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Una fotografia dell’industria cinematografica russa tra distribuzione parallela e produzione nazionale a un anno dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina.
Un anno fa, l’industria cinematografica russa si stava ancora lentamente riprendendo dalla profonda crisi globale del settore causata dalla chiusura prolungata delle sale e dal boom delle piattaforme di streaming dovuti alla pandemia di Covid, quando l’invasione su larga scala dell’Ucraina ha nuovamente minato la stabilità del settore.
Sin dalle prime settimana di guerra sono suonati vari campanelli d’allarme. La Warner Bros ha deciso di bloccare l’uscita, prevista per il 3 marzo, di The Batman in solidarietà all’Ucraina. Anche tutte le altre case di produzione e distribuzione cinematografica di Hollywood (Disney, Universal, Paramount, 20th Century Studios, Sony Pictures) hanno preso la stessa decisione, sospendendo l’uscita dei propri film nelle sale russe.
Hollywood garantiva il 70-80% degli incassi annuali del botteghino dei cinema russi, i quali, di conseguenza, si sono ritrovati nuovamente in perdita. Gli incassi sono parzialmente cresciuti nei mesi successivi all’inizio dell’invasione, raggiungendo i livelli del 2021, grazie alla trovata di proiettare nuovamente nelle sale vecchi film russi di successo, come Brat, la famosa dilogia di Aleksej Balabanov. Un tentativo di apporre una toppa temporanea in vista di quella che si credeva sarebbe stata una veloce risoluzione del conflitto che avrebbe riportato i film di Hollywood nelle sale russe. Tuttavia, a un anno dallo scoppio del conflitto, la pace è ancora molto lontana e la crisi dell’industria continua ad aggravarsi.
Ad agosto 2022 il 41% delle 5.700 sale cinematografiche russe aveva definitivamente spento le luci e 150 cinema (il 7% del totale) avevano chiuso i battenti. Chi continua a lavorare è costretto a ricorrere a misure drastiche, come restare chiusi le mattine e i giorni feriali quando la domanda è più bassa, e talvolta illegali.
Nonostante l’uscita delle case di produzione e distribuzione hollywoodiane dal mercato cinematografico, tutt’oggi in Russia è possibile guardare al cinema i film prodotti a Hollywood grazie alla cosiddetta “distribuzione parallela”. Il termine deriva dalla più famosa espressione “importazione parallela”, ovvero la pratica di importare merci originali da paesi terzi senza il permesso dei titolari del copyright, legalizzata dal governo russo per ovviare al deficit di merci occidentali sorto in seguito all’uscita dal mercato russo dei brand occidentali.
Nella lista dei beni e prodotti per i quali il governo russo ha approvato l’importazione parallela, però, non rientrano le pellicole hollywoodiane, in quanto i prodotti audiovisivi non sono considerati merci in base alla nomenclatura dell’Unione Economica Euroasiatica, nell’ambito della quale avviene l’importazione parallela. Ne consegue che la distribuzione parallela delle pellicole hollywoodiane è illegale in Russia. Il ministero della Cultura avrebbe il compito di monitorare e controllare i cinema affinché questa pratica illegale non abbia luogo; tuttavia, al momento, sembra non avere troppa fretta, chiudendo quasi sempre un occhio davanti a questo disperato tentativo dei proprietari dei cinema di tamponare le perdite.
Ma come funziona nel pratico questa forma di pirateria per i grandi schermi? È tutto molto semplice: il proprietario del cinema acquista online la copia del film hollywoodiano fatta, per esempio, in Kazakhstan, poi organizza la proiezione di un qualsiasi cortometraggio russo mentre vende online i biglietti del film copiato. Sugli schermi viene proiettato prima il film hollywoodiano e, successivamente, il cortometraggio russo. Nel caso in cui il proprietario abbia timore delle possibili conseguenze legali, può affittare la sala a un terzo, scrollandosi di dosso tutte le responsabilità.
Un grande svantaggio della distribuzione parallela è l’impossibilità di pubblicizzare e promuovere pubblicamente e legalmente la proiezione del film, limitando la clientela solamente agli spettatori che farebbero di tutto per non perdere l’occasione di guardare al cinema di un determinato film, anche pagare un biglietto tre volte in più rispetto ai prezzi di mercato. D’altro canto, il proprietario del cinema può tenersi tutto l’incasso per sé, non dovendo dividerlo con lo studio di distribuzione.
Al netto dei pregi e dei difetti, la distribuzione parallela risulta essere un fenomeno di nicchia che non sarà in grado di influire profondamente sul settore ma che, però, richiama alla memoria i terribili anni Novanta, in cui la linea di demarcazione tra legalità e illegalità in Russia era praticamente svanita. Tuttavia, la situazione del settore è di gran lunga migliore rispetto a quel complicatissimo decennio, in cui una parte dei cinema si trasformò in mercati delle pulci e il resto in edifici in rovina, grazie soprattutto agli ingenti finanziamenti che a partire degli anni Duemila lo stato ha destinato al settore.
L’industria cinematografica russa e il caso Čeburaška
Già verso la metà degli anni Duemila, il supporto statale aveva consentito all’industria di produrre film del calibro di La nona compagnia, in cui recita anche Artur Smol’janinov, agli albori della sua carriera di attore, oggi fortemente attaccato in patria per aver affermato di essere disposto a combattere tra le file dell’esercito ucraino, eStiljagi di Valerij Todorovskij, destinati a diventare veri e propri blockbuster del cinema russo. Nel corso di tutto il decennio successivo, i volumi dei finanziamenti statali sono continuati a crescere, passando dai 3,156 miliardi di rubli del 2009 agli 11,63 miliardi del 2022 e garantendo all’industria un lungo periodo di benessere e crescita. A conferma di ciò basti notare che nella lista dei 100 film di produzione russa più redditizi di sempre ben 79 pellicole sono state girate dopo il 2012. Per il bene e la sopravvivenza dell’industria stessa, Il culmine di questo processo di crescita è arrivato proprio nel momento di maggior bisogno.
Così, Čeburaška, diretto da Dmitrij D’jačenko e uscito nelle sale russe il primo gennaio 2023, in pochissimi giorni è diventato il film più redditizio di tutta la storia del cinema russo superando, con più di 5 miliardi di rubli di incassi, il precedente record di circa 3 miliardi e mezzo di rubli stabilito da Avatar di James Cameron.
Senz’ombra di dubbio, il successo di Čeburaška è legato anche all’uscita degli studi di produzione hollywoodiani dal mercato russo che ha lasciato allo spettatore una ridottissima gamma di scelta durante le vacanze di Capodanno, il periodo dell’anno in cui le sale sono maggiormente frequentate. Tuttavia, come scrive il The Moscow Times, “l’incredibile successo di Čeburaška in un lasso di tempo così breve suggerisce che il film sarebbe diventato un blockbuster anche se fosse stato costretto a competere con i film di Hollywood”.
La chiave del successo di Čeburaška è stata anche la geniale trovata di dare nuova vita al personaggio più famoso e conosciuto dei film di animazione sovietica in una divertente commedia in grado di riunire grandi e piccini.
Il successo di Čeburaška ha stupito tutti a causa della sua imprevedibilità e, soprattutto, è stato per i cinema una boccata d’ossigeno che ha permesso di tamponare parte delle perdite. Tuttavia, Aleksej Voronkov, il direttore dell’Associazione dei proprietari di cinema, in un’intervista a Forbes ha affermato che gli incassi del film hanno consentito ai cinema di coprire solo una parte dei debiti e che “servirebbero dieci film del genere all’anno affinché i cinema possano guadagnare solo con pellicole russe”. Il tenero animaletto senza equivalenti nel mondo animale dalle orecchie grandi e ghiotto di arance, da solo, non è in grado di salvare la tragica situazione in cui versa l’industria cinematografica russa. E, quasi sicuramente, neanche i grandi finanziamenti statali destinati al settore, vista l’impossibilità dell’industria nazionale di raggiungere i livelli qualitativi delle produzioni hollywoodiane.
Il critico cinematografico Sergej Bondarev, intervistato in una puntata del podcast di Meduza Što slučilos’, ha affermato che nonostante il fatto che la produzione dell’industria cinematografica russa non sia mai stata così attiva come nel 2022 e nel 2023 e che i registi e gli scenografi rimasti in patria siano super indaffarati, la qualità dei contenuti audiovisivi prodotti, seppur affiancati da produzioni indiane, turche e coreane, non sarà in grado di attirare i cittadini russi nei cinema in assenza delle produzioni hollywoodiane.
A dimostrazione di questa tesi, il quotidiano economico Vedomosti, riportando i dati di una ricerca di mercato, il settembre scorso scriveva che dopo l’uscita di Hollywood dal mercato russo circa il 40% degli spettatori ha iniziato ad andare al cinema meno spesso e che l’interesse verso i grandi schermi è calato maggiormente, del 54%, nella fascia d’età 25-34 anni.
A peggiorare una situazione già di per sé drammatica, lo scorso 5 dicembre Putin ha firmato una legge contro la “propaganda LGBT”, ovvero la promozione dei rapporti sessuali non tradizionali nei mass media, nei libri e anche sui grandi schermi, che ha costretto i cinema a fare i conti con questa forma di censura in fase di programmazione dei film da mostrare nelle sale, salvo il pagamento di multe molto salate. A questa censura di stato si aggiunge una sorta di autocensura, alla quale sempre più spesso i cinema sono costretti a ricorrere nei confronti di attori che si sono espressi contro la guerra, che costringe i cinema a eliminare dai film le scene in cui sono presenti artisti scomodi.
In conclusione, l’uscita degli studi di produzione di Hollywood dal mercato russo, l’incapacità dell’industria nazionale, tralasciando l’eccezione rappresentata dal successo di Čeburaška, di concorrere con la produzione cinematografica statunitense, la marginalità e l’illegalità della distribuzione parallela e, in ultimo, la censura crescente sono tutti segni di una profonda crisi che nel medio-lungo periodo potrebbe mettere a serio rischio la sopravvivenza dell’industria cinematografica russa.