure, esprimendo opinioni su amore, amicizia e famiglia. Ma la regista non scioglie completamente il dubbio se queste interviste siano dentro o fuori dalla finzione scenica, e l’ambiguità deriva anche dal processo con cui Gornostai ha selezionato il suo cast: scegliendo a partire da oltre 800 candidature una ventina di giovanissimə. Sebbene non si conoscessero tra loro prima delle riprese, dopo un lungo laboratorio di recitazione hanno improvvisato quasi tutti i dialoghi sulla base di una semplice sceneggiatura che descriveva le varie situazioni.

Scopriamo così come per loro il futuro sia una specie di terra promessa che appena si intravede all’orizzonte, ma i cui confini sono molto incerti: «Che cosa farò quando finirà la scuola? forse andrò all’università, oppure mi arruolerò nell’esercito, o ancora prenderò un anno sabbatico…» Chissà poi che cosa avranno deciso Masha e ə altrə, o cosa invece un esercito invasore avrà deciso per loro.

Su film e cinema, leggi anche: I consigli cinematografici di Meridiano 13

*Sara Urbani è redattrice scientifica e curatrice di testi scolastici. La Wanderlust e una smodata passione per i Balcani la fanno sempre partire verso est.

Condividi l'articolo!
Redazione
Redazione