La lingua rumena è una lingua romanza che ha molto in comune con il latino, il francese e l’italiano. Ma tra le varie influenze subite dal rumeno c’è quella del bulgaro, non tanto per la conquista dei territori abitati dagli allora geto-daci con il primo Impero bulgaro, quanto per l’influenza della chiesa ortodossa e dell’alfabeto dello slavo ecclesiastico antico.
Il primo alfabeto rumeno fu quindi comune al paleoslavo e, anche se nel Settecento autori come Dimitrie Cantemir sostenevano che prima del XV secolo il rumeno era scritto in caratteri latini, una vera transizione verso l’alfabeto latino ci fu solo nell’Ottocento.
Infatti, la prima grammatica rumena fu edita a Vienna nel 1780 da Gheorghe Șincai: l’Alfabeto, Grammatica, Aritmetica e Catechismo, adattando o creando la terminologia necessaria agli studenti per capirli (Abecedarul, Gramatica, Aritmetica și Catehismul, adaptând sau creând terminologia necesară înțelegerii acestora de către elevi). A questa ne seguiranno altre e, dopo un periodo di transizione tra il 1830 e il 1860, in Romania in rumeno si iniziò a scrivere con un alfabeto latino modificato da diacritici che rendessero meglio le peculiarità della lingua. Da allora la situazione è rimasta invariata.
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Il cirillico e il moldavo
Lo stesso, però, non si può dire del moldavo, ovvero del rumeno parlato tra il Prut e il Dnestr. Mentre negli anni Sessanta dell’Ottocento il rumeno reso con l’alfabeto latino si avviava a diventare la scrittura ufficiale della lingua nazionale del Principato rumeno (nato dall’unione delle corone valacca e moldava nel 1861), già dal 1812 nella striscia di terra tra i due fiumi (da allora denominata Bessarabia) conquistata dall’Impero russo incominciò a circolare una versione non ufficiale del rumeno basato sull’alfabeto cirillico russo (che differisce da quello dello slavo ecclesiastico antico).
Per la versione ufficiale del rumeno trascritto con l’alfabeto russo si attenderà fino alla Prima Guerra Mondiale, ma i rumeni, che nel 1918 strapparono la Bessarabia all’Impero russo, mantennero il cirillico fino al 1932 per facilitare la scolarizzazione delle fasce più povere e meno istruite della popolazione. La transizione del moldavo all’alfabeto rumeno durò quindi pochi anni, fino al 1940, quando i sovietici riconquistarono il territorio. Da quel momento fino al 31 agosto 1989, i moldavi scrissero il proprio rumeno in cirillico.
Dal 1989
La situazione divenne ancor più complessa quando la Repubblica Socialista Sovietica Moldava adottò una legge che prevedeva il passaggio del rumeno all’alfabeto latino. Dall’anno scolastico 1990-1991 il suo uso divenne obbligatorio. Mentre i moldavi pan-rumeni festeggiavano limba noastră cea română (la nostra lingua rumena), al di là del Dnestr la scelta non fu gradita.
Infatti, già dagli anni Venti, oltre il fiume i sovietici costituirono la Massr (Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Moldavia) per disturbare il processo di integrazione della Bessarabia nella Grande Romania. Questa regione principalmente abitata da ucraini ed ebrei, ed oggi nota come Transnistria, fu “artificialmente” aggiunta alla Repubblica Socialista Sovietica Moldava da Stalin con il preciso intento di diluire la carica nazionalista dei moldavi della regione.
Ma ancor prima, negli anni Venti, il NarKomPros (Narodnyj komissariat prosveščenija, Commissariato per l’Educazione) della neonata Massr era interessato a dare alla nazione moldava una nuova identità per scollegarla il più possibile da quella rumena. Il moldavo che ne emerse non solo utilizzava caratteri cirillici, ma accoglieva diversi termini russi (il linguista Malai si adoperò per introdurre 7.500 neologismi). Derivato da dialetti contadini, il moldavo rappresentava, secondo l’ideologia sovietica, una lingua molto più democratica e genuina del rumeno, così ricco di gallicismi e, chiaramente, borghese. Quest’approccio ideologico al tema linguistico permase fino a culminare nel 1989 quando divenne evidente che l’alfabeto usato per la trascrizione del rumeno in Moldova era diventato spazio di lotta politica.
Come noto, la tensione tra i cittadini moldavi che volevano una Moldova indipendente e chi la voleva sovietica culminò nell’estate del 1992 nella guerra di Transnistria. Il conflitto sedimentò le posizioni, e diversamente dal resto della Moldova, la de facto Repubblica Moldava di Pridnestrov’e ad oggi continua ad utilizzare il cirillico per trascrivere il rumeno. Mentre con il cambiamento legislativo e costituzionale di marzo, la Repubblica di Moldova ha inequivocabilmente affermato di parlare rumeno, il moldavo, ovvero il rumeno trascritto in alfabeto cirillico (secondo l’interpretazione datane dal de facto presidente della Transnistria), si parla solo oltre il Dnestr.
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