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Con lo slogan “Stranieri ovunque”, sabato 20 aprile è iniziata ufficialmente la Biennale Arte di Venezia 2024, considerata tra le istituzioni culturali più note e prestigiose al mondo, all’avanguardia nella ricerca e nella diffusione delle nuove tendenze artistiche contemporanee. La nuova edizione dell’esposizione – che durerà fino al 24 novembre – è diventata terreno di scontro politico in Polonia tra il nuovo governo della coalizione guidata da premier Donald Tusk (PO) e l’opposizione dell’esecutivo uscente di Jarosław Kaczyński (PiS).
Il padiglione polacco sarà infatti rappresentato dal collettivo ucraino Open Group con Repeat After Me II, un’opera interattiva che sensibilizza sul tema della guerra chi la guerra non la vive. Tuttavia, la prima scelta del precedente governo, avvenuta precedentemente alle elezioni dell’ottobre 2023, era ricaduta su un progetto ben diverso.
L’arte secondo il PiS: dal locale alla Biennale
Durante gli otto anni al potere del PiS (2015 – 2023) numerosi sono stati i tentativi del governo – riusciti o mancati – di nominare personaggi faziosi e discutibili ai vertici delle istituzioni culturali. Tra botta e risposta con il Museo di Auschwitz-Birkenau e la messa in discussione della narrazione del moderno e famoso museo della storia degli ebrei in Polonia (POLIN), il governo ha tentato costantemente di riscrivere la storia del paese e modificare la narrazione storiografica e contemporanea a proprio favore. Non ultimo, il mancato rinnovo di Hanna Wróblewska, ex-direttrice in carica per 11 anni del più importante e antico museo d’arte contemporanea di Varsavia, la Galleria Nazionale d’Arte Zachęta.
Difesa e promossa dagli esponenti più di spicco del panorama culturale e artistico polacco per il suo impegno e i suoi successi artistici e manageriali, Wróblewska non ha ricevuto spiegazioni in merito dall’ormai ex ministro della Cultura Piotr Gliński. Al suo posto, Gliński ha celebrato la nomina del discusso Janusz Janowski, artista appartenente agli ambienti della destra conservatrice. Janowski è stato spesso accusato dai colleghi di essere un artista mediocre e arrogante, senza rilevanti pubblicazioni artistiche sulle riviste specializzate, senza esperienze di gestione manageriale, e legato a doppio filo alla politica di partito (è stato membro del Consiglio delle organizzazioni non governative presso il ministero della Cultura).
Il pensiero di Janowski può essere sintetizzato da alcune sue dichiarazioni del 2020, dove metteva in guardia contro “le ideologie di genere e LBGT” e contro l’ambientalismo.
Questo insieme comprende questioni relative al clima, al razzismo e alla disuguaglianza finanziaria. I musei sono uno dei luoghi utilizzati come teste di ponte per la lotta politica […] Nel nostro paese si è affacciato anche un altro fronte, che è la lotta contro l’eterosessualità e l’eterodominazione. Alcuni artisti credono che questo debba essere cambiato.
Poiché il direttore della Zachęta è anche a capo del comitato di selezione per la mostra polacca a Venezia, Janowski si è ritrovato nella posizione di poter fortemente influenzare chi e cosa avrebbero portato la rappresentazione culturale e artistica della Polonia al mondo. La giuria che decide quale progetto rappresenterà il padiglione polacco a Venezia viene formata ogni anno da chi ha ottenuto risultati accademici di vari centri in Polonia, tra i manager culturali di successo, registi e direttori con una vasta esperienza; spesso, però, alcuni di loro sono persone con legami sociali con il capo del comitato, e nel caso della commissione 2023 i conoscenti di Janowski erano numerosi e con scarsi meriti professionali.
Il Cristo d’Europa: la Polonia Martire anche a Venezia
Il risultato di una giuria così composta è stata la selezione del progettoPolish Exercises in World Tragedy. Tra Germania e Russia dell’artista Ignacy Czwartos e dei curatori Piotr Bernatowicz e Dariusz Karłowicz. Piotr Bernatowicz è un critico d’arte con esperienze di curatore – sempre grazie a nomine politiche e mai concorsuali – e dal 2020 è direttore delCentro d’Arte Contemporanea del Castello di Ujazdów (Zamek Ujazdowski) di Varsavia, altra nomina governativa che ha utilizzato per stabilire una rappresentazione dell’immaginario nazional-cattolico e reazionario nel contesto dell’arte contemporanea, spacciando la partecipazione di artisti neofascisti e opere omofobiche e misogene per “pluralismo”. Inoltre, all’inizio del 2023, Janusz Janowski e Piotr Bernatowicz stessi hanno curato proprio la mostra di Ignacy Czwartos.
Polish Exercises in World Tragedy presenta una serie di dipinti di Czwartos sul massacro di Katyn’, sui soldati sterminati e i criminali nazisti, ma anche dipinti che raffigurano, tra l’altro, una svastica che collega Vladimir Putin e Angela Merkel, e altri che ritraggono anche Evgenij Prigožin e Aljaksandr Lukašenka. Alcune opere contengono allusioni alla catastrofe di Smolensk del 2010.
“La mostra che proponiamo di presentare a Venezia è il frutto di una profonda riflessione di un artista polacco contemporaneo sulla tragica storia del XX secolo”, così si sono difesi i curatori nella descrizione del concept del progetto. La mostra consterebbe di decine di tele dipinte a olio “con rappresentazioni di vittime e carnefici polacchi dei crimini dei due totalitarismi del XX secolo”. Il tutto completato dalla proiezione di un filmato appositamente preparato, basato sulla documentazione fotografica e cinematografica dei crimini del comunismo e del nazionalsocialismo tedesco. Il senso della mostra risiede nella frase “i greci hanno inventato la tragedia, i polacchi la provano” apparsa sulla pagina ufficiale del progetto.
Poco dopo la decisione del comitato, le uniche tre donne che ne facevano parte hanno pubblicato un comunicato dove sottolineano che, contrariamente al tema della Biennale di quest’anno, il progetto scelto dalla giuria presenta un’immagine della Polonia come “un paese omogeneo, dalla mentalità non aperta, concentrato solo su se stesso e sul parlare dalla posizione di vittima” e che “non riflette in alcun modo la scena artistica contemporanea polacca”. Inoltre, il tema stesso della Biennale è stato completamente ignorato.
La vittoria dell’opposizione e la Biennale di Venezia: storia di una ridemocratizzazione della cultura
Con la vittoria dell’opposizione alle elezioni politiche del 2023, il nuovo governo quadricefalo guidato dal redivivo Donald Tusk imbastisce un’aspra lotta al sistema illiberale e filo-PiS che il governo aveva costruito per anni. Le cariche dei media pubblici e delle istituzioni giudiziarie – desaturati della propria indipendenza e imparzialità – vengono destituite d’impeto e sostituiti con personalità di rilievo e riconosciute come più equilibrate dai cittadini.
Tra questi, il nuovo ministro Bartłomiej Sienkiewicz a dicembre 2023 ha licenziato Janowski dal suo ruolo di direttore di Zachęta, motivando la sua decisione con “il mancato adempimento da parte del direttore di uno dei suoi doveri statutari fondamentali – la creazione e l’attuazione di una strategia per un’istituzione culturale – che ha reso impossibile l’adempimento dei compiti statutari della Zachęta – la diffusione dell’arte contemporanea in tutte le sue manifestazioni attuali, trattata come un importante elemento della cultura e della vita sociale”. Il nuovo direttore o la nuova direttrice sarà presto selezionato/a attraverso un concorso pubblico.
Pochi giorni dopo, Sienkiewicz ha ribaltato la decisione della giuria della Biennale, annunciando che a Venezia la Polonia sarà rappresentata dal progetto arrivato secondo nella selezione, la mostra Repeat After Me II. Secondo un comunicato del ministero, la decisione è stata presa “dopo aver analizzato le procedure di concorso per l’allestimento della mostra […] e aver preso atto delle opinioni e delle voci delle comunità”.
Repeat After Me II è un progetto audiovisivo presentato dalla curatrice Marta Czyż e da Jurij Bilej, Pavlo Kovač e Anton Varga, del collettivo ucraino Open Group, leader dell’ultimo decennio dell’arte contemporanea ucraina, già partecipanti alla Biennale di Venezia nel 2015, 2017 e 2019.
L’esposizione racconta il trauma della migrazione e dello sfollamento in tempo di guerra attraverso due opere video di testimoni della guerra in corso in Ucraina, realizzate nel 2022 e nel 2024. I protagonisti sono rifugiati civili che raccontano la guerra con il ricordo dei suoni delle armi, invitando poi il pubblico a ripeterli ad alta voce. Gli artisti utilizzano quindi la formula del karaoke, solo che in questo caso l’accompagnamento non è costituito da hit nazional-popolari, ma da spari, cannonate, ululati ed esplosioni, e i testi sono descrizioni di armi militari.
Il video 2022 è stato girato vicino a L’viv in un campo per i cosiddetti rifugiati interni (provenienti dall’Ucraina orientale) e i suoi protagonisti raccontano le loro recenti esperienze. L’opera 2024 è stata realizzata fuori dall’Ucraina, in luoghi di rifugio sicuro (Breslavia, Vienna, Berlino, Vilnius, Tullamore vicino a Dublino e New York), ma per i suoi protagonisti i suoni della guerra rimangono ancora parte del trauma. La giustapposizione dei video del 2022 e del 2024 non solo illustra la “progressione” della tecnologia bellica, ma soprattutto sottolinea la drastica continuità della memoria della guerra ed estende simbolicamente i confini della sua portata, collocando le storie dei protagonisti del lavoro più recente nel contesto dell’attuale crisi dei rifugiati.
La scelta dell’esposizione del collettivo ucraino è stata “una scelta di valori, sia collettivi che istituzionali dello Stato polacco”, ha dichiarato Sienkiewicz. “L’arte non porta la pace e non contrasta la guerra, ma risveglia emozioni che ci permettono di non essere indifferenti”, ha continuato.
Il collettivo Open Group è stato fondato nell’agosto 2012 a L’viv da sei artisti ucraini. Il loro lavoro si basa sullo studio dell’interazione tra le persone e il contesto dello spazio, creando la cosiddetta situazione aperta. La performatività e la collaborazione con gli spettatori e i partecipanti sono quindi elementi fondamentali del loro lavoro. Nella loro pratica creativa, esplorano il concetto di collaborazione collettiva. Negli anni hanno ricevuto numerosi riconoscimenti ed esposto più volte i loro lavori in eventi internazionali.
Fuori dalla Biennale ma ostinatamente a Venezia: la destra che non si arrende
La decisione di Sienkiewicz – così come molte delle drastiche decisioni del nuovo governo – ha trovato l’aspra protesta dell’opposizione, dal PiS a Konfederacja, che accusano l’esecutivo di utilizzare metodi dittatoriali e illegali. Contro la decisione del ministro della Cultura, il Castello di Ujazdów – ricordiamo, guidato da Bernatowicz – ha organizzato una mostra polacca alternativa a Venezia, contemporaneamente alla Biennale, esponendo proprio le opere di Ignacy Czwartos. Inaugurata il 17 aprile, la mostra è intitolata simbolicamente Polonia senza censura ed è esposta in uno spazio messo a disposizione da Marek Buczkowski, rappresentante della diaspora polacca. La mostra sarà allestita in uno stabile in viale IV Novembre 8, proprio accanto ai Giardini della Biennale di Venezia, dove si trova il padiglione ufficiale polacco. Secondo Bernatowicz,
Czwartos è un eccezionale pittore polacco. […] i temi dei dipinti di Ignacy Czwartos riguardano momenti chiave della storia della Polonia e dell’Europa centrale e orientale, estremamente importanti per comprendere il presente, e il messaggio trasmesso dai suoi eccezionali dipinti è del tutto coerente con la raison d’état polacca.
A Venezia, quest’anno, la Polonia avrà due esposizioni, non contrastanti nel contenuto, ma antitetiche nel loro processo di selezione e ideazione. L’ennesimo segno di un paese polarizzato e diviso, con molte anime, profondi traumi, e una storia lunga e affascinante che ha appena iniziato a scrivere un nuovo capitolo.
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Laureato in European and Global Studies, ha trascorso due anni in Polonia, prima a Cracovia per studio, poi a Danzica lavorando per la Thomson Reuters. Ha scritto una tesi di laurea magistrale sulla securitizzazione della gestione della pandemia da coronavirus in Polonia, e una tesi di master sull’infuenza politica della Conferenza di Helsinki in Polonia negli anni Settanta ed Ottanta