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Il romanzo giallo Acqua rossa dell’autore croato Jurica Pavičić, tradotto in lingua italiana e pubblicato nel 2022 da Keller Editore, è vincitore di due premi letterari in Francia e di diversi riconoscimenti in Croazia. L’opera intreccia la misteriosa scomparsa di una ragazza e un’indagine lunga oltre trent’anni sullo sfondo della dissoluzione jugoslava.
Qualche parola sull’autore
Jurica Pavičić nasce a Spalato nel 1965. Giornalista e critico cinematografico, collabora con diverse testate croate già dal 1989. Ha scritto diversi romanzi e raccolte di racconti brevi, tradotti in inglese, tedesco, italiano, francese e bulgaro. La sua prima opera, Pecore di gesso (1997), viene adattata per il cinema dal regista Vinko Brešan e nel 2003 ottiene il premio della giuria ecumenica al festival di Berlino. Oggi Pavičić collabora con il quotidiano spalatino Jutarni List, ha una propria rubrica nella sezione culturale e si occupa di critica cinematografica. Sul proprio sito internet fornisce importanti dettagli sul suo approccio letterario:
Pavičić ha acquisito fama letteraria con i suoi racconti, thriller e romanzi polizieschi in cui mescola l’analisi sociale con una visione oscura della natura umana e complesse situazioni morali.
Non solo come giornalista, ma anche come scrittore mostra un’acuta sensibilità ai temi della morale individuale e collettiva. Il genere poliziesco è per Pavičić strumento ideale ed essenziale per mostrare lo spaccato di una storia in cui la finzione letteraria e la realtà si intrecciano con tratti analitici che non perdono mai di vista l’autenticità.
Tutte queste caratteristiche si ritrovano nel romanzo Acqua rossa, la cui traduzione in Francia (L’eau rouge) ha portato nel 2021 al premio come miglior romanzo poliziesco europeo, assegnato dal quotidiano Le Point e al massimo riconoscimento al Grand prix de la liberatore policière, che premia annualmente i migliori romanzi gialli in Europa e all’estero.
Un giallo con storie abilmente intrecciate
Acqua rossa (Crvena voda) è ambientato in Croazia, in arco di tempo di oltre tre decenni, a partire dalla fine degli anni ‘80. La trama si dipana intorno a un momento cardine: la scomparsa di Silva Vela, una giovane ragazza diciassettenne che vive con la sua famiglia in un piccolo paese d’invenzione sulla costa dalmata, Misto, nei dintorni di Spalato. Silva è un’adolescente misteriosa e dal carattere singolare. Vive con i suoi genitori e suo fratello gemello, a cui è molto legata. Una sera di settembre del 1989 Silva esce di casa per recarsi alla festa di paese e non fa più ritorno a casa. Da quel momento, capitolo dopo capitolo, l’autore dà voce ai singoli personaggi che ruotano intorno alla figura della giovane, facendo procedere la narrazione dal loro punto di vista personale e facendo gradualmente entrare il lettore nella storia attraverso le loro prospettive.
Il romanzo ripercorre, in anni e momenti diversi, le vite che cambiano dopo il tragico evento e lascia spazio anche al modo in cui la situazione economico-politica della neonata Croazia influenza i percorsi di vita.
L’ultima notizia su Silva arriva alcuni mesi dopo la sua scomparsa: una testimone riferisce di averla vista alla stazione dei pullman e di aver scambiato alcune parole con lei durante l’attesa in coda allo sportello. A questo punto, la possibilità che la ragazza sia viva, da qualche parte in Europa, la colloca sempre presente nei pensieri dei suoi famigliari, ma soprattutto Silva vive nella loro quotidianità: il padre e il fratello battono a tappeto tutta la Jugoslavia, poco prima della sua disgregazione, per cercarla. La madre invece non lascia la casa, nella speranza che Silva possa tornare da un momento all’altro. Con il passare del tempo e gli insuccessi nelle ricerche, le relazioni all’interno della famiglia iniziano ad incrinarsi e mostrano le distanze emotive tra chi non è disposto a voltare pagina e resta legato alla ricerca di Silva e chi cerca lentamente di ricostruirsi una vita.
Il fratello Mate in particolare vive intensamente la ricerca della sorella e segue ogni possibile pista per ritrovarla, tra improbabili avvistamenti e finti viaggi di lavoro. La missione di ritrovare Silva è parte integrante della sua vita. Quali saranno le conseguenze sui suoi legami da adulto, nella difficoltà di convivere con la pesante assenza (o presenza?) di Silva? La madre, come Mate, non smette mai di sperare nel ritrovamento della figlia e incoraggia il figlio a proseguire nella ricerca. Per il padre, gradualmente arriva il momento in cui la ricerca non ha più un senso. Gli anni passano e non ci sono segnali tangibili di successo. In che modo reagirà Vesna, davanti al marito che getta la spugna? Si sentirà tradita o riuscirà a provare comprensione?
La scomparsa di Silva ha una forte influenza anche su altre persone, al di fuori della sua famiglia. In primo luogo Adrijan, il ragazzo che l’ha accompagnata alla festa la sera della tragedia, è subito considerato dalla polizia un possibile sospettato e riceve una sorta di marchio di colpevolezza dagli abitanti di Misto e dalla famiglia Vela. Solo la guerra, come ultimo e fatale pretesto, fornisce ad Adrijan una possibilità di riscatto, tra commilitoni che non conoscono la sua storia né i sospetti sul suo conto: in mezzo a loro può essere semplicemente un ragazzo come gli altri. Anche Brane, il fidanzato di Silva, subisce pesanti conseguenze. Molto innamorato, per lui la relazione è travolgente. È figlio di grandi proprietari terrieri del paese, i Rokov. Dopo la scomparsa della ragazza, conduce una vita quasi sospesa, noiosa e superficiale, senza legarsi ad altre donne, e conserva maniacalmente una preziosa foto di Silva. Lavora per mare, su navi mercantili, trascorrendo la maggior parte del suo tempo in viaggio, lontano da Spalato e dalla Croazia, lontano dai ricordi del paese.
Le vite individuali e le vicende belliche e politiche della Jugoslavia si intrecciano continuamente. Pochi mesi dopo la scomparsa di Silva, scoppia la guerra che cambia radicalmente il quadro politico e sociale della Croazia. Che cosa ne sarà dell’indagine?
Sin dal primo momento, la guerra distoglie l’attenzione della polizia dalle ricerche di Silva e questo porta sconforto e disappunto in Vesna e Jakov. C’è invece chi scopre di aver bisogno della guerra: è il giovane Adrijan, che si arruola come volontario e si lascia alle spalle Misto e i sospetti della gente per andare a combattere al fronte.
Un’altra figura coinvolta dai radicali cambiamenti portati dal conflitto è Gorki Šain, l’agente che ha avviato le indagini sulla scomparsa di Silva. Oltre al caso irrisolto, sulla sua carriera inizia a pesare il suo passato da socialista fedele ad un sistema invecchiato all’improvviso. Šain non dimentica Silva e la sua misteriosa scomparsa. Ritorna al piccolo paese per lavoro dopo molti anni e riemergono i ricordi e il profondo legame con il caso; avrà fino alla fine un importante ruolo nel portare alla luce la verità, nonostante sia stato estromesso dalle indagini.
Il confronto con l’autore
L’università di Udine ha invitato Jurica Pavičić e la traduttrice Estera Miočić a presentare Acqua rossa. L’incontro, moderato dalla professoressa Natka Badurina, ha fornito la possibilità di conoscere più a fondo le premesse e la costruzione del romanzo.
L’autore ha parlato di come lo stile dell’opera – rapido e asciutto, con frasi brevi ed essenziali – sia talvolta lo specchio delle risposte emotive dei personaggi. Il linguaggio concreto e realistico riesce a fornire una fedele immagine della realtà, non solo oggettiva ma anche sotto il profilo psicologico ed emotivo. Le parole esprimono in modo autentico i pensieri in un preciso momento, come fotografie istantanee.
Anche il tema delle relazioni familiari e di come si sono evolute dopo il tragico evento è oggetto di confronto. Pavičić ha raccontato di aver espressamente voluto mostrare dinamiche verosimili, come frutto delle verità personali. Ad esempio il cambio di rapporto tra Vesna e Jakov: in quanto genitori, entrambi hanno perso una figlia, ma come individui si trovano gradualmente a percorrere binari divergenti davanti alla drammatica situazione. E Mate, il gemello che si ritrova senza la sua metà, che sceglie di dedicare la sua intera esistenza alla ricerca di Silva, sacrificando importanti relazioni della sua vita.
Pavičić ha poi chiarito che è proprio il suo ruolo di giornalista a portarlo ad inserire degli eventi storici reali nelle sue storie. Il periodo in cui l’autore ambienta Acqua rossa non è infatti una scelta casuale, ma una tavolozza ideale da cui attingere tinte e sfumature con cui dipingere la tragedia di Misto e quella della Jugoslavia.
Nuovi tycoon e nuove professioni che si fanno strada, volti noti solo alla polizia per piccoli crimini che riescono a crearsi una reputazione attraverso ruoli di rilievo nell’esercito durante la guerra, per poi ricoprire cariche politiche e diventare riferimenti della neonata Croazia. Non può mancare un approfondimento sulla figura dell’ispettore Gorki Šain, un elemento classico del romanzo giallo e noir, che attraverso la penna di Pavičić assume tuttavia forme inconsuete. Šain sarà sempre legato al caso irrisolto di Silva. Le nuove circostanze politiche nate dalla guerra lo porteranno ad essere estromesso dalla polizia e per il resto della sua vita si dedicherà ad un lavoro completamente diverso, anch’esso un prodotto della nuova Croazia: si occuperà di acquisizione di immobili e terreni lungo la costa per un’importante società irlandese, molto interessata ad investire nel nuovo paese e a mettere le mani sulle aree potenzialmente turistiche e redditizie.
La critica francese descrive l’abilità dell’autore di sviscerare temi sociali:
[…] l’autore si sforza anche di far emergere, in quanto indissolubilmente legato a questa singolare storia, i radicali mutamenti di un paese che vede la fine del comunismo, la guerra civile, l’integrazione in Europa, la globalizzazione. E l’invasione turistica della costa dalmata, con le sue conseguenze in termini di cementificazione, corruzione e arricchimento incontrollato.
Acqua rossa è quindi un’opera avvincente e profonda, che ha tutte le caratteristiche del romanzo giallo, ma con il tocco di Jurica Pavičić.
Appassionata di Est Europa e in particolare di ex Jugoslavia. Studia mediazione culturale presso l’Università degli Studi di Udine, approfondendo la conoscenza del serbo-croato e del russo. Ha partecipato (e lo farà ancora) a diversi progetti europei nei Balcani.