Čechov, Severjanin, Rasputin, l’arciprete Avvakum… ma ad avere il rapporto più profondo e tragico con il Bajkal è stato il drammaturgo Aleksandr Vampilov. Testo di Vasilij Avčenko (pubblicato originariamente sul portale russo God literatury), traduzione a cura di Fabiana De Benedictis*
Il più grande bacino d’acqua dolce, fredda, pulita, cristallina al mondo. Uno specchio d’acqua con una superficie più estesa di quella del Belgio. Il lago più profondo della Terra che peraltro, secondo gli esperti, diventa sempre più profondo… Una meraviglia del pianeta, un tesoro, un santuario.
In Russia si crede sia stato scoperto nel 1643 da Kurbat Ivanov, un cosacco di Tobol’sk.
La prima descrizione letteraria di questo lago formidabile ci è stata fornita dall’indomito arciprete Avvakum, il quale nel 1656 assieme al distaccamento del voevoda Paškov si recò proprio nei territori della Dauria, corrispondenti in parte all’attuale repubblica di Buriazia. Figura centrale dei Vecchi Credenti nello scisma religioso, l’ormai esiliato Avvakum attraversò il Bajkal su un’imbarcazione a fondo piatto non senza peripezie: “Ma nel mar Bajkal affondò di nuovo”.
Sei anni dopo, sulla via di ritorno, Avvakum riattraversò il Bajkal, dalla foce del fiume Selenga alla fonte dell’emissario Angara. Nella sua celebre autobiografia Vita dell’arciprete Avvakum scritta da lui stesso, raffigurò così i monti del Bajkal: “Attorno al lago vi sono alte montagne, falesie rocciose alquanto elevate…”. Descrisse anche la flora e la fauna locali:
Cipolle…cresce anche l’aglio, più grande di un bulbo della nostrana varietà di cipolla Romanov, ed è alquanto dolce…Vi sono molti uccelli, oche e cigni si muovono nel mare come sulla neve. Tra le varietà di pesci vi è il salmone siberiano, lo storione atlantico e sterleto, il cisco artico, il coregone e molte altre. L’acqua è dolce, ma all’interno vi sono grandi foche siberiane e foche barbate…Vi è grande abbondanza di pesci: gli storioni e i salmoni siberiani sono notevolmente grassi. Non è possibile cucinarli in padella, si ingrasserebbe tutto quanto.
Insieme alla madre Volga e al placido Don, il Bajkal si annovera tra le riserve d’acqua più sacre della Russia. Viene celebrato nelle canzoni popolari, da Per le steppe selvagge della Transbajkalja (attribuita a Ivan Kondrat’ev), fino a Glorioso mare, sacro Bajkal. Quest’ultima canzone prende ispirazione dalla poesia Pensieri di un fuggitivo sul Bajkal del siberiano Dmitrij Davydov. Sulla scia di Avvakum, il poeta chiama il Bajkal “mare”, come a elevarlo con un appellativo più prestigioso.
Čechov, che nel giugno del 1890 trascorse due giorni sulle rive del lago durante il suo viaggio verso l’isola di Sachalin, si disse d’accordo:
Il Bajkal è straordinario e, non a caso, i siberiani non lo chiamano lago, bensì mare. L’acqua è insolitamente cristallina, tanto che vi si può vedere attraverso, come attraverso l’aria.
Scrisse inoltre:
La poesia siberiana inizia dal Bajkal, prima del Bajkal esisteva solo la prosa.
Le poesie sul Bajkal sono davvero un’infinità. Igor’ Severjanin scrisse:
…Quante volte l’anima si è consumata
Nel desiderio di ritornare.
Tuttora non conosco il Bajkal:
vedere non vuol dire conoscere…
A ogni modo il principale cantore del Bajkal del XX secolo, probabilmente, non è stato un poeta, bensì un prosatore, ovvero Valentin Rasputin, originario della zona dell’Angara.
Così scrisse:
Il Bajkal, che con la sua maestosità e le sue dimensioni – tutto in esso è grande, tutto è ampio, vasto e misterioso – sembrerebbe dover sopraffare l’uomo, al contrario lo eleva. Sul Bajkal si prova una rara sensazione di elevazione e di spiritualità, come se a vista dell’eternità e della perfezione si venisse toccati dal sigillo segreto di questi concetti suggestivi e sfiorati dal respiro di una presenza onnipotente, ed entrasse così in noi una parte del magico segreto dell’intero creato.
Rasputin non si è limitato a descrivere il lago, ma lo ha anche salvato, spingendo per molti anni (fianco a fianco con altri letterati e studiosi, dai grandi scrittori Šolochov e Leonov agli accademici Kapica e Lavrent’ev) per la chiusura dell’inquinante cartiera sul Bajkal. Solo nel 2013 lo stabilimento ha finalmente chiuso i battenti. Tuttavia, proprio la fabbrica e, più in generale, il rapporto tra uomo e natura sono diventati nel 1969 il tema portante del film di Sergej Gerasimov Sul lago con Oleg Žakov, Natal’ja Belochvostikova e Vasilij Šukšin.
Nonostante il Bajkal non compaia nei titoli di coda, è lui il vero protagonista di questa pellicola.
A intrattenere il rapporto più profondo e tragico con il Bajkal è stato il drammaturgo Aleksandr Vampilov, coetaneo e compagno di Rasputin, nonché suo conterraneo della zona Irkutsk.
Vampilov fu scoperto e apprezzato solo nell’ultimo anno della sua breve vita, quando diversi teatri metropolitani si interessarono alle sue opere teatrali. Tuttavia, il destino crudele si accanì su di lui: Vampilov morì due giorni prima del suo trentacinquesimo compleanno, portato via proprio dalle acque del Bajkal. La sua fama si affermò post-mortem.
Rimase comunque non letto, non esplorato fino in fondo. Rasputin parlava di “entusiasta incomprensione di Vampilov”. Il critico Vladimir Bondarenko affermò: “Il mistero di Vampilov sta nella sua tragica incompletezza”. Nessuna guerra, nessuna prigione, nessun omicidio, nessun suicidio, neppure problemi d’alcolismo. Svanì letteralmente nell’acqua.
Il 17 agosto 1972 Vampilov e un suo amico, lo scrittore Gleb Pakulov, si trovavano su una piccola barca a motore diretti da porto Bajkal, nell’omonimo paesino, verso il villaggio di Listvjanka, quando l’imbarcazione si scontrò con un legno semisommerso e si capovolse. Pakulov si afferrò alla barca e attese i soccorsi. Vampilov, invece, iniziò a nuotare verso la riva e, quasi raggiunta, quando poteva già toccare il fondo con i piedi, il suo cuore ormai assiderato, si fermò.
“Quand’è che si placherà questa pozza?”. Sul suo taccuino Vampilov scrisse questa battuta, pensata per uno dei suoi personaggi. Forse il Bajkal si era offeso per tali parole…
In seguito si disse che era stata “la soffocante atmosfera di stagnazione” ad aver fatto perire il brillante drammaturgo. Ma che dire del fatto che Vampilov era stato ucciso da quel mare sacro, nostra meraviglia e nostro orgoglio? E che è stato sacrificato dall’ imperscrutabile versione siberiana del tarkovskiano Solaris, che diresse spietatamente il breve dramma che fu la vita di Vampilov?
Non saprei.
*Laureata in Traduzione specializzata all’Università di Trieste, ha vissuto e lavorato ad Almaty in Kazakhstan. Attualmente insegna italiano a russofoni. Si interessa di attivismo politico, femminismo e dinamiche di repressione del dissenso in Italia e nello spazio postsovietico.