Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:
IBAN IT73P0548412500CC0561000940
Banca Civibank
Intestato a Meridiano 13
Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.
Il Caucaso è da sempre un territorio di transizione fra mondi diversi, un punto d’incontro fra popoli e culture diverse. Una terra di confine tra l’Impero romano e quello persiano prima, e in tempi più recenti, tra l’Occidente e l’Unione Sovietica separati dalla cortina di ferro. Eppure, l’essere area di perenni contese ha sempre fatto sì che questa regione fosse percepita più come periferia. Forse è proprio questo il motivo per cui nel Caucaso la ferrovia era ed è ancora oggi un mezzo di trasporto di second’ordine, spesso sottovalutato e limitato nelle sue funzioni.
Le prime ferrovie
Il Caucaso è storicamente una meta di passaggio nei lunghi viaggi che i più famosi esploratori della storia (come non ricordare Marco Polo) hanno intrapreso alla scoperta delle terre ignote d’Oriente. Vero è che già a quell’epoca questi itinerari esotici sarebbero sicuramente stati più facili da percorrere a bordo di una locomotiva.
Nel XIX secolo, mentre le vie ferrate si espandevano in tutta Europa, anche la Russia iniziò a collegare attraverso la rete ferroviaria il suo immenso territorio, spingendo i confini meridionali del suo impero lungo e oltre la catena montuosa del Caucaso. L’avamposto strategico di Vladikavkaz fu collegato alla rete ferroviaria russa nel 1875, consentendo un controllo ancora più solido dell’esercito zarista su una regione che per metà secolo l’aveva visto scontrarsi con le popolazioni locali che si opponevano al dominio russo. Ma la linea ferroviaria forse più importante costruita in questa regione fu ultimata solo nel 1883. Si tratta della ferrovia transcaucasica, la quale collegava la città di portuale sul Mar Nero di Poti a Baku, città affacciata sul Mar Caspio, oggi capitale dell’Azerbaigian.
Nonostante l’ambizioso progetto di collegare su rotaie i due mari che bagnano la regione del Caucaso da ovest ad est, lo scopo di questa linea era limitato al trasporto del petrolio estratto dalle coste caspiche verso l’Europa. Fu infatti dopo che Robert Nobel creò una raffineria sulle sponde del Caspio nel 1873, che la famiglia Rothschild decise di finanziare un’infrastruttura che potesse trasportare il petrolio estratto verso occidente. Alla ferrovia seguì la creazione di un vero e proprio oleodotto da Baku a Batumi, oggi città portuale del Mar Nero all’estremo sud-ovest della Georgia.
Il giornalista e scrittore britannico Thomas De Waal racconta nel suo libro The Caucasus: An Introduction come, nell’arco di pochi decenni, lo sviluppo del settore petrolifero trasformò Baku “da una cittadina nel deserto in una moderna metropoli”, passando da una popolazione di soli 14mila abitanti a 206mila agli inizi del Novecento.
La ferrovia transcaucasica continuò a diramarsi nei territori dell’Impero, arrivando a estendersi fino a Kars verso ovest e Julfa verso sud, rispettivamente ai confini con l’Impero ottomano e la Persia. Sotto l’Unione Sovietica, la ferrovia fu nazionalizzata e continuò a svilupparsi e collegare diverse località della regione tra il Mar Nero e il Mar Caspio. Seppur rimasta periferia di un impero, la regione del Caucaso era adesso collegata su ferro con il mondo attraverso un sistema che correva verso ovest e l’Europa attraverso la Turchia, verso sud attraverso il cosiddetto “Corridoio Persino” – che svolse un ruolo cruciale per i rifornimenti dell’Unione Sovietica dal Golfo Persico durante la Seconda guerra mondiale – ma soprattutto verso est lungo la Transiberiana, che garantiva alla regione un collegamento diretto fino a Vladivastok sull’Oceano Pacifico.
Nuovi confini, vecchi conflitti
Il crollo dell’Unione Sovietica al tramonto del XX secolo ebbe come risultato primario la creazione di nuovi confini. Quindici stati emersero dalle macerie della superpotenza decadente, di cui quattro (almeno secondo il diritto internazionale) nella regione del Caucaso. Tre stati indipendenti si formarono nel Caucaso meridionale: Armenia, Azerbaigian e Georgia. Queste neonate repubbliche che erano dapprima parte di un’unica entità statale, si son ritrovate a instaurare nuovi confini, i quali inevitabilmente si fissarono lungo linee ferroviarie che per oltre un secolo erano condivise e ininterrotte da controlli frontalieri.
Oltretutto, l’emergere di tre entità statali de facto – non riconosciute dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale – come risultato dei conflitti interetnici che attraversarono il Caucaso nel corso degli anni Novanta, andò a complicare ulteriormente il complesso panorama ferroviario della regione.
In Georgia, a causa del conflitto che portò alla secessione di Abcasia e Ossezia del Sud, la linea ferroviaria che collegava Tbilisi a Sukhumi, capitale dell’autoproclamata Abcasia, fu interrotta, privando la Georgia di un collegamento ferroviario diretto con la Russia.
La direttrice principale che collegava i due paesi caucasici su rotaie in epoca sovietica era rappresentata da un treno che, partendo dalla Russia, arrivava a Baku sulla costa caspica, procedeva lungo il corso del fiume Aras (confine naturale tra il Caucaso e l’Iran) attraverso la località di Meghri nell’estremità meridionale della regione armena del Syunik, per poi risalire lungo il Nachicevan fino a Erevan.
Tale ferrovia consentiva sia all’Azerbaigian avere un collegamento ferroviario con la sua exclave, ma anche all’Armenia di raggiungere la regione meridionale del Syunik evitando di valicare un territorio montuoso. Inoltre, l’interruzione dei rapporti diplomatici fra Erevan e Ankara portò anche all’interruzione della linea ferroviaria Gyumri-Kars, un ponte fondamentale per la regione verso l’Europa.
Quale futuro per le ferrovie perdute del Caucaso?
Lo stallo generato dal crollo dell’Unione Sovietica si ripercuote ancora oggi sullo sviluppo della regione. Negli ultimi anni, il Caucaso meridionale è ricomparso sulle mappe del mondo come ponte fra Europa e Asia lungo la cosiddetta Nuova Via della Seta, un corridoio commerciale eurasiatico che collega la Cina all’Europa. A tale scopo, la costruzione di ferrovie che possano essere funzionali a rendere la regione l’anello di congiunzione fra questi due mondi assume un’importanza primaria.
La linea Baku-Tbilisi-Kars, entrata ufficialmente in funzione alla fine del 2017, assolve a questo compito, collegando con un percorso di 826 chilometri il Mar Caspio all’Anatolia Orientale. Con una capacità annua iniziale di un milione di passeggeri e sei milioni e mezzo di tonnellate di merci, la ferrovia punta ad aumentare tale volume a tre milioni di passeggeri e quindici milioni di tonnellate di merci. Nonostante ciò, ad oggi la ferrovia non ha ancora avviato il servizio passeggeri.
La grande perdente della connettività ferroviaria nel Caucaso resta l’Armenia che, nonostante il collegamento Erevan-Tbilisi, resta il paese più colpito dall’empasse ferroviario dell’epoca post-Urss. La normalizzazione dei rapporti con l’Azerbaigian e la Turchia resta un prerequisito fondamentale affinché Erevan esca dall’isolamento cui la geografia la condanna.
Un report redatto da International Alert nel 2013 ha evidenziato l’enorme potenziale che deriverebbe dal ripristino della linea ferroviaria Kars-Gyumri-Nachicevan-Meghri-Baku. Il costo totale del ripristino di questa ferrovia si aggirerebbe intorno ai 433.7 milioni di dollari, ma con rendite annue per i paesi della regione estremamente vantaggiose. Secondo lo studio, il corridoio genererebbe un enorme flusso di merci trasportate tra i paesi della regione annualmente:
• 640mila tra Armenia e Iran; • 300mila tra Iran e Georgia; • tra 1-2 milioni tra Armenia e Turchia; • 500mila tra Azerbaigian e Armenia; • e circa 1 milione tra l’Azerbaigan e la sua exclave del Nachicevan.
Dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, Erevan e Ankara hanno iniziato a ridiscutere della normalizzazione dei rapporti diplomatici, e quindi di una conseguente riapertura dei corridoi terrestri lungo le due sponde del fiume Aras. Cionostante, è la mancata normalizzazione fra Armenia e Azerbaigian a rappresentare ancora il nodo fondamentale per il pieno ripristino di un coeso sistema ferroviario nel Caucaso meridionale.
Una delle ferrovie perdute del Caucaso meridionale (c’è la speranza però che torni in funzione) è la “Kukuška”, il treno Borjomi-Bakuriani in Georgia, ne abbiamo scritto qui.
Laureato in Studi sull’Est Europa all’Università di Bologna ha studiato e lavorato in Russia, Azerbaigian e Romania. Attualmente vive a Danzica, Polonia. Ha collaborato con East Journal dal 2020 al 2021. Per Meridiano 13 si occupa principalmente dell’area caucasica.