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Il 26 ottobre le elezioni in Georgia hanno riconfermato al potere il partito di maggioranza, Sogno Georgiano, con il 54% delle preferenze, nel grande sconforto di quelle parti della società civile che vedevano nella vittoria dell’opposizione l’unico modo di strappare il paese all’influenza russa.
Sin dal giorno del voto, gli osservatori hanno denunciato brogli nelle cabine elettorali (ne abbiamo già parlato qui), le cui prove sono state poste al vaglio e successivamente inviate a diverse organizzazioni internazionali, nella speranza che vi siano basi sufficienti per indire nuove elezioni monitorate da attori esterni. Nel mentre, l’opposizione si è rifiutata di riconoscere il governo e ha promosso una serie di manifestazioni per contestare il risultato del voto.
In questo articolo ripercorreremo brevemente la cronologia di un mese di proteste nella capitale, Tbilisi. Le azioni contro la vittoria di Sogno Georgiano hanno infatti avuto poca partecipazione, complici la delusione per i risultati, la sfiducia nei confronti dell’opposizione e il freddo dell’inverno, almeno sino al 28 novembre, quando il governo ha posticipato i colloqui di adesione all’Unione Europea al 2028.
Alla notizia, migliaia di persone hanno affollato i dintorni del Parlamento, protetto da polizia in tuta antisommossa. Sia il 28 che il 29 novembre vi sono stati scontri tra gli agenti e manifestanti, culminati in un numero impressionante di arresti. La notte tra il 30 novembre e il primo dicembre, centomila persone si sono trovate in piazza per protestare.
La speranza infranta
Nell’aprile e maggio 2024 la Georgia è stata scossa da una furiosa ondata di proteste contro la “legge sull’influenza straniera”, rinominata “legge russa”. Sebbene la legislazione sia stata infine approvata, come quella contro la “propaganda LGBT”, la forte reazione di parte della cittadinanza ha motivato la società civile a credere nella possibilità di un futuro diverso, fondato sull’inclusione nell’Unione Europea e realizzabile nella vittoria della coalizione dei partiti d’opposizione. Per questo, nei mesi precedenti al voto, organizzazioni come la Media Development Foundation (MDF) si sono impegnate strenuamente nel monitoraggio della campagna elettorale e nella controinformazione della propaganda di Sogno georgiano del canale ufficialeImedi.
Nonostante gli sforzi, il 26 ottobre l’opposizione ha perso. Il giorno dopo, la presidente in carica Salome Zourabichvili ha indetto una conferenza stampa con i rappresentanti dei partiti, in cui ha dichiarato le elezioni illegittime, risultato di brogli e di una più vasta “operazione speciale russa” che avrebbe, con successo, intaccato la sovranità del popolo georgiano.
Il 28 ottobre è stata perciò promossa una prima manifestazione ufficiale contro i risultati. Già allora, nonostante la forte presa di posizione politica dell’opposizione, alcuni elettori delusi si sono rifiutati di partecipare:
In realtà, non andrò a protestare perché ho come la sensazione che le persone meritino e vogliano questo tipo di governo. Monitorare le elezioni e votare erano le uniche armi che avevo, e non hanno funzionato. È frustrante, ma vero. Magari hanno falsificato i voti del 10%, ma la realtà rimane che una parte deigli elettori crede realmente che Sogno Georgiano protegga la Georgia dalla guerra.
L’intervistata, Ninako, si riferisce alla dibattuta campagna elettorale del partito di maggioranza, che contrapponeva le immagini delle città ucraine distrutte dalle bombe russe alle infrastrutture urbane in Georgia sotto lo slogan “No alla guerra, scegli la pace”.
Altri erano invece più indulgenti:
Nella settimana prima delle elezioni, ho guardato ogni giorno Imedi. Ho realizzato che, se fosse il mio unico canale di informazione probabilmente avrei votato anche io per Sogno Georgiano. La Georgia, infatti, viene dipinta come un grande paese in crescita economica, la cui stabilità si deve al partito.
Sandro
Alla manifestazione erano presenti migliaia di persone che hanno reclamato il proprio voto e il desiderio di portare la Georgia nuovamente sul cammino dell’inclusione europea. I partecipanti hanno cantato insieme l’inno nazionale, Tavisupleba (Libertà) e l’“Inno alla Gioia”, dandosi poi appuntamento la settimana dopo per attuare una strategia di resistenza.
Il 4 novembre, l’opposizione ha quindi delineato, davanti alla sede del Parlamento, il piano d’azione delle settimane future: inviare le prove dei brogli alla comunità internazionale e organizzare proteste giornaliere. A questo scopo hanno distribuito dei manifesti, da attaccare sui muri della città, con un QR code per l’accesso al canale telegram “Demand new elections” su cui coordinarsi (ora con poco più di 5mila iscritti).
Nei giorni successivi, i manifestanti si sono quindi più volte ritrovati alla sede del tribunale cittadino di Tbilisi dove si stavano valutando i reclami dei singoli cittadini sull’irregolarità del processo elettorale. A sorpresa, la delibera finale è arrivata il 13 novembre, invece del 21: il giudice ha dichiarato il non luogo a procedere.
Nel mentre, anche attori indipendenti come il gruppo Daitove (originariamente creatosi su Facebook per gestire gli spostamenti dalle regioni alla capitale durante le proteste di questa primavera) hanno organizzato delle azioni. Il 10 novembre, per esempio, il gruppo si è riunito in Piazza della Libertà, in centro a Tbilisi, per poi spostarsi sulle arterie principali del ponte Baratashvili, bloccandolo al traffico. I partecipanti hanno inneggiato all’Unione Europea e all’integrità territoriale della Georgia (“L’Abcasia è Georgia! L’Ossezia del Sud è Georgia”).
Durante questa manifestazione il cerchio annerito su sfondo bianco delle schede elettorali è diventato il simbolo della falsificazione dei risultati del voto, poi ripreso nelle proteste successive.
Greta Thunberg sposa la causa
L’11 novembre sono state annunciati in contemporanea due diverse eventi: una manifestazione ufficiale contro i risultati delle elezioni, e un picchetto organizzato dall’attivista ambientale Greta Thunberg e il Movimento femminista anti-guerra del Caucaso (Caucasus Feminist anti-war movement) per protestare la decisione di far svolgere la Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (COP29) in Azerbaigian, gigante degli esportatori di petrolio.
Durante la protesta, Thunberg ha denunciato l’uso della violenza da parte di Baku nei confronti della popolazione armena durante l’annessione del Nagorno-Karabakh dello scorso settembre, reiterando la necessità di continuare a denunciarne l’ingiustizia. In seguito, l’attivista ha espresso la sua solidarietà alla causa georgiana unendosi alla manifestazione ufficiale, a cui hanno partecipato anche i delegati di otto paesi europei.
Sono dalla parte del popolo georgiano, di coloro che combattono contro un regime che sta approvando pericolose leggi finalizzate a silenziare il dissenso […]. Invece di muoversi verso la democrazia, il governo sta adottando delle leggi liberticide di stampo russo.
Sono dalla parte del popolo georgiano nella loro richiesta d’investigare e di dare luogo a nuove, libere elezioni. Il mondo deve prestare attenzione.
Greta Thunberg su Instagram, 12/11/2024
Accampamenti universitari e arresti
Nei giorni seguenti, si sono succedute diverse piccole manifestazioni. Il 17 novembre la società civile e l’opposizione hanno deciso di ricorrere a misure più drastiche, organizzando un accampamento davanti all’università statale Ivane Javakhishvili e barricando la strada con camioncini e bidoni della spazzatura per proteggere tende e rifornimenti. Decine di persone sono rimaste a dormire in strada la notte, ballando per riscaldarsi.
L’azione di protesta, che originariamente doveva durare ventiquattr’ore, è stata protratta alla notte successiva. Nelle prime ore del mattino del 19 novembre la polizia, sino a quel momento rimasta in disparte, ha brutalmente distrutto l’accampamento e ne ha disperso i partecipanti. A questa notizia, i manifestanti si sono riversati nelle strade. Purtroppo, ci sono state delle colluttazioni che hanno portato a sedici arresti: il caso più grave è quello di Mate Devidze, accusato di aver assalito dei poliziotti, che potrebbe scontare sino a sette anni di carcere.
Le proteste, protrattesi per tutto il giorno e la notte successiva, si sono trasformate in picchetti spontanei davanti alle porte dell’università. Varie associazioni, tra cui il Laboratorio di ricerca del passato sovietico (SovLab), hanno organizzato eventi e lezioni gratuite sulla storia della Georgia e della sua storica opposizione alla Russia. Il 23 novembre, un altro meeting ha bloccato la piazza degli Eroi, uno dei principali snodi della città.
Infine, il 24 novembre vi sono state cinque diverse azioni di protesta durante la giornata, tra cui la manifestazione delle donne georgiane: “Tu vai (diretto all’oligarca Bidzina Ivanishvili, fondatore del Sogno Georgiano, ndr), noi restiamo!”. La sera, un migliaio di manifestanti si è poi ritrovato in Rustaveli, la via principale della città, per piantare un accampamento davanti al Parlamento in attesa della prima riunione del nuovo governo (a cui l’opposizione ha rifiutato di partecipare) programmata per il giorno successivo. I manifestanti si sono a lungo scontrati, gridando “Schiavi russi, liberate la Georgia!”, con la polizia che ha bloccato con successo parte delle auto su cui erano trasportati i rifornimenti e le tende.
La mattina del 25 novembre, il Parlamento georgiano ha riconosciuto i poteri della camera nonostante l’assenza dei parlamentari dell’opposizione. I manifestanti, circondati da un impressionante dispiego delle forze di polizia, sono rimasti in piazza, sfogando la loro frustrazione e battendo a turno rocce e ombrelli contro i rinforzi di metallo che murano la facciata principale del palazzo del governo. Un tonfo continuo, udibile dalle vie circostanti, ha accompagnato sino a tardo pomeriggio i rumori dei camion della spazzatura che rimuovevano le tende e le provviste di coloro che sono rimasti la notte in strada.
Una nuova fase delle proteste
Per un mese buono, la partecipazione alle azioni (ufficiali e non) è stata scarna rispetto alle previsioni: ci si aspettava, infatti, che la vittoria di Sogno Georgiano avrebbe portato in strada lo stesso numero di persone della scorsa primavera.
I manifestanti, generalmente, non si spiegavano cosa stesse succedendo. Molti erano convinti che fosse colpa del freddo dell’inverno, che rendeva difficile rimanere in strada per lungo tempo. In quei momenti, Daitove era diventata la piattaforma più interessante per seguire i dibattiti interni dell’opinione pubblica. Le persone vi condividevano le loro frustrazioni, lamentando che la maggior parte delle persone stessero ferme a guardare la Georgia perdere il suo futuro europeo alla Russia.
Inoltre, era cresciuta esponenzialmente la disillusione nei confronti dei politici degli altri partiti, che non hanno partecipato alle ultime azioni di piazza. Commentatori esterni, quali l’istituto Boell di Tbilisi, avevano già pubblicato un’interessante analisi sulla responsabilità dell’opposizione nel fallimento della campagna elettorale e le proteste. Naturalmente, nel gruppo non mancavano conversazioni accese sull’evoluzione della politica interna del paese, come la recente discussa nomina dell’ex calciatore Mikheil Kavelashvili per il ruolo di presidente. Kavelashvili è uno degli ideatori della teoria del complotto promossa da Sogno georgiano durante la campagna elettorale sul “Partito globale della guerra”, con forti posizioni contro l’Occidente e la Nato.
Tutto è cambiato il 28 novembre, quando il primo ministro in carica, Irakli Kobakhidze, ha posposto i dialoghi di accesso all’Unione Europea. La reazione della popolazione è stata subitanea e molto forte: senza neanche organizzarsi, un’impressionante numero di georgiani si è ritrovato al Parlamento. A loro si è unita la presidente Zourabichvili, che si è rivolta ai rappresentanti delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa, rimproverandoli di non pensare al proprio paese e, anzi, di servire la Russia. Infine, ha dichiarato:
Inizia ora la resistenza, che non finirà fino a quando non otterremo nuove elezioni. Non dobbiamo arrenderci. Resistiamo.
In nottata, con il crescere della folla è aumentata anche la tensione con gli agenti. Verso le undici, la polizia ha iniziato a lanciare i primi lacrimogeni. In risposta, i partecipanti si sono preparati allo scontro frontale, urlando: “Schiavi della Russia”. Sono riusciti a divellere uno dei pannelli di metallo che proteggevano l’ingresso del Parlamento da usare come scudo per i cannoni ad acqua che già si stavano posizionando in via Chichinadze.
Attorno alle tre del mattino, gli specnaz (termine usato originariamente per indicare i corpi speciali sovietici) hanno azionato i cannoni, colpendo e ferendo anche i rappresentanti dei media locali come Publika e OC Media. La situazione è degenerata presto. Gli agenti hanno preso di mira e picchiato a sangue molte persone, tra cui giornalisti, che hanno dovuto ricevere cure d’urgenza in ospedale. La folla è rimasta sino alle prime ore del mattino, appiccando fuochi su delle barricate di fortuna. La prima notte, 43 partecipanti sono stati arrestati.
Tra il 29 e il 30 novembre, la protesta si è svolta in maniera simile ma con più violenza da parte della polizia. Molti dei rappresentanti dell’opposizione, come Elene Xoshtaria e Irakli Kupradze, sono stati visti in mezzo alla folla, e alcuni di loro sono stati colpiti dai cannoni. Video sui canali di informazione principali mostrano, inoltre, agenti senza numero di identificazione pestare e inseguire i manifestanti sino dentro le farmacie o le fermate della metro. La seconda notte, sono state arrestate 107 persone.
Secondo le stime, alle rivolte della notte tra il 30 novembre e il primo dicembre hanno partecipato più di 100mila persone. L’entusiasmo della folla è stato accompagnato dalle notizie delle dimissioni degli ambasciatori georgiani nei Paesi Bassi, Lituania e Stati Uniti. I più violenti tra i manifestanti hanno costruito delle granate con i fuochi d’artificio (che già avevano utilizzato il giorno prima), con cui hanno spaccato finestre e appiccato il fuoco in una stanza dell’edificio del Parlamento.
Il culmine della prima parte della serata è stato il rogo di un fantoccio con le fattezze di Ivanishvili, come era già accaduto a Kutaisi.
Gli scontri con i poliziotti in tenuta antisommossa (ribattezzati robocop) si sono sviluppati in tarda serata. I rivoltosi hanno risposto ai cannoni ad acqua con impressionanti armi casalinghe (tra cui un bazooka a fuochi d’artificio). Mentre i più temerari combattevano in prima linea, il resto delle persone si è spostato dal Parlamento verso la stazione della metro Rustaveli, costruendo al loro passaggio una serie di barricate con cesti della spazzatura, panchine e impalcature rimosse da edifici in costruzione, a cui hanno poi dato fuoco.
Verso le tre del mattino, la quantità di gas lacrimogeno utilizzato dalla polizia è stata tale da avvelenare anche le persone lontane dagli scontri. La situazione era talmente cruenta che un camion dei pompieri si è rifiutato di consegnare l’acqua alle forze dell’ordine. Nonostante tutto, i manifestanti sono stati capaci di mantenere le proprie posizioni sino al mattino, muovendosi poi sino all’incrocio dell’università statale. All’ora di pranzo del primo dicembre erano ancora lì, condividendo pane e formaggio.
In generale, i partecipanti sono molto consapevoli e organizzati: in piazza, vengono distribuiti collirio, maschere e occhialini a chi ne è sprovvisto. Gli studenti di medicina offrono azioni di primo soccorso e trasportano i feriti alle ambulanze. Come era già accaduto nelle proteste di questa primavera, molti locali, anche russi, rimangono aperti durante la notte per offrire rifugio e bevande calde alle persone. Un gruppo di psicologi ha messo in azione Thera Nova, una piattaforma che offrire gratuitamente sedute di psicoterapia per superare il trauma dell’avvelenamento da lacrimogeni (che, a detta della gente, è peggiore della scorsa primavera) e della violenza della polizia:
La violenza delle proteste di aprile mi ha così tanto traumatizzato che non riuscivo a uscire di casa senza avere attacchi di panico. Vorrei tentare di aiutare chiunque si ritrovi nella stessa situazione.
Nini
Il numero di persone ricoverate negli ospedali aumenta sempre di più, come degli arrestati. Sui canali di informazione principali si sono già condivise delle raccolte fondi a sostegno delle vittime e vademecum sui comportamenti di sicurezza durante le proteste.
Il primo dicembre è stato l’anniversario dell’inizio del Majdan ucraino (2013). EuromaidanPress, commentando la ricorrenza, ha dichiarato:
Undici anni dopo, gli echi del Majdan ucraino risuonano in Georgia, dove le persone si stanno mobilitando, allo stesso modo, contro la corruzione del governo, l’influenza russa e la minaccia ai valori democratici. Proprio come gli ucraini hanno sfidato l’impunità e l’autoritarismo, i manifestanti georgiani si scontrano oggi con un governo colpevole di essersi allineato troppo a Mosca, nonostante le aspirazioni della società per l’integrazione europea.
Intanto, il 2 dicembre è entrata in vigore la legge contro la cosiddetta “propaganda LGBT”, che tra le molte cose promuove il divieto totale di manifestazione per i diritti della comunità. Infine, Sogno georgiano ha deciso la data del 14 dicembre per le elezioni del nuovo presidente della Georgia.
Studentessa del master in East European and Eurasian studies (MIREES) presso l’università di Bologna. S’interessa della storia, politica e cultura dello spazio post-sovietico, specialmente nel Caucaso. Ha vissuto sei mesi a Tbilisi, e per un breve periodo a Mosca.