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Ogni autunno, Erevan celebra il suo compleanno: la capitale dell’Armenia è uno dei centri urbani del mondo continuamente abitati più antichi. Eppure, passeggiando per le sue vie, si vedono poche costruzioni che richiamano ai suoi quasi tremila anni di storia. La città spicca per le sue costruzioni di tufo rosa edificate in epoca staliniana che, spostandosi verso la periferia, danno spazio alle chruščëvka, gli onnipresenti edifici residenziali comparsi in tutta l’Unione Sovietica a partire dagli anni Sessanta.
In centro, nonostante le nuove costruzioni spuntate con il boom edilizio degli ultimi vent’anni, si percepisce una certa armonia, tra viali immersi nel verde, due enormi piazze e gli edifici delle istituzioni politiche e culturali in stile neoclassico. Essa è frutto dell’opera dell’ideatore della Erevan moderna: l’architetto Aleksandr Tamanian.
Alle origini della Erevan moderna
Aleksandr Tamanian (1878-1936) era un architetto di origine armena. Nato a Ekaterinodar (l’attuale città russa di Krasnodar), studiò all’accademia d’arte di San Pietroburgo laureandosi nel 1904. I suoi primi lavori in Russia includono la villa di V. P. Kočubej a Carskoe Selo, la casa del principe Ščerbatov a Mosca, gli alloggi dei dipendenti delle ferrovie del villaggio e il sanatorio della tubercolosi presso la stazione Prozorovskaja (oggi Kratovo) nei pressi di Mosca e le officine centrali della stazione Kazanskij a Ljubercy.
Ma il suo lascito principale è appunto il piano-generale che nel 1924 diede avvio alla costruzione della moderna Erevan.
Il contesto in cui questo progetto maturò è piuttosto turbolento. Con la rivoluzione russa del 1917, i tre paesi del Caucaso del Sud si separarono dalla Russia creando la Repubblica Federale Democratica Transcaucasica nel febbraio 1918. Tale entità ebbe vita molto breve e, già alla fine di maggio 1918, si formarono tre repubbliche distinte: Georgia, Armenia e Azerbaigian. L’Armenia, in particolare, dichiarò l’indipendenza il 28 maggio 1918, facendo di Erevan la capitale della nuova repubblica.
L’indipendenza non placò la situazione nella regione; le tre repubbliche del Caucaso del Sud erano in guerra tra di loro a causa dei confini reciproci non demarcati, mentre l’Armenia si trovava in conflitto anche con l’Impero ottomano. Per di più, nel territorio della neonata repubblica arrivò un enorme influsso di rifugiati (circa 75mila): i sopravvissuti al genocidio armeno.
Fu in questo contesto che si decise di dare un nuovo volto a Erevan. All’epoca infatti, l’attuale capitale dell’Armenia era una cittadina di soli 12mila abitanti – circa la metà dei quali era di etnia armena nel 1914 – con una popolazione armena molto più piccola se paragonata a centri quali Gyumri, Kars o anche Istanbul.
Nonostante la breve esperienza di indipendenza armena ebbe fine già nel 1920, i piani per fare di Erevan una grande capitale non si interruppero.
Il piano-generale di Tamanian
Tamanian arrivò a Erevan nel 1919, uno tra i tanti intellettuali di origine armena che scelsero di rientrare nella patria ancestrale in quegli anni. Dopo un periodo a Tabriz, in Iran – un’altra città con una comunità armena numerosa – si trasferì definitamente nella capitale dell’Armenia nel 1923, venendo nominato ingegnere capo del Consiglio locale dei commissari del popolo dalle nuove autorità sovietiche.
Iniziò quindi a lavorare al piano-generale che sarebbe stato approvato nel 1924. Esso trasformò quella che era, a tutti gli effetti, una piccola città di provincia, in un grande capitale moderna.
Il piano-generale era una sintesi dei principi urbanistici sovietici con elementi tradizionali armeni, in una sorta di variante nazionale del realismo socialista. Gli scavi archeologici in luoghi come Ani alla fine del XIX secolo avevano portato infatti alla riscoperta di un antico patrimonio architettonico armeno a cui si fa continuo richiamo nell’architettura di Erevan.
Applicando con rigore il principio della suddivisione in zone e della distribuzione funzionale che separa in particolare i distretti amministrativi dalla zona industriale, il piano di Tamanian obbediva di fatto a una concezione binaria dell’organismo urbano. Il centro politico e amministrativo della città, piazza Lenin, l’attuale piazza della Repubblica, verso cui convergono tre “prospettive”, riunisce luoghi del potere locale, palazzi del governo e del partito.
Confinata nella parte meridionale e sud-orientale della città, nei pressi della stazione, la zona dedicata agli stabilimenti industriali.
Al di là di questo principio di base, gli isolati urbani con funzioni ben definite appaiono come altrettanti organi secondari nel disegno sistematico di questa città ideale.
A sud-ovest, il quartiere commerciale doveva comprendere, secondo Tamanian, non solo un mercato centrale coperto ma anche – come d’uso nelle città russe – di “passaggi” e gallerie. A nord-est, alla città universitaria il piano destinava un’area di 25 desjatine (unità di misura russa). Non lontano dalla piazza centrale, a nord, una seconda piazza, la piazza del Teatro – attuale piazza della Libertà.
Nella sua visione di una città del sud ispirata al principio della città-giardino, Tamanian aveva attribuito grande importanza agli spazi verdi. Secondo il suo progetto iniziale, il centro della città doveva essere circondato da una tripla cintura circolare di ampi viali alberati e attraversato da due prospettive “magistrali”. Come detto, tali viali caratterizzano ancora il centro di Erevan.
Intorno al centro, i quartieri abitativi che avrebbero preso il nome delle città turche dalle quali la maggior parte dei loro abitanti era arrivata fuggendo dal genocidio armeno come Arabkir, Malatia-Sebastia, Kilikia, Zeytun, Butania, Ayntab, e Kharberd.
Il piano di Tamanian comportò la demolizione di molti edifici storici preesistenti che sono sopravvissuti quasi esclusivamente solo nel distretto di Kond. Per questo a Erevan è difficile trovare costruzioni precedenti il XIX secolo. Tale distruzione è purtroppo continuata negli ultimi vent’anni che hanno visto la scomparsa di molti edifici di epoca zarista dal centro.
Tra le opere di Tamanian più note, a Erevan si trovano il teatro dell’opera (1933), la piazza della Repubblica e diverse costruzioni parte del distretto universitario. Nel suo ruolo di capo-ingegnere, Tamanian ideò anche il piano di ammodernamento di altri centri urbani dell’area quali Gyumri, Stepanakert e Echmiadzin.
Una statua dell’architetto è visibile nel centro di Erevan ai piedi della Cascata, il monumento più noto della città. Tamanian è sepolto nel pantheon di Komitas insieme ad altri personaggi storici armeni.
Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.