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Guardando le bandiere del mondo è possibile riconoscere alcune notevoli somiglianze regionali. Quelle dei paesi scandinavi, ad esempio, presentano tutte una croce decentrata sulla sinistra su sfondi di diversi colori. Molte di quelle del continente africano condividono le stesse tonalità: il giallo, il rosso e il verde. Quelle centroamericane il celeste/azzurro e il bianco. Le bandiere balcaniche, invece, sono oggi tutte diverse tra loro, per colori e simboli riprodotti.
Anche quando i territori degli slavi meridionali erano riuniti sotto lo stesso tricolore, con tanto di stella rossa della Jugoslavia socialista, le bandiere delle sei repubbliche divergevano notevolmente tra loro. Per ritrovare un unico vessillo capace di identificarli tutti indistintamente bisogna risalire ai primi del Novecento.
Con la Prima guerra mondiale ancora in corso, i popoli slavi meridionali approfittarono del crollo imminente dell’Impero austro-ungarico dando vita ad una prima, brevissima (29 ottobre – 1º dicembre 1918), esperienza jugoslava: lo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi.
La bandiera della nuova entità riprendeva il tricolore scelto dal primo Congresso Panslavo del 1848 con bande orizzontali, ma con un ordine diverso. In alto il rosso, simbolo del coraggio e del sangue versato nelle guerre per l’indipendenza, al centro il bianco, simbolo di unità e pace, e in basso il blu, rappresentante il cielo e la libertà.
Bandiera dello Stato degli Sloveni, Croati e Serbi del 1918 (Wikipedia)
Lo stato cambiò nome pochi mesi dopo, trasformandosi in Regno dei Serbi, Sloveni e Croati, riconosciuto ufficialmente dalla Conferenza di pace di Parigi del 1919. Anche la bandiera subì una leggera trasformazione con il blu in alto e il rosso in basso. Al tricolore venne affiancato lo stemma della casa reale serba dei Karađorđević: un’aquila bicefala con al suo interno i simboli dei tre popoli costituenti.
Bandiera del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1918-1929) (Wikipedia)
Il Regno dovette però affrontare dure sfide interne, con continue tensioni tra le sue varie anime. Tensioni che raggiunsero il culmine con un attentato all’Assemblea Nazionale il 20 giugno 1928 che provocò la morte di quattro deputati tra cui il croato Stjepan Radić, leader del Partito contadino croato contrario all’egemonia serba nello stato.
Pochi mesi dopo l’attentato, il 6 gennaio 1929, il re Aleksandar Karadjordjević instaurò così la dittatura, cambiando il nome del paese in Regno di Jugoslavia. Quello che non cambiò fu la bandiera, che però adesso conteneva al suo interno lo stemma reale.
Bandiera del Regno di Jugoslavia (1929-1941) (Wikipedia)
L’occupazione nazifascista della Jugoslavia durante la Seconda guerra mondiale smantellò l’unità del paese dando vita a stati fantocci collaborazionisti, ognuno con una sua bandiera. Così come un proprio vessillo avevano anche i combattenti filomonarchici serbi dei četnici, che sventolavano un drappo nero con al centro un teschio e due ossa incrociate e la scritta intorno “Za kralja i otadžbinu, sloboda ili smrt” (Per il Re e la Patria, libertà o morte).
Bandiera del movimento filo-monarchico serbo dei četnici (Wikipedia)
Anche i partigiani comunisti guidati da Josip Broz Tito avevano una loro bandiera che riprendeva il tricolore panslavo con al centro una stella rossa a cinque punte. Simbolo che, dopo la guerra, sarebbe diventato la bandiera ufficiale della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia fino alla sua dissoluzione nel 1991-92, con l’aggiunta di un bordino giallo attorno alla stella.
Bandiera della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (Wikipedia)
Le bandiere delle singole repubbliche
Eppure, nonostante serbi, croati, sloveni, macedoni, bosgnacchi e montenegrini vivessero sotto un’unica federazione, ognuna delle sei repubbliche socialiste jugoslave continuava a mantenere una propria bandiera, sempre accompagnata da quella federale.
Quattro dei sei vessilli locali differivano in realtà solo per l’ordine dei colori. Quelle di Serbia e Montenegro, identiche, riportavano il rosso in alto, il blu al centro e il bianco in basso. Quella slovena invertiva l’ordine, con la striscia bianca in alto, la blu al centro e quella rossa in basso. La bandiera croata aveva un altro ordine ancora: rosso-bianco-blu. Tutte con al centro l’immancabile stella rossa con bordino giallo.
Bandiere delle repubbliche socialista di Jugoslavia, dall’alto a destra: Slovenia, Serbia e Montenegro, Macedonia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina (Wikipedia)
Quelle un po’ più particolari erano le bandiere della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina e della Macedonia. La prima, si può dire fosse formata da due bandiere in una. Nell’angolo in alto a sinistra quella federale su sfondo completamente rosso, senza altri simboli. La seconda, anch’essa interamente rossa, con una semplice stella dai bordi gialli in alto a sinistra.
La scacchiera croata
Tra le bandiere più singolari, quella attuale della Croazia riveste sicuramente un posto importante. Al solito tricolore rosso-bianco-blu è stato sovrapposto uno stemma piuttosto curioso: una scacchiera (šahovnica) con 12 quadrati bianchi e 13 rossi con sopra una corona contenente i simboli di 5 regioni storiche del paese: quella della capitale Zagabria, l’Istria, la Dalmazia, la Slavonia e Ragusa. Al loro interno sono raffigurati ben cinque animali: tre leoni, simbolo della Dalmazia, una martora bianca, simbolo della Slavonia, e una capra, simbolo dell’Istria.
Una particolarità che rende la bandiera croata quella con più animali tra tutte le bandiere nazionali esistenti al mondo.
Leggenda vuole che la scacchiera come simbolo croato sia stata utilizzata dopo che il re croato Stjepan Držislav (969-997), catturato dai veneziani, venne sfidato dal doge in una partita a scacchi in cambio della libertà, del re e delle terre occupate. Držislav vinse le tre partite, ottenendo così quanto promesso dal doge. Il re croato decise quindi di adottare la scacchiera bianca e rossa come simbolo.
La bandiera croata con la sua famosa šahovnica (scacchiera) (Wikipedia)
Osservando il vessillo croato bisogna fare attenzione a un altro piccolo particolare. Se il primo quadrato in alto a sinistra è infatti di colore rosso, allora si tratta della bandiera ufficiale in uso dal 1990, anno di indipendenza del paese dalla Jugoslavia. Se, invece, è di colore bianco allora il riferimento è allo Stato Indipendente di Croazia, guidato dal movimento fascista degli Ustaša durante la Seconda guerra mondiale. Ancora oggi non è difficile vederla sventolare, soprattutto tra i gruppi di estrema destra e nelle curve degli stadi.
Bosnia, Kosovo e quei riferimenti all’Europa
Tricolori, animali e scacchiere non sono però i soli elementi che caratterizzano le bandiere degli stati balcanici. Solo due paesi al mondo presentano sulla propria bandiera il territorio dello stato: uno è Cipro, l’altro è il Kosovo.
Adottata dopo l’autoproclamazione di indipendenza del 2008, la bandiera kosovara è di colore blu con sei stelle bianche poste sopra il territorio del paese di color oro. Il blu rimanda alla bandiera europea e alla volontà del paese di entrare a far parte dell’Unione, la mappa sottolinea la sovranità e l’integrità territoriale, mentre le sei stelle rappresentano le comunità etniche presenti in Kosovo: albanesi, bosgnacchi, gorani, rom, serbi e turchi.
La bandiera venne scelta con un concorso internazionale che vide l’invio di oltre mille proposte. Gli unici paletti imposti dalle Nazioni Unite riguardavano il divieto di utilizzo di aquile bicefale, perché già utilizzate da Albania e Serbia, e l’uso esclusivo dei colori delle bandiere dei due vicini, quindi il rosso-nero e il rosso-blu-bianco.
Stessi colori, o quasi, per la bandiera della Bosnia ed Erzegovina. Subito dopo l’indipendenza, nel 1992, il paese aveva adottato una bandiera bianca con uno scudo blu tagliato longitudinalmente da una striscia bianca e con al suo interno sei gigli dorati, simbolo storico del Regno di Bosnia. Le tensioni interetniche di quegli anni, con i relativi conflitti armati, non risparmiarono, ovviamente, neppure la bandiera che non veniva riconosciuta dalla componente serba.
Solo alcuni anni dopo la fine del conflitto, in occasione delle Olimpiadi invernali di Nagano del 1998, il paese si dotò di una nuova bandiera. Quella attuale è di colore blu scuro, che come quella del Kosovo rimanda all’Unione Europea, con un triangolo rettangolo isoscele giallo, che ricorda la forma del paese e la presenza delle tre etnie principali (croati, serbi e bosgnacchi). Lungo l’ipotenusa del triangolo ci sono poi sette stelle bianche, con la prima e l’ultima visibili solo a metà, rappresentanti anche in questo caso l’Unione Europea.
In questo lungo elenco, non potevano certo mancare le aquile bicefale con le teste separate dal collo e rivolte una a ovest e l’altra a est. Questo simbolo è stato adottato per la prima volta dall’Impero bizantino ed è oggi comunemente usata dalla Chiesa ortodossa. Non è forse un caso che sia raffigurata nell’attuale bandiera del Montenegro.
Adottata ufficialmente solo nel 2004, insieme ad un nuovo stemma e un nuovo inno nazionale, la bandiera montenegrina presenta una cornice dorata e uno sfondo rosso con al centro un’aquila bicefala che tiene tra le zampe un globo blu e uno scettro. Sul suo petto si trova invece uno scudo raffigurante un leone su sfondo azzurro-verde. L’aquila riprede il simbolo della dinastia Petrović-Njegoš che ha regnato sul Montenegro per più di centocinquanta anni (1697-1921), il leone il coraggio e la fierezza, mentre la corona la sovranità e l’indipendenza del paese.
L’altro paese ad avere l’aquila bicefala nella bandiera è l’Albania: aquila nera su sfondo rosso. Si rifà allo stemma dei Castriota Scanderbeg cui appartiene l’eroe nazionale per eccellenza: Giorgio Scanderbeg (1405-1468), condottiero militare e principe albanese capace di fermare temporaneamente l’avanzata ottomana nella regione.
A differenze di tante altre, la bandiera albanese è sempre rimasta la stessa con poche varianti, come la stella posta sopra l’aquila nel periodo della Repubblica Popolare (1946-1992).
Infine, particolare menzione per la sua bellezza merita la bandiera della Macedonia del Nord: un sole con otto raggi su sfondo rosso. Simbolo ripreso anche nell’inno nazionale “Oggi sulla Macedonia, è nato il nuovo sole della libertà”. Il sole rappresenta infatti la nascita di una nuova era e la speranza per il futuro.
Tra il 1992 e il 1995, quando il paese si chiamava ancora FYRoM (Former Yugoslav Republic of Macedonia) la bandiera adottata includeva il cosiddetto Sole di Verghina ritrovato su una tomba appartenuta probabilmente a Filippo III Arrideo, successore di Filippo II e di suo figlio Alessandro Magno. Proprio per la sua origine, l’utilizzo della bandiera, così come il nome della Macedonia, aveva creato tensioni con la vicina Grecia, fino alla sua definitiva sostituzione nel 1995.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.