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Pain de Route è un progetto di Eleonora Sacco che dal 2015 promuove un viaggiare consapevole, rispettoso e libero in territori poco conosciuti: “Il pain de route è il pan di via, il cibo super energetico mangiato dagli elfi per poter camminare a lungo senza sentire la fatica”. Autrice di Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici (Enrico Damiani Editore, 2020) e co-autrice insieme ad Angelo Zinna del podcast Cemento, Eleonora volge il suo sguardo a est, oltre il meridiano 13. Oggi ci porta a scoprire i “6 libri di cucina dell’Est che mi sono regalata con gioia”.
Un aspetto che nei miei viaggi è sempre stato molto carente, lo ammetto, è il cibo. Non che non mi piaccia mangiare (anzi), semplicemente mi hanno sempre attirata di più altri aspetti delle culture a cui mi avvicino. Spesso in viaggio ho mangiato poco e spartano, perché preferivo spendere i miei soldi in altro. Pian piano ho iniziato a concedermi qualche pasto tipico, rendendomi conto che mi stavo perdendo una gran fetta di esperienze paradisiache. E di vera e propria cultura. Ecco perché oggi parliamo di cucina sovietica, o, meglio di cucina dell’Est.
Non volevo traumatizzarvi con questa premessa, eh: ho vissuto a riso e fagioli per settimane intere, ma è stato un momento di cecità. Insomma, quando viaggio mangio al volo, ma mica mi cucino la pasta al sugo tutte le sere.
Specialmente dopo aver viaggiato tanto in Caucaso e in Asia Centrale, paesi ricchi di spezie tanto aromatiche quanto sconosciute, di tradizioni millenarie e dalla varietà culinaria impressionante, ho capito che dovevo un attimino ripigliarmi sul fronte cibarie.
La folgorazione definitiva è avvenuta grazie a Elena, la mia compagna di tè pomeridiani e ghiotte cene milanesi, il giorno in cui ci siamo conosciute dal vivo. Perché prima eravamo solo segrete ammiratrici dei rispettivi blog – se non la conoscete già, lei è una specie di guru su San Francisco. La prima volta che sono entrata in casa sua mi ha piazzato sotto gli occhi quello che forse è il sommo capolavoro dei libri (fotografici) di cucina: Samarkand. Non voglio anticiparvi tutto il succo del libro, ma da lì ho deciso che avrei potuto fare un investimento (per la mia tirchiaggine 20€ lo sono) e comprarmelo anch’io, rivivendo ogni singolo minuto del mio viaggio in Asia Centrale mentre spignatto cercando di fare un leggendario plov.
Ma arriviamo al dunque. Dopo aver cucinato, mangiato, sfogliato, sbavato e invidiato le capacità scrittorie e fotografiche delle autrici per mesi, ho intravisto – per puro caso – una foto su Instagram di un libro di cucina chiamato Kaukasis. Google alla mano, ho scoperto una figura di chef e scrittrice tanto affascinante quanto semplice e umile: Olia Hercules, una ragazza ucraina laureata in traduzione che, caduta da cavallo sulla via per Damasco, ha deciso di darsi alla cucina, divulgando i tesori illibati delle terre dell’Est. Dopo una gavetta da Ottolenghi a Londra (cioè) ha fatto carriera e pubblicato due libri: Mamushka, di cucina ucraina e non solo, e Kaukasis, di cucina caucasica.
Potete immaginare dove sono rapidamente finiti i miei risparmi. Presa da questo novello amore, ho deciso di scrivere un post su questi libri di cucina sovietica, che però hanno radici molto, molto più antiche dell’Urss. Sono a loro modo libri di cucina etnica est europea, che il Corriere ha infelicemente definito new ethnic. Perché, meglio tardi che mai, gli inglesi si sono accorti che il cibo nell’est Europa non è solo minestra e patate, ma è addirittura cool.
Insomma, chiamateli come volete, ma la cucina dell’Europa dell’est ha comunque radici ben più lontane, ancora più a est. Ecco perché in tutti questi libri è impossibile non ricollegarsi al Caucaso, all’Iran, all’Asia Centrale – una linea ferroviaria antica e solida. Prossima fermata: via della Seta.
6 libri di cucina dell’Est che mi sono regalata con gioia
Se non siete appassionati (o ossessionati, il passo è breve e pericoloso) di Via della Seta, state certi che dopo due pagine di Samarkand lo diventerete. Fotografie (di viaggio e di cibi) spettacolari, piccoli racconti, incontri, avventure sparsi qui e lì, e uno sfondo ben più ampio sugli usi e costumi culinari dell’area. Insomma, oltre alle ricette la carne al fuoco è tanta ed è di primissima qualità. Ho imparato (e imparo) moltissimo sfogliando a tempo perso un mix perfetto tra un libro di fotografia, un ricettario originalissimo per cucinare qualcosa di diverso per gli amici, e un emozionante racconto di viaggio che parte dai passi innevati del Kirghizistan e atterra nei mercati di Samarcanda, spingendosi fino ai deserti dell’Afghanistan, agli ebrei di montagna dell’Azerbaigian e alla frutta secca georgiana.
Ho passato a PrinceOfPersia alcune ricette e, assieme alla maestria pugliese di MamaAfrika, hanno preparato una cena georgiana strabiliante a base di khinkali, badrijaninigvizit, boršč senza carne e persino tè allo zenzero. Niente male, no? Il plov uzbeco, un ricchissimo “risotto”, è superbo.
Al momento Samarkand è disponibile solo in inglese.
Ve l’ho detto prima. Scavavo nei meandri di Instagram quando mi sono imbattuta nel profilo di Annachiara, che aveva pubblicato una foto di un misterioso libro di cucina chiamato Kaukasis (disponibile solo in inglese). Sulla scia dell’entusiasmo per Samarkand, mi sono lanciata in ricerche che non hanno fatto che fomentare la mia esaltazione. Se ci aggiungiamo che poi Annachiara sul suo profilo ha interpellato proprio Olia Hercules, la giovane chef e autrice del libro, che mi ha risposto in italiano… Come potevo non sciogliermi?
La fotografia compete con quella di Samarkand. Il libro ha un taglio più introspettivo, riflessivo, le foto sono istantanee del viaggio di Olia e degli incontri, le ricette spesso portano il nome della babuška da cui l’autrice ha appreso la variante del piatto che propone. Con Kaukasis ha scritto un libro di cucina caucasica, perché è impossibile definire altrimenti il tessuto variopinto e a maglie strette che è la cucina del mio crocevia a cavallo tra Oriente e Occidente preferito. In realtà si concentra sulla cucina georgiana, sulla cucina dell’Azerbaigian e su quella del Nagorno-Karabakh, ma non mancano echi dalle altre decine di popoli li circondano.
Ricette semplici e sintetiche – ma sempre con una storia dietro – che propongono alternative più “occidentali” agli ingredienti difficili da reperire. Bellissimi i titoli dei capitoli, precisissimo e completo l’inserto finale con informazioni pratiche per reperire anche gli ingredienti più difficili. Mi è piaciuto il fatto che ci siano non solo piatti completi ma anche salse, mix di spezie, mix di erbe aromatiche e molti consigli su come usarle anche assieme ai cibi più standard. Più che un ricettario è un vero e proprio ritratto a 360° della mentalità culinaria caucasica, che va capita molto prima di assaggiare anche la pietanza più famosa. Uno dei migliori libri di cucina da regalare agli appassionati di Caucaso e di cibo. Accuratezza massima addirittura tarata sulle singole città e regioni dei paesi.
Dopo Kaukasis, e alla vigilia del mio terzo viaggio in Ucraina, mi sono decisa a comprare anche Mamushka, il primo libro di Olia Hercules (disponibile anche in italiano). Se pensate che la tradizione culinaria ucraina sia cavolo, patate e tristezza vi sbagliate di grosso. Mamushka è una storia di una grande famiglia dalle origini sparse in tutto l’est, e quindi una continua sorpresa.
L’Ucraina, e chi mi segue da più tempo già lo sa, è un incredibile, per non dire esagerato, mix di culture. Tribù turchiche, popoli slavi, qualche sparuto tedesco scampato alle deportazioni, per non parlare degli armeni, ebrei, italiani e non solo che abitavano le sue città portuali. In Ucraina c’è il mare – l’immenso mare nero senza isole – ci sono montagne verdi e incontaminate, i grandi fiumi che inondano le pianure, l’immensa, solitaria steppa degli uccelli, degli aironi e dei girasoli. Un paese così ricco e vivace ha naturalmente una cucina ricca, varia, allineata al ritmo delle stagioni.
Presa dalla foga dei saldi su Amazon, ho trovato questo libro usato a un prezzo stracciato, così ho deciso di allargarmi sul lato persiano della cucina caucasica. Il libro è molto grosso e propone davvero un’infinità di ricette per tutti i gusti, facili da consultare per argomento. Vi dirò in sincerità che A taste of Persia (disponibile solo in inglese) non regge il confronto con gli altri. La fotografia spesso è approssimativa, cerca di emulare lo stile di Samarkand ma rimanendo ben sotto il suo livello. Le ricette sono molto semplici (punto positivo), ma scritte per l’americano medio. Ci sono riferimenti dell’universo America troppo generici che un europeo non coglie (tipo l’allspice mix, ma che diavolo è?) e che chiaramente non corrispondono alle ricette reali. Poi, tutte le unità di misura sono americane e non convertite in unità decimali. E, scusate se sono vecchio stile, ma a misurare in once proprio non ce la faccio.
Insomma, come libro di ricette va abbastanza bene, è molto vario, copre molte ricette tipiche-generiche e le rende semplici da cucinare. La loro ricetta del khachapuri georgiano è semplicissima ed efficace, è venuto molto buono. Quanto a libro di viaggio e d’ispirazione, che sfoglio con piacere godereccio mentre preparo una festa tra amici, non ci siamo proprio. Forse ha avuto troppa ambizione nel voler coprire zone sì vicine e connesse, ma comunque molto varie e distanti geograficamente, come la Georgia, il Kurdistan, l’Azerbaigian, la Turchia e l’Iran. Gli altri tre libri sono più specifici ma anche più precisi.
Disponibile solo in inglese, il terzo libro di Olia Hercules è un piccolo capolavoro che supera persino Kaukasis e Mamushka. Ci sono molte più ricette vegetariane e Olia ha iniziato a usare anche illievito madre (per esempio, c’è una versione leggermente diversa dei pampušky di Mamushka, ma fatti con il lievito madre). Le ricette sono praticamente tutte ucraine, con qualche bella eccezione (come i peperoni gagauzi dalla Moldova meridionale). Tutte le ricette che ho provato erano strepitose, dalla torta di polenta e mele all’insalata di fagioli e miele. Le foto sono splendide, ma che ve lo dico a fare! È anche un volume veramente spesso e ricco di ricette. Il filo conduttore è molto tenero e si focalizza sulla cucina estiva – ma non per l’estate e basta, anzi! Ha l’essenza del cucinare per l’inverno che arriva. C’è molto spazio a conserve anche insolite, come le pere affumicate e i vasetti di verdure fermentate. Tutto il buono dell’estate, preparato nelle cucine all’aperto di campagna, perché duri fino alla fine dell’inverno.
Alissa Timoškina ha l’approvazione di Olia Hercules e pubblica questo libro dalla copertina seducente per provare che la cucina russa è molto più di zuppe, grečka e cetriolini. Cresciuta a Omsk, in Siberia, prima di emigrare nel Regno Unito, il libro (disponibile solo in inglese) raccoglie il vasto melting pot di culture che si intersecano tutt’ora nelle grandi città della Siberia occidentale. Dalle conserve sottaceto coreane, a piatti tipici della tradizione ebraica, fino a contaminazioni centroasiatiche: questa è la cucina russa contemporanea. Il tocco siberiano sta nelle erbe e nelle bacche, nei pel’meni fumanti, negli aromatici pinoli di cedro autoctono della regione. Non è un libro di cucina tradizionale, ma un buon tentativo di riqualificare in chiave moderna un paese sconfinato, la cui cucina non merita di essere appiattita e banalizzata.
La bravissima Anya Von Bremzen, dalla penna talentuosa, è autrice oltre che dello splendido romanzo L’arte della cucina sovietica, anche del libro di ricette Please to the Table: the Russian Cookbook. Che in realtà prende, come sempre, tantissimo anche dalle cucine ex sovietiche ma non russe. Consigliatissimo il romanzo (con ricettario in fondo), che sa di capolavoro, ma io mi butterei anche sul libro di ricette!
Un ultimo consiglio: gli appassionati di cucina dell’est, ma soprattutto di cucina sovietica, devono ascoltare All you need is plov, la puntata #4 di Cemento Podcast, il podcast scaturito dalla passione per i viaggi mia e di Angelo Zinna.