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La leggenda dei trecento spartani caduti nella battaglia delle Termopili è ben radicata nella nostra cultura di massa per merito tanto di Erodoto quanto di Hollywood. Ma in pochi conoscono le gesta di altri trecento guerrieri caduti gloriosamente combattendo un esercito persiano, i samasi aragveli (in alfabeto georgiano სამასი არაგველი), ovvero i “trecento aragvidi”.
Chi erano i samasi aragveli e a che periodo storico risale la loro storia?
Dal trattato di Georgievsk ai samasi aragveli
Il contesto è quello della Georgia della fine del Settecento. Un periodo complesso in cui il paese era diviso in tanti piccoli e deboli regni e il Caucaso meridionale era una terra contesa fra tre imperi: quello ottomano, quello persiano e l’allora emergente Impero russo.
Proprio con Caterina II di Russia, Eraclio II, re della Cartalia-Cachezia (corrispondente all’attuale Georgia orientale), il più grande e potente regno georgiano dell’epoca, stipulò il trattato di Georgievsk nel 1783. Il Traktat – che come vedremo con questo nome sarebbe diventato un documento famigerato per i georgiani – assicurava l’appoggio militare russo contro la continua pressione esercitata da turchi e persiani sulla Cartalia-Cachezia, al costo del protettorato della Russia sul regno georgiano.
Come scrive Donald Rayfield in Edge of Empires: A History of Georgia (2012) la protezione garantita dal trattato di Georgievsk costituiva però un’arma a doppio taglio. Il regno di Cartalia-Cachezia pur essendo di fatto indipendente era formalmente soggetto ai persiani e questo nodo sarebbe presto venuto al pettine. Fatalmente, mentre la Russia era occupata a gestire le conseguenze della rivoluzione francese ai suoi confini occidentali, Agha Muḥammad Khān della dinastia Qājār (famiglia che avrebbe regnato fino al 1925) salì al potere in Persia nel 1794 con grandi ambizioni.
Una volta al trono, Agha Muḥammad Khān volle ristabilire l’egemonia persiana sulla Georgia. Nel 1795 pretese che Eraclio II riconoscesse la sovranità della Persia sul suo regno, promettendogli in cambio il ruolo di Valì (governatore) della Cartalia-Cachezia.
Vostra Altezza sa che nelle ultime cento generazioni voi siete stati soggetti all’Iran; ora scopriamo con stupore che vi siete alleati ai russi… L’anno scorso mi avete costretto a uccidere un certo numero di georgiani, anche se non vogliamo che i nostri sudditi periscano per mano nostra… Ora vorremmo fortemente che voi, uomo intelligente, abbandoniate tali cose… e interrompiate i rapporti con i russi. Se non eseguirete quest’ordine, presto faremo una campagna contro la Georgia e verseremo fiumi di sangue georgiano e russo grandi come il Kura…
L’ultimatum di Agha Muḥammad Khān Qājār a Eraclio II nel settembre 1795.
Di fronte al rifiuto del re georgiano, nel settembre 1795 il sovrano persiano attaccò la Georgia con una forza di 35mila soldati. Eraclio II nel frattempo riuscì a radunare solo 7mila uomini che combatterono in difesa di Tbilisi a partire dall’8 settembre in quella che divenne nota come la battaglia di Krtsanisi (località alle porte dell’attuale capitale della Georgia). I russi non si presentarono ignorando le richieste del re.
Nonostante la strenua difesa georgiana, l’11 settembre i persiani ebbero la meglio aprendo la strada verso Tbilisi. Ed è qui che entrarono in gioco i samasi aragveli. Dopo i giorni di combattimento a Krtanisi, dell’esercito di Eraclio II rimaneva solo una banda di trecento montanari della valle dell’Aragvi (nella regione del Chevsureti) che avevano giurato di combattere fino alla morte per il sovrano georgiano. Ed è quello che fecero, resistendo nelle ultime fasi della battaglia e ritardando l’avanzata dei persiani, tanto da consentire a Eraclio II e a centocinquanta uomini della sua scorta di salvarsi.
I samasi aragveli nella leggenda
Quella dei samasi aragveli è una storia senza lieto fine. Tbilisi venne devastata dai persiani e per i georgiani non vi fu un equivalente della battaglia di Salamina o di Platea con cui i greci ribaltarono le sorti della seconda guerra persiana.
Quel giorno Tbilisi bruciò; quelli che non erano fuggiti venivano massacrati o ridotti in schiavitù (tre giorni prima i mercanti avevano caricato le loro merci su carri trainati da buoi e se ne erano andati). Cinquant’anni di lavoro per costruire scuole, biblioteche, una tipografia, istituzioni militari e civili furono disfatti in tre giorni; chiese e palazzi furono profanati e demoliti; ventimila corpi disseminati per le strade; i sopravvissuti morirono di epidemie e di fame.
Donald Rayfield, Edge of Empires: A History of Georgia, 2012.
Oltre ai danni immediati, la devastazione causata dai persiani avrebbe avuto anche conseguenze di lungo periodo per la Georgia. Molti contemporanei di Eraclio II, così come numerosi storici georgiani di epoca successiva, sospettavano infatti che Caterina II avesse abbandonato di proposito il suo alleato caucasico per poi annettersi un paese già prostrato. E infatti, già nel dicembre 1795, due battaglioni russi scesero in Georgia attraverso il passo Jvari avanzando facilmente verso il mar Caspio, mentre Agha Muḥammad Khān era impegnato a sedare una ribellione nel Khorasan.
La veridicità di questa ipotesi non è verificabile in quanto l’imperatrice Caterina morì il 6 novembre 1796 e il suo successore, lo zar Paolo I, cambiò idea e ritirò le truppe dal Caucaso meridionale, abbandonando nuovamente gli alleati georgiani alla mercè dei persiani. Il 6 giugno 1797 Agha Muḥammad Khān morì assassinato, mentre Eraclio II venì meno l’11 gennaio 1798 lasciando un regno di Cartalia-Cachezia indebolito.
Poco dopo la scomparsa dei tre sovrani protagonisti di questa storia, nel 1801 la Russia annesse però definitivamente la Georgia. La dinastia di Eraclio II, quella dei Bagrationi che aveva regnato, con alterne fortune, sulla Georgia per più di un millennio, venne deposta e il paese caucasico rimase sotto la sovranità russa fino al 1991 (se si esclude un breve periodo d’indipendenza tra il 1918 e il 1921).
E i samasi aragveli? La loro fama crebbe con il tempo. A loro dedicarono dedicarono poesie nel Diciannovesimo e nel Ventesimo secolo intellettuali georgiani di primo piano quali Grigol Orbeliani, Ilia Chavchavadze, Iakob Gogebashvili, Vazha-Pshavela, Galaktion Tabidze e Lado Asatiani, rendendoli eroi nell’ideologia nazionale.
Più di recente, nel 1959 venne eretto un monumento in loro onore, lungo il Kura (in georgiano Mtkvari), il fiume di Tbilisi, nel luogo dove vennero trovate le spoglie di alcuni dei combattenti. Nel 1967 ai samasi aragveli venne intitolata una stazione della metro di Tbilisi. Infine, nel 2008, il patriarca della Chiesa ortodossa georgiana, Ilia II, li canonizzò come santi martiri. L’11 settembre del calendario giuliano (ovvero il 24 settembre del calendario gregoriano) è il giorno in cui vengono ufficialmente commemorati.
Vi è piaciuta la vicenda dei samasi aragveli e volete leggere altre storie della loro terra di provenienza? Qui trovate i nostri altri articoli sulla Georgia e qui quelli sul Caucaso. Buona lettura!
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Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.