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Liu e Jia: i primi due calciatori cinesi della Jugoslavia

Ci sono poche foto che immortalano questo avvenimento e sono quasi sempre le stesse. Sono un po’ sgranate a causa del periodo in cui furono scattate: quasi quarant’anni fa. Parlano di un fatto veramente inusuale per il tempo e raccontano di quella volta che due calciatori cinesi vestirono (per due stagioni) la maglia bianco-nera degli jugoslavi del Partizan di Belgrado.

Gli albori dei calciatori cinesi in Europa

Siamo nel 1987 e nessun giocatore proveniente dalla Repubblica Popolare Cinese ha mai messo piede in Europa. Il primo a rompere questo confine (non troppo) immaginario fu Xie Yuxin che fu notato dagli osservatori del Prins Hendrik Ende Desespereert Nimmer Combinatie Zwolle, più nota semplicemente come Zwolle, dal nome della città. Aveva diciannove anni e sembrava essere davvero un bel prospetto. Cauta la società gli fece firmare un contratto per allenarsi con la squadra. L’amore non scoppiò mai definitivamente e il calciatore fece ritorno in patria dove ebbe una dignitosissima carriera, condita anche da quasi cinquanta presenze in nazionale.

Mentre Xie provava a convincere i dirigenti dello Zwolle, Gu Guangming, che in patria giocava già da dieci anni, si trovava in Europa. Si era rotto una gamba nel 1986 e aveva deciso di smettere – almeno per un po’ – con il calcio. Era in Germania come studente e si fece notare dal TuS Koblenz. Dopo un anno di permanenza con i nero-azzurri, passò al Darmstadt 98, dove restò per cinque stagioni, diventando il primo giocatore cinese a giocare in Europa. Tuttavia, Gu disputò con la squadra bianco-blu solo campionati di seconda divisione.

Una foto di squadra con i due calciatori cinesi proprio sopra il portiere (credit foto Istorija ex yu fudbala)

Il secondo scalino della lega tedesca non era certo paragonabile, a quel tempo, a uno dei migliori campionati europei, come invece era la Prva Liga jugoslava. Fu così che quando il Partizan di Belgrado mise sotto contratto Jia Xiuquan e Liu Haiguang si poté intuire che si trattava di tutta un’altra storia.

Gli osservatori del Partizan partono alla volta di Abu Dhabi

Questa scelta non poteva essere presa a cuor leggero né dalla Federazione calcistica cinese, che aveva qualche dubbio nel perdere due dei suoi più promettenti giocatori, né dal Partizan che, impegnato com’era nella lotta per la vittoria del campionato nazionale, non voleva assolutamente comprare due perfetti sconosciuti a scatola chiusa.

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L’occasione per gli osservatori bianco-neri arrivò durante le qualificazioni della Coppa d’Asia del 1988. Con un volo da Belgrado, gli uomini del Partizan partirono alla volta degli Emirati Arabi Uniti per vedere all’opera Jia e Liu. Al tempo, le partite per partecipare alla rassegna continentale, venivano disputate su quattro gironi divisi in quattro città differenti (in questo caso Abu Dhabi, Kuala Lumpur, Katmandu e Giacarta).

La Cina affrontò i padroni di casa, lo Yemen del Nord, Thailandia, Bangladesh e India, conquistando il secondo posto con tre vittorie, due pareggi e zero sconfitte. A far brillare gli occhi degli osservatori jugoslavi fu in particolare la differenza reti: 10 fatte, 0 subite. Alla guida della difesa cinese c’era proprio Jia Xiuquan (che era stato anche miglior giocatore e capitano della Cina all’edizione 1984 della Coppa d’Asia), mentre Liu Haiguang aveva segnato tre reti.

L’arrivo dei calciatori cinesi a Belgrado

I due calciatori cinesi arrivarono a Belgrado il 29 febbraio 1988. Per capire cosa successe in quei giorni ci aiuteremo con un’intervista comparsa su Tv Novosti di quell’anno a firma M. Pašić. L’arrivo fu traumatico. Non solo si ritrovarono a giocare in una squadra dall’altissimo tasso tecnico e tattico, ma anche lo scoglio linguistico fu tremendo.

In città non esistevano praticamente persone in grado di parlare il mandarino e i due si rifugiavano spesso in ambasciata per provare a fare pratica con la nuova lingua, anche se all’arrivo si erano preparati, imparando un semplice ma efficace “Come va”? (Kako ste?). “La non conoscenza della lingua ci ostacola durante il gioco – dichiarò Jia a Tv Novosti – Non possiamo urlare ai nostri compagni di fare attenzione e tutto il resto che serve durante una partita. Ecco perché a volte siamo in difficoltà”.

Kako ste?

Le prime parole pronunciate dai calciatori cinesi

Anche quello che provarono sul campo di gioco, fu qualcosa di completamente nuovo. Le partite in Cina erano seguite, ma non avevano niente a che vedere con quanto succedeva allo stadio Jna, dove i tifosi incitavano la squadra per tutta la partita e lo scoppio di petardi e razzi e l’uso dei fumogeni era all’ordine del giorno.

Dal punto di vista dell’ambientamento le cose migliorano quando vennero spostati dall’hotel Mladost all’hotel Park. “L’equipaggio della compagnia aerea cinese SAAS viene qui ogni settimana, quindi tramite loro siamo in contatto anche con i nostri cari – spiegò Liu. – Li usiamo per mandare lettere a casa, ricevere posta dai nostri parenti… Ho una fidanzata in Cina che mi manca molto…”.

I due avevano anche un approccio molto umile alla vita da calciatore. Ad esempio andavano agli allenamenti in autobus, nonostante tutti i compagni usassero la macchina. “Questo è il modo migliore per conoscere la vostra gente, ci piace molto socializzare”. Sembra che anche i tifosi del Partizan raggiunsero l’ambasciata cinese a Belgrado per farsi aiutare a fare degli striscioni direttamente in mandarino.

La prima stagione al Partizan

La prima stagione si chiuse positivamente con il Partizan secondo a un punto dagli odiati rivali. I due trovano la più grande differenza negli arbitraggi, che a loro dire erano meno fiscali che in Cina e lasciavano correre di più. In occasione dell’incontro a Sarajevo, una vecchia volpe come l’attaccante Radmilo Mihajlović segnò a Jia usando l’astuzia durante un duello fisico: “Mi ha tirato, spinto e in Cina l’arbitro sarebbe intervenuto. Ecco perché abbiamo bisogno di imparare questo tipo di calcio”. I due avevano le idee chiare e avevano già individuato i loro modelli da imitare: “Mi piace come gioca Milko Đurovski” sosteneva Liu. Mentre Jia: “Il nostro capitano Radanović è un grande atleta e una brava persona”.

La formazione del Partizan con i due calciatori cinesi, Liu e Jia.
Partizan 1987/88: in piedi Radanović, Đukanović, Katanec, Sredojević, Jia, Smajić; accosciati Liu, Batrović, Vučićević, V. Đukić, Klinčarski (credit foto Istorija ex yu fudbala)

A dimostrazione di quanto fu positiva la prima stagione arrivò il prolungamento del contratto, nonostante i giocatori durante quella stessa intervista avessero dichiarato di non sapere che cosa li aspettava per il futuro. A settembre i due cinesi partirono per la Corea del Sud, per prendere parte alle olimpiadi di Seul 1988 (fra l’altro in compagnia di tre calciatori del Partizan impegnati con la nazionale olimpica jugoslava: Predrag Spasić, Dragoljub Brnović e Vladislav Đukić). Purtroppo entrambe le nazionali saluteranno il torneo molto velocemente.

L’esordio in Coppa Uefa contro la Roma

Il 26 ottobre 1988, in uno stadio dell’Armata Popolare Jugoslava pieno per 44mila tifosi, si affrontarono Partizan e Roma. Fu una di quelle gare epiche, che appartengono a un’epoca di leggende e racconti di seconda mano, impossibili da replicare oggi. In un clima letteralmente infuocato la partita fu interrotta per consentire l’intervento dei vigili del fuoco. I tifosi del Partizan avevano appiccato un incendio, bruciando il tappeto di spugna del salto in alto. Inoltre, il capitano della Roma Giuseppe Giannini venne colpito alla testa con una monetina lanciata dagli spalti.

Infine i tifosi del Partizan lanciarono in campo decine di bombe carta e razzi in protesta contro uno dei gol della Roma. Alla fine della gara i bianco-neri ricevettero una multa di 200mila franchi e la squalifica dello stadio per una giornata. Per la cronaca la partita terminò 4-2 per gli jugoslavi, dopo che la Roma era passata in vantaggio con Bruno Conti (autore di una doppietta). I gol del Partizan furono realizzati tutti e quattro di testa e, inoltre, all’inizio del secondo tempo Jia fece il suo ingresso in campo, diventando il primo cinese impiegato in una partita europea.

Al ritorno il Partizan perse 2-0 salutando la competizione in virtù della regola dei gol in trasferta. Anche in campionato stentò non poco arrivando sesto. L’unica soddisfazione giunse dalla coppa nazionale, vinta con un roboante 6-1 contro il Velež. I due giocatori cinesi parteciparono alle prime partite del trofeo, ma il giorno della finale erano dall’altra parte del mondo, ad affrontare i grandi rivali del Giappone. La Federazione cinese aveva già dovuto rinunciare alla loro partecipazione alla Coppa d’Asia 1988 e non voleva fare a meno di Jia Xiuquan e Liu Haiguang anche nelle qualificazioni per i mondiali di Italia ’90.

Quella dei due calciatori cinesi fu una breve ma feconda esperienza, frutto dei rapporti che al tempo intercorrevano fra Cina e Jugoslavia e che avrebbero continuato ad esistere anche con alcuni degli eredi dell’unione degli slavi del sud. Iconico è pensare che nel 2002, in occasione dei mondiali nippo-coreani, quando la Cina raggiunse la sua unica – ad oggi – partecipazioni alla competizione internazionale, sulla panchina della nazionale in rosso sedeva Velibor Milutinović detto “Bora”, giramondo, jugoslavo ed ex giocatore del Partizan.

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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.