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Un nuovo inno per una nuova Germania. Nel settembre 1949 l’Unione Sovietica e i vertici della Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (SED) stanno ultimando il processo politico che il 7 ottobre porterà alla nascita della Repubblica Democratica Tedesca. Tra i passi ce n’è uno simbolico, quello di pensare a un inno al neonato Stato. Il Comitato Centrale della SED dà il compito ad Anton Ackermann, membro della resistenza al nazismo, combattente nella Guerra Civile Spagnola, di discuterne con il poeta Johannes Becher e il compositore Hanns Eisler.
Poco meno di un mese dopo il “mandato” ad Ackermann, Becher riceve una lettera da Wilhelm Pieck, il presidente della Repubblica. È il 10 ottobre e nella breve missiva ci sono le indicazioni riguardo alla struttura e ai concetti da esprimere nel testo. Nella prima strofa si dovrebbe parlare della democrazia in relazione, nella seconda del lavoro e della sua relazione con il benessere e nell’ultima della pace tra i popoli. E nel ritornello si deve fare riferimento alla Germania.
Le prime stesure e il piano di Chopin
Becher, che aveva vissuto i suoi anni in esilio in Unione Sovietica e che dal 1945 è il presidente del Kulturbund der DDR, l’organizzazione culturale di massa della DDR, non ha molto tempo. Il 4 novembre è fissata la consegna del testo. Una prima stesura la manda a Ottmar Gerster, compositore che durante il nazionalsocialismo aveva collaborato con il regime. Sono quattro strofe e ci sono già molti elementi del testo definitivo.
Becher ci lavora sopra e a fine ottobre si incontra a Varsavia in occasione delle celebrazioni per i duecento anni della nascita di Wolfgang Goethe con Hanns Eisler. Ha cinquantun anni ed è considerato un genio. È stato allievo del padre della musica dodecafonica Arnold Schönberg ed è legato artisticamente a Bertold Brecht. In più è sempre stato attivo politicamente e insieme a Ernst Busch ha composto diversi inni di protesta, oltre ad aver lavorato a Hollywood ed essere stato candidato all’Oscar.
Becher gli consegna il testo, Eisler lo musica in poche ore. Insieme vanno a Żelazowa Wola, lì dove è nato Frédéric Chopin. Sul piano del compositore polacco Eisler suona e i due capiscono di aver trovato la melodia giusta.
La scelta e l’approvazione
Il 4 novembre 1949 è fissato un incontro alla sede del Kulturbund der DDR. Gerster e Eisler suonano le loro rispettive versioni che vengono cantate da un coro improvvisato. Il mattino seguente il Politbüro si ritrova per una seduta straordinaria a casa del presidente Pieck. Stavolta le versioni vengono cantate da cantanti d’opera. Nello stesso pomeriggio il governo della Repubblica Democratica Tedesca approva la melodia di Eisler. Qualche mese dopo nel febbraio 1950 la Volkskammer, alla presenza di Becher e del compositore designano l’inno, denominato “Auferstanden aus Ruinen” come inno ufficiale della Germania Est.
Le accuse di plagio
Appena il testo della musica viene pubblicato i media della Repubblica Federale Tedesca avanzano dei dubbi sull’originalità della composizione. Secondo la loro analisi le prime battute sarebbero stati copiate dalla canzone Goodbye Johnny di Peter Kreuder proveniente dal film Wasser für Canitoga di Hans Albers. Una parte di testo che però venne utilizzato anche da Beethoven in Freudvoll und leidvoll scritta per l’opera di Goethe Egmont. La melodia ha anche un’altra caratteristica: ha la stessa metrica di Das Lied der Deutschen, l’inno della Germania Ovest, e dunque si può cantare le parole di uno sulla melodia dell’altro.
“Auferstanden aus Ruinen” senza parole
Il 6 novembre 1949 il testo viene pubblicato su Neues Deutschland e il giorno dopo, nel trentaduesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, l’inno venne suonato per la prima volta in pubblico. Da quel giorno le autorità politiche e culturali della DDR iniziano a intraprendere le azioni necessarie per diffondere e far conoscere l’inno alla popolazione. Viene suonato all’inizio e alla fine di ogni programma della radio nazionale della Germania Est e viene introdotto nelle scuole e nelle cerimonie delle organizzazioni giovanili.
Tutto cambia a fine anni Settanta con la Ostpolitik di Willy Brandt e il riconoscimento reciproco dei due Paesi. Uno dei versi, dove si parla di Germania come “unica patria”, è diventato politicamente sconveniente. Per questa ragione da quel momento e fino alla Caduta del Muro l’inno non verrà mai cantato ed eseguito solamente nella sua parte strumentale.
Inno dissolto
Nel gennaio 1990 con il nuovo governo di Hans Modrow l’inno riacquista le parole di Hans Becher, ma con la riunificazione perde il suo status. Per provare a salvarlo si fanno delle ipotesi. Qualcuno propone una nuova melodia sulle parole di una poesia di Bertolt Brecht, altri come Lothar de Maizière, ultimo presidente della DDR, propongono di combinare la terza strofa dell’inno della Germania Ovest con “Auferstanden aus Ruinen”. Una proposta rigettata anche se l’inno non viene dimenticato tanto da diventare uno dei simboli della Ostalgie.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.