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Il podcast Kult, fra Cemento, Cavriago e Lenin

Cemento è stato un grande successo. Per gli amanti dell’est e dei podcast il 26 gennaio i due autori, Eleonora Sacco (Pain de Route) e Angelo Zinna (Collisioni), tornano con un nuovo lavoro: Kult. Che cosa è Kult? Di cosa parla? Cosa c’entrano Lenin e Cavriago? E chi accompagnerà i nostri due speaker in questo viaggio? La redazione di Meridiano 13 è andata a intervistarli.

Le prime quattro puntate di Kult sono già sulle vostre piattaforme preferite: 
Partiamo dall’inizio. Senza fare troppi spoiler: che cosa è Kult e di cosa parla?

Eleonora Sacco: Kult è un intreccio di storie incredibili (ma vere) e il nostro viaggio alla radice di tutto quello che abbiamo raccontato in tre stagioni di Cemento. Dopo anni passati a parlare di brutalismo, khachapuri, polo con la capra morta e disastri ecologici sentivamo un po’ la necessità di fare una sorta di prequel, ovvero come si è arrivati a sognare di deviare i fiumi siberiani verso le steppe dell’Asia centrale, ai dittatori turkmeni che sparano i loro libri sacri in orbita nello spazio, o alla pioggia di statue di Lenin seguita alla dissoluzione dell’Urss e, in Ucraina in particolare, all’invasione russa della Crimea nel 2014.

Il pre che abbiamo deciso di raccontare parte da molto lontano nel tempo, ma si avvicina geograficamente a noi. Siamo andati a sviscerare l’immagine eterna di Lenin, diventata uno stereotipo dell’Unione Sovietica – l’onnipresente statua di Lenin, oggi anche regina dell’Instagram – che viene replicata all’infinito come simulacro vuoto, ma dietro cui c’è un mondo di significati. Kult fa riferimento alla nascita del culto della personalità di Lenin dopo la sua morte, che ha dato il “la” a quello di molti altri leader comunisti nel mondo, dallo stesso Stalin a Enver Hoxha, a Nicolae Ceaușescu, fino alla dinastia Kim in Corea del Nord, Mao in Cina e non solo – con la differenza che loro erano in vita. Ma anche questa volta il nome è un po’ anche un gioco di parole: la stessa nascita del socialismo ha un che di kult

Le storie che raccontiamo passano in qualche modo (geografico o solo con lo spirito) per un piccolo paesino in provincia di Reggio Emilia, Cavriago. È stato Nicola Bassano del Multiplo di Cavriago (che non finiremo mai di ringraziare) a contattarci per chiederci di fare un podcast sulla storia del loro paese. Abbiamo accettato volentieri – o, meglio, Angelo ha accettato anche per me mentre io ero per lavoro con connessione traballante a Socotra, in Yemen, promettendomi sarebbero state solo 4 puntate di interviste, in cui noi non dovevamo fare “praticamente niente”.

Alla storia di Cavriago abbiamo aggiunto del nostro e sono uscite 10 puntate di vicende incredibili. Inizia con Friedrich Engels che viene mandato a Londra da suo padre a fare una specie di stage da altri industriali, e anziché tornare con le competenze per aumentare i profitti delle aziende di famiglia, torna che ha fraternizzato con gli operai londinesi e vuole ribaltare il mondo per come l’aveva conosciuto fino a quel momento. Insomma, è la prova che l’Erasmus serve a qualcosa. Ma poi finisce molto, molto più lontano di così, facendo giri incredibili: persino una circumnavigazione completa del globo.

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Angelo Zinna: Ci girava in testa da un po’ l’idea di fare una stagione di Cemento dedicata a luoghi legati all’Urss, ma fuori dai confini di quella che è stata l’Unione Sovietica. L’idea iniziale di Cemento era stata quella di ripensare il concetto di “est” – a est di chi? – e abbiamo provato a farlo mostrando quanto diversa e frammentata fosse quella parte di mondo che spesso si tende a ridurre a un tutt’uno omogeneo, grigio o rosso che sia.

Nel raccontare le differenze interne allo spazio post-sovietico, però, non si può negare che una storia unificante esista: è vero che ci sono decine di lingue, cibi, geografie contrapposti, ma è vero anche l’Unione Sovietica è stata un fenomeno culturale, oltre che politico, che ha segnato lo stile di vita e il modo di pensare di milioni di persone. L’architettura, i monumenti, i simboli ancora in piedi sono solo i segni più evidenti dell’impatto di quei settant’anni di storia.

Ecco, con Kult abbiamo fatto quello che per noi era il passo successivo più logico: abbiamo provato a raccontare che neanche quel fenomeno culturale può essere confinato alla cortina di ferro. Abbiamo provato a tracciare una storia del socialismo, raccontandola attraverso personaggi e icone che si sono mossi dal nord al sud Europa, da Occidente a Oriente, nel corso di un paio di secoli.

Cavriago in questo senso è l’incontro di mondi che pensiamo separati, ma che in realtà non lo sono per niente. E Lenin stesso – sia l’uomo che il simbolo – è inquadrato nel nostro podcast come il risultato di un moto molto più grande, uno snodo centrale nell’evoluzione di un ideale che ancora oggi continua a cambiare e attirare interpretazioni.

Nel podcast Kult ci sono molte voci autorevoli, oltre alle vostre. Volete dirci chi sono e come li avete scelti?

Eleonora: Grazie ai contatti di Nicola Bassano e del Comune di Cavriago, siamo riusciti ad arrivare anche a ospiti che pensavamo non sarebbero mai stati alla nostra portata. Quando Nicola ha scritto, mettendoci in copia, una mail al professor Alessandro Barbero, il mio cuore ha saltato un battito. Ci ha risposto dopo pochissimi minuti, dicendo «non vi dico di no». In qualche modo, siamo riusciti a incontrarlo a Vercelli sotto Natale. Oltre a Barbero, Nicola conosceva personalmente Massimo Zamboni, scrittore e fondatore dei CCCP e poi CSI, con cui abbiamo parlato di Cavriago e del suo ultimo libro La trionferà (Einaudi, 2021) che ha in parte ispirato Kult. Per il resto, poi, avendo a che fare con temi così mastodontici e inscalfibili, avevamo bisogno di studiosi autorevoli a cui chiedere conferme, con cui discutere di temi davvero complessi, e che ci facessero un po’ da guide in questo lungo percorso a ostacoli.

La prima persona a cui ci siamo rivolti è stato Guido Carpi, ordinario di letteratura russa all’Orientale di Napoli. Carpi era già stato ospite di Cemento nella puntata sui dittatori: avevamo parlato di Stalin con lui e Virginia Pili. Di recente ha pubblicato un lavoro straordinario su Lenin, e così abbiamo iniziato ad affrontare la sua figura proprio con lui. È anche grazie a lui se siamo riusciti a raggiungere così tanti altri ospiti di rilievo.

Altra ospite Daniela Steila, ordinaria di Storia della filosofia e di filosofia russa a Torino, con cui abbiamo parlato di un personaggio davvero singolare, e che lei stessa ha definito bolscevico eretico, e che interseca la vita di Lenin fin dall’inizio, per poi finire su altri (incredibili) binari della storia. Il suo contributo è stato davvero un cardine di questo podcast, perché ha toccato il nucleo filosofico di alcune questioni che altrimenti rimangono sempre un po’ sospese.

Per parlare di culto visuale di Lenin e di cultura leniniana, non potevamo non chiamare in causa Gian Piero Piretto, ex professore di cultura visuale sovietica alla Statale di Milano autore di volumi che sicuramente tanti dei lettori di Meridiano 13 avranno divorato con grande piacere, uno su tutti Quando c’era l’Urss: 70 anni di storia culturale sovietica.

Infine, sfiorando l’attualità e la politica, con il professor Giovanni Savino (Parma/Napoli Federico II), storico del nazionalismo russo, abbiamo toccato temi più scottanti, come ad esempio il ruolo di Lenin nella Russia contemporanea e nella propaganda di Vladimir Putin (che a Putin non piace proprio per niente). A volte può sembrare il contrario, ma anche in Russia le statue di Lenin oggi vengono rimosse, quando sono lontano dai riflettori.

Podcast Kult - Piazza Lenin, con gatto
Piazza Lenin, con gatto (foto Angelo Zinna)

Angelo: Sì, intervistare persone che hanno dedicato buona parte della loro vita allo studio dei personaggi, della filosofia, e della politica che hanno fatto l’Unione Sovietica ci ha aiutato molto a chiarire le tante contraddizioni che emergono leggendo i libri di storia. Di fatto, Kult è un percorso che abbiamo fatto noi, Angelo e Eleonora, nel tentativo di capire meglio una fase della Storia che da sempre ci appassiona, senza sapere bene dove saremmo finiti. Ci piace pensare che chi ci ascolta ci accompagna in questo percorso, che non si esaurirà né con questo né con altri podcast.

Kult però non è solo un podcast di Storia con la S maiuscola. È anche il racconto di un luogo specifico e delle persone che questo luogo lo hanno vissuto e continuano a viverlo oggi. Per raccontare Cavriago, quindi, abbiamo deciso di metterci da parte lasciando il microfono agli abitanti della città, da chi cerca di valorizzare il passato con l’arte a chi è stato attivamente coinvolto nella politica locale. Se da una parte abbiamo parlato con specialisti che ci hanno permesso di navigare le sfumature di eventi passati grazie alle loro analisi, dall’altra abbiamo trovato persone che ci hanno trasmesso l’affetto per una comunità e i suoi simboli, il desiderio di costruire insieme e un modo di osservare quell’oggetto inanimato che è il busto di signore morto un secolo fa come a un mezzo per guardare avanti, senza timore di rimanere incagliati in difficoltà che non sembrano offrire vie d’uscita chiare e lineari.

Perché parlare di Lenin e di comunismo proprio adesso, nel 2023?

Angelo: È una domanda che ci siamo posti anche noi e non sono sicuro di essere in grado di darvi una risposta precisa. Facciamo quello che facciamo guidati dalla curiosità verso temi che sentiamo vicini, anche se non sempre questa vicinanza riusciamo a definirla. Con Cemento non ci siamo quasi mai posti il problema di parlare di temi attuali. Non c’era un vero motivo per parlare di brutalismo, di dittatori, di vino georgiano, se non che questi temi ci appassionavano e le informazioni in circolazione erano poche. Quindi abbiamo deciso di produrle noi.

Facciamo quello che facciamo guidati dalla curiosità verso temi che sentiamo vicini, anche se non sempre questa vicinanza riusciamo a definirla.

Con i temi che trattiamo in Kult c’è una dinamica diversa: di Lenin e di comunismo è stato scritto di tutto e non nego che parlare di marxismo, di operai inglesi nell’Ottocento, di bolscevichi e menscevichi mi sia sembrato un po’ anacronistico. Ma adesso che ci stiamo avvicinando alla conclusione di questo progetto mi rendo conto che Kult è probabilmente la cosa più attuale che abbiamo scritto fino ad ora.

Non è passato troppo tempo da quando si sentiva ancora parlare di “fine della storia” come se si trattasse di un’idea valida. Eppure, la storia non è finita e non sono del tutto sicuro che abbia preso il corso giusto. Parlare di cooperazione internazionale in un momento storico in cui il nazionalismo è di nuovo in espansione, ad esempio, credo possa fare solo bene. Il progresso, poi, si paga ancora oggi con la precarietà. Ma anche parlare di organizzazione e strategia di fronte a problemi che sembrano insormontabili trova spazio nel presente: di leninismo ecologico si discute già da qualche anno.

Insomma, credo che gli spunti siano abbondanti per chi vuole coglierli. Ma vorrei che fosse chiaro che non siamo qui per dare risposta, anzi. Penso che parlare, in generale, di rapporti di forza sia sempre utile, ma mi piace l’idea che i nostri podcast si trasformino poi in conversazioni e non rimangano voci che viaggiano in una direzione soltanto.

Eleonora: Per quanto mi riguarda, l’invasione russa dell’Ucraina ha portato sotto gli occhi di tutto il mondo che quello che succede oggi e quello che è successo «a est» in passato ci riguarda da vicino, e non è per nulla scollegato da quello che succede a casa nostra. Non lo era nemmeno nel 1917. Kult non toglierà la spocchia agli occidentali, ma sarà un altro tassello e un’altra prova del fatto che è importante occuparci di queste cose, anche se sono un po’ impolverate.

La cosa che mi ha impressionato di più nel podcast è la dedizione travolgente con cui vari personaggi si sono dedicati alla causa del socialismo, per cui hanno impiegato letteralmente ogni giorno della loro vita. Niente poteva fermarli: la prigione, l’esilio, la povertà, gli arresti, le circostanze avverse. Lettere su lettere, scritti su scritti, dibattiti su dibattiti, in un mondo dove internet forse non era neanche stato immaginato – o forse sì, magari in qualche romanzo utopico socialista?

Un po’ tutte le storie che raccontiamo sarebbero potute, anzi, forse statisticamente sarebbero dovute andare storte. C’era qualcosa di forte e incontenibile che guidava i personaggi delle storie di Kult, una vera e propria fede. E in qualche modo, in maniera rocambolesca, artigianale, casuale e imperfetta, piena di errori e passi falsi, ce l’hanno fatta (quasi) tutti. Anche solo questo è un messaggio di speranza, specie nei tempi cupi in cui viviamo, dove alla rinascita dei nazionalismi, alle nuove guerre e ai regimi repressivi si aggiunge l’emergenza climatica e umanitaria che i nostri politici continuano puntualmente a ignorare.

Quanto Cemento c’è dentro a Kult?

Angelo: Bella domanda! Kult può essere considerato un prequel di Cemento, come diceva già Eleonora. Ma è anche un progetto diverso, in quanto facciamo meno affidamento sulla nostra esperienza diretta di viaggiatori. L’approccio rimane lo stesso – scaviamo tra mille storie fino a quando non salta fuori qualcosa che ci colpisce, poi ne discutiamo insieme per settimane, leggiamo tutto quello che riusciamo a leggere, e alla fine proviamo a unire i punti. 

Il punto di partenza però è diverso. Ripeto una cosa che viene fuori spesso alle nostre presentazioni: quando visitiamo un luogo ci sono cose che sappiamo di sapere, cose che sappiamo di non sapere e cose che non sappiamo di non sapere. Ecco, è lo scontro con questa ultima categoria che dà vita a Cemento: ogni episodio ha inizio con l’incontro (o lo scontro) con una realtà a noi estranea e prosegue con l’approfondimento.

Kult funziona in modo diverso, è un podcast fatto in buona parte sui libri, cercando di smontare i nostri preconcetti e pregiudizi riguardo temi noti e simboli visti centinaia di volte. Ci rendiamo conto che, in questo modo, la leggerezza con cui abbiamo navigato i temi trattati in Cemento a volte va perdendosi, ma forse è giusto che sia così. O forse stiamo solo invecchiando.

Podcast Kult - Eleonora durante un'intervista
Eleonora durante un’intervista (foto Angelo Zinna)

Eleonora: Kult è senza dubbio più cerebrale, anche se le storie che abbiamo scelto di raccontarvi hanno sempre un’anima punk e un gusto per l’assurdo in pieno stile Cemento. Credo però che fosse un gradino su cui prima o poi era necessario salire. Dopo tre stagioni a dare per scontata l’Unione Sovietica, o a raccontarla per aneddoti, serviva una base più organica che desse spessore ai simboli con cui abbiamo giocato anche noi, prime tra tutto le statue di Lenin. Ci sono anche più interviste, ma più mirate e integrate nella narrazione. 

È stata una sfida a 360° per noi: volevamo affrontare questo scoglio e abbiamo colto l’occasione per farlo. Ne è uscito un lavoro più grosso e impegnativo, che ha richiesto discussioni più lunghe, ha portato dubbi etici più profondi e ci ha costretti a navigare nel controverso e nell’incatalogabile. Alla fine ci siamo arresi al non ragionare per buono o cattivo ma ad accettare gli eventi nel loro contesto. Una palestra faticosa ma bellissima, impossibile da superare senza il confronto costante con Angelo e la passione che condividiamo.

Con Cemento siete stati fra i primi a cimentarvi con il mezzo podcast in Italia. Oggi ci troviamo di fronte a una proliferazione di podcast, perché avete scelto di continuare con questo mezzo e qual è secondo voi il futuro dei podcast?

Eleonora: Cemento è stato un esperimento completamente nuovo sia per me sia per Angelo. Inaspettatamente, ci siamo trovati molto bene: è un mezzo che arriva a moltissime persone, anche quelle che non avresti pensato di poter raggiungere e interessare. L’ha ascoltato persino mia nonna che ha la maculopatia e non vede quasi più niente. Nelle vite ultra frenetiche che abbiamo, il podcast ricrea la dimensione di storia raccontata intorno al fuoco, permettendoti di fare altro contemporaneamente. Soddisfa il nostro naturale bisogno di storie, senza esigere un tempo esclusivo, come un video o un film. 

Ora che i podcast sono moltissimi la concorrenza è più grande, ma credo che se le storie sono valide e la narrazione rimane sincera e personale, il podcast continuerà a prosperare per molto tempo. Il passaparola è efficacissimo, ed è stato il vero trampolino di lancio di Cemento.

Podcast Kult - Busto di Lenin
Busto di Lenin a Cavriago (foto di Angelo Zinna)

Angelo: Personalmente, il podcast è stato un modo per sperimentare con progetti collaborativi che la scrittura non mi permetteva di portare avanti. Rimango sempre molto legato alla parola scritta, ma a volte passare troppo tempo all’interno della propria testa ti rincoglionisce. Prima ancora di essere un “prodotto”, quindi, per me il podcast è stato un modo di condividere un’esperienza, scambiare idee, confrontarmi con Eleonora e tante altre persone che abbiamo avuto modo di incrociare in questo percorso. Indipendentemente dal numero di ascolti che ha fatto Cemento o da quelli che farà Kult, questa è stata una cosa positiva che spero di portare avanti.

Produrre un podcast è facile e non costa niente. Quindi è normale che se ne vedano apparire di nuovi ogni giorno. Ho l’impressione che si sia raggiunto un picco in Italia, in parte perché mi sembra che le grandi case di produzione abbiano standardizzato il format e quindi anche i progetti più interessanti tendono a mantenere uno stile simile.

Nel nostro caso il podcast rimane un tassello di un insieme più grande di attività. Continuiamo a viaggiare, a scrivere, a fotografare, a leggere, a fare incontri anche quando non registriamo. E in questo modo riusciamo a dare continuità al progetto Cemento, che va avanti anche quando stacchi le cuffie, per noi e per chi ci segue. 

Fra le scelte vincenti di Cemento, a nostro avviso, ci sono il montaggio e le musiche. Vogliamo dire chi c’è dietro ai vostri lavori oltre a Eleonora Sacco e Angelo Zinna?

Angelo: La persona che dobbiamo ringraziare qui è il mitico MAV, che ha prodotto sia la sigla di Cemento che quella Kult. Di tutto il resto ci occupiamo noi, la filiera di Cemento è molto corta: tutto è fatto in casa!

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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.