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La percezione di un luogo cambia in base al punto di osservazione. Ad esempio un confine può sembrare, se visto da qualche centinaio di chilometri, una linea netta, proprio come quella disegnata su una mappa. Ce lo si immagina più o meno come un muro. Un muro che tiene diviso, che separa mondi e li rende inconciliabili.
Eppure se a questo confine ci si avvicina, ci si rende conto di quanto sia pieno di falle, di quanto sia permeabile allo scambio e alla contaminazione. Si ha quasi la sensazione che teoria e pratica vadano in due direzioni totalmente diverse: ciò che dovrebbe separare dà invece vita a una realtà più complessa, fatta di ciò che sta al di qua e al di là.
Capire il confine di Giustina Selvelli, edito da Bottega Errante Edizioni, si propone di indagare e provare a spiegare il confine orientale, ovvero quella zona dove il nostro paese si appoggia alla Slovenia e, prima, alla Jugoslavia. Un limite per alcuni versi mobile, cambiato tantissimo nel corso del secolo passato. Nelle pagine del libro si sovrappongono diversi livelli, che si completano e si interscambiano. C’è un’introduzione storica, necessaria per avvicinarsi al tema, ma c’è anche il vissuto personale dell’autrice, contributo che probabilmente dà un estremo valore aggiunto al volume, rendendolo ancora più piacevole e interessante.
Sono nata in una terra all’estremità orientale della penisola italiana, un piccolo lembo proteso verso est, lungo il quale un tempo correva la cosiddetta cortina di ferro, in una regione periferica, come molte altre al mondo, concepite così solo perché messe ai margini dal loro centro a causa delle insicurezze identitarie dei rispettivi Stati-nazione.
Pagina 5
L’inadeguatezza dello Stato-nazione di fronte alla periferia e al confine
Il concetto di Stato-nazione e il suo rapporto con il confine e con la collettività che lo vive torna più volte nel libro, uscendo quasi sempre sconfitto dalla realtà dei fatti. Ovunque si provi a dare una definizione esclusiva, ovunque si provi ad affermare l’identità sottraendo, si verificano delle falle che dimostrano esattamente l’opposto. Ovvero che la realtà è invece complessa, ricca e che si afferma per addizione. Uno degli esempi più lampanti dell’inadeguatezza dello Stato-nazione si ha di fronte alla natura. I fiumi tagliano i confini, quasi irridendoli. Lo stesso fanno le montagne, i boschi. E in fin dei conti anche gli uomini.
l’antropologia ci sprona a riflettere in maniera complessa sulle nostre società e culture di riferimento attraverso l’adozione di uno sguardo esterno, facendoci uscire da una sorta di ‘comfort zone’ a cui troppo spesso veniamo assuefatti. Applicata alla problematica del confine, l’antropologia riesce a mettere in risalto la coesistenza di esperienze e percezioni plurime di uno spazio dinamico e non univoco, nonché ad includere la stessa soggettività (sotto forma pure di emozioni) dell’osservatore in un’analisi dinamica e profonda, che scardina i tabù stratificati nelle costruzioni identitarie e nelle pratiche memoriali.
Una delle sensazioni più coinvolgenti che si provano leggendo le pagine di questo libro, è quella di dare una concretezza a pensieri riguardo al confine che si avevano in mente soltanto in maniera confusa. In particolare alcuni passaggi nei confronti dell’attrazione provata nei confronti del confine sanno essere illuminanti:
Tutto ciò che mi compone ora, tutto ciò che ho ricercato e continuo a indagare, è il frutto dell’esperienza incipiente di attraversamento di mondi, quella sensazione inebriante di perdita delle proprie coordinate di riferimento grazie a cui ogni genuina scoperta e ogni magia possono derivare.
Pagine 6-7
Capire il confine è un libro sia per chi ha già un’esperienza in quei territori, ma soprattutto per chi quelle zone non le ha mai visitate. Non c’è dubbio, infatti, che i protagonisti del volume siano proprio quei territori – il goriziano, il confine sloveno, il Carso ecc. – che vivono a cavallo di un confine e che l’autrice ci racconta sotto diversi punti di vista.
Gli argomenti trattati nel libro, oltre a quelli già citati, sono la genesi di un’identità di frontiera; lingue, minoranze e confini; spazi e pratiche di contatto; ecologie di confine; migrazioni. Inoltre nel volume si trovano anche diversi approfondimenti storici e una raccolta indicazioni per volumi, articoli, film e siti utili per conoscere meglio il confine.
Chi osserva da lontano rimarrà sorpreso nel vedere quanto diverso appare ciò che si riteneva diviso ed esclusivo e avrà modo di destrutturate la propria idea a riguardo. In questo, il compito del libro, che fa parte della collana Metamorfosi che si pone proprio lo scopo di aiutare a “capire”, si può dire che è pienamente raggiunto.
Capire il confine, Giustina Selvelli, Bottega Errante Edizioni, 2024
Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.