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Quando si pensa alla città di San Pietroburgo, alla sua famosissima Prospettiva Nevskij, resa illustre da cantori e romanzieri, al Palazzo d’inverno della Rivoluzione d’Ottobre, alle Notti bianche descritte da Fëdor Dostoevskij e, soprattutto, all’enorme distanza geografica, ma anche politica, che ci separa oggi dalla Russia, a nessuno verrebbe in mente di cercare rifugio in un cimitero. I cimiteri sono infatti i luoghi della morte; luoghi spesso silenziosi, freddi e spettrali, simbolo del trapasso dell’animo umano da un mondo all’altro. Perlomeno, per quelli che ancora ci credono.
Tuttavia, lontano dagli scintillii e dal brulicare dei turisti del centro di Pietroburgo, a circa cinque chilometri dalla chiesa del Salvatore sul Sangue versato, su una sponda del fiume Neva, si trova il solitario cimitero di Tichvin (Tichvinskoe kladbiščе), uno dei cimiteri monumentali più grandi della Russia, dove giacciono i resti di alcuni degli artisti, compositori e scrittori più importanti della storia russa e non solo, quali Pëtr Čajkovskij, Aleksandr Borodin, Michail Glinka e Modest Musogorskij e perfino Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Un vero e proprio museo a cielo aperto, avvolto da una lugubre atmosfera di quiete.
Il monastero di Aleksandr Nevskij e la costruzione del cimitero
Circondato da un verdeggiante e ombroso bosco, il cimitero monumentale di Tichvin appartiene al complesso del Monastero della Santa Trinità di Aleksandr Nevskij, il più grande, nonché più antico, monastero di San Pietroburgo, eretto nel 1710, oggi centro spirituale, oltre che meta turistica visitabile. All’inizio del XIX secolo il vecchio cimitero di Lazarev, situato nella corte del monastero e attivamente usato in quegli anni, divenne eccessivamente sovraffollato, tanto da non avere più spazio per aggiungere nuove lapidi.
Così nel 1823 si decise di creare una nuova ala, che in un primo momento venne chiamata Nuovo cimitero Lazarev (Novoe Lazarevskoe kladbiščе). Alcuni anni dopo nel cimitero venne eretta anche una piccola cappella dedicata alla Madonna di Tichvin, un’icona ortodossa dell’VIII secolo; per cui nel 1876, anche se la cappella venne progressivamente distrutta – tanto che oggi non ve ne sono più tracce – il cimitero assunse il nuovo nome ufficiale di cimitero di Tichvin, denominazione usata fino ai giorni nostri.
Oggi il cimitero viene considerato come un vero e proprio “parco commemorativo”, appartenente al patrimonio storico, artistico e culturale di San Pietroburgo, per cui da decenni non vengono più aggiunge nuove lapidi, al fine di mantenerlo intatto così com’è, ma non è sempre stato così.
Passeggiando nel bellissimo giardino del monastero, dove spesso si sentono gli echi dei cori ortodossi dei monaci, si accede a un’ala separata, circondata da piccole fontane e alberi dove si trova la “Necropoli dei maestri dell’arte”, il nome ufficiale riportato sulla targa d’ingresso, da cui inizia il tetro percorso di tombe e lapidi, tra decine di personaggi illustri, ma anche nobili decaduti e oggi dimenticati. Non ci sono grandi folle di turisti, ma un generale senso di quiete.
Come in tanti altri cimiteri monumentali, a colpire sono la grandezza e la maestosità delle pietre tombali, delle lapidi e talvolta delle bare in marmo, arricchite da imponenti statue e iscrizioni dei nomi dei defunti in caratteri cirillici color oro.
La maggior parte dei monumenti funebri è costruita in stile classico, con statue di angeli e colonne doriche, anche se non mancano croci ortodosse e sagome in rilievo personalizzate, tutte costruite tra la seconda metà del XIX e l’inizio del XX secolo, che creano un interessante mix architettonico dall’aspetto elegante e solenne, ma anche – ovviamente – spettrale, a causa dell’uso di marmo scuro per la costruzione di molte lapidi.
Il cimitero di Tichvin in epoca sovietica
Il cimitero di Tichvin al momento della sua costruzione nel Diciannovesimo secolo non venne inizialmente pensato come monumento, né come meta turistica, ma come semplice luogo di sepoltura dei membri dell’alta società pietroburghese. La trasformazione in “Necropoli dei maestri dell’arte” risale agli anni 1935-1937, quando le autorità sovietiche decisero di trasformare il vecchio cimitero in un museo.
Circa sessanta tra lapidi e monumenti funebri vennero allora restaurati e dichiarati come opere di “rilevanza storico-artistica”, anche se – purtroppo – molte furono le tombe che vennero distrutte per sempre, dato che il loro stile di costruzione non rispecchiava i canoni dell’arte socialista sovietica, per cui per le autorità non avevano “alcun valore”. Oggi una definizione così grottesca riferita a dei monumenti funebri potrebbe anche far sorridere, ma di fatto fu una piccola tragedia silenziosa, dato che le tombe di molte persone vennero profanate e demolite per sempre, in maniera irreversibile.
Un cimitero musicale: i grandi compositori russi
Passeggiando tra le lapidi di nobili, così come di personaggi oggi dimenticati, avvolti dal sottofondo del perenne scrosciare di fontane e la fresca brezza pietroburghese, presente in tutte le stagioni dell’anno, non si può non rimanere colpiti da alcune tombe in particolare.
Proprio nel cimitero di Tichvin sono infatti sepolti alcuni dei più grandi compositori russi di tutti i tempi, tra cui Aleksandr Borodin, autore tra le tante opere, delle celebri Danze polovesianedel Principe Igor, la cui lapide è decorata da un mosaico dorato con le note musicali di un suo componimento; e poi ancora Modest Musogorskij, compositore della suite del Boris Godunov ispirato al dramma teatrale di Aleksandr Puškin; la tomba di Michail Glinka, autore di decine di opere liriche, fra cui il balletto di Ruslan e Ljudmila, fino all’imponente monumento funebre di Pëtr Čajkovskij.
Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893), probabilmente il più famoso tra tutti i compositori russi di tutte le epoche, è autore di decine di sinfonie e balletti, tra cui Il lago dei cigni, La bella addormentata e Lo schiaccianoci, oltre alla Dama di Picche e moltissime altre opere. La sua tomba nel monastero di Tichvin spicca tra le altre per imponenza e grazia, dove un busto del compositore eretto è circondato da due angeli alati color cenere che trasmettono un’atmosfera di sacralità. L’intera tomba d’estate è coperta di piccoli fiori bianchi, oltre ai garofani rossi lasciati dai numerosi ammiratori, circondati da una piccola recinzione metallica protettiva.
La tomba di Fëdor Dostoevskij, un luogo di culto
La tomba più “ambita” e visitata di tutte è però senza dubbio quella di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi: Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881). Oggi è un vero e proprio luogo di culto che attira ogni anno migliaia di turisti e ferventi appassionati di letteratura russa da tutto il mondo. Una volta giunti davanti al suo monumento funebre, l’atmosfera diventa solenne non solo per la costruzione dedicata allo scrittore, ma anche perché è emozionante realizzare di trovarsi davvero al suo cospetto.
Negli ultimi anni della sua vita Dostoevskij visse proprio a San Pietroburgo e si dedicò alla scrittura di alcuni romanzi, considerati oggi capolavori, tra cui I demoni (1871), L’adolescente (1875) e soprattutto I fratelli Karamazov, uno dei suoi testi più famosi, scritto tra il 1878 e il 1880, poco prima di morire.
Nel 1880, quando Dostoevskij aveva 59 anni, I fratelli Karamazov venne pubblicato in una prima tiratura di 3mila copie, che furono esaurite a pochissimi giorni dalla stampa. Tra i piani dello scrittore nacque allora l’idea di creare un seguito per I fratelli Karamazov, sviluppando la vita del personaggio di Alëša; purtroppo, però, la salute di Dostoevskij iniziò a peggiorare sempre di più: oltre alle crisi epilettiche di cui già soffriva da tempo, il 28 gennaio del 1881 ebbe una crisi polmonare grave, che in poco tempo lo portò alla morte.
Lo shock per la sua morte nella comunità pietroburghese fu grande, anche perché Dostoevskij era già affermato come uno degli scrittori più grandiosi della sua epoca. Pertanto, dopo i funerali, si decise di seppellirlo proprio nel cimitero di Tichvin, come “celebrità” di San Pietroburgo e non solo. Il suo monumento funebre venne costruito due anni dopo, nel 1883, dall’architetto Chrisand Vasil’ev e dallo scultore Nikolaj Laveretskij.
Esso è costituito da un busto di Dostoevskij in bronzo, appoggiato su una lapide di granito, su cui svetta una grossa croce ortodossa, decorata da ghirlande in rilievo. Ai piedi della lapide, delicati fiori rosa e arancio coprono la terra circondati, come per la tomba di Čajkovskij, da una recinzione protettiva. Accanto a lui giace anche l’amata moglie Anna Grigor’evna, sua dattilografa e fedele compagna fino alla morte.
Sicuramente il cimitero di Tichvin non è la prima meta turistica, né la più “tradizionale” che viene in mente pesando alla città di San Pietroburgo. Molti ne conoscono a malapena il nome, altri invece non ne hanno mai sentito parlare. A poche persone verrebbe infatti in mente di recarsi in visita a una tomba per cercare rifugio o conforto al cospetto di Čajkovskij, Glinka e Dostoevskij.
Eppure, l’atmosfera del cimitero di Tichvin è questa: non ci sono folle di visitatori, ma solo pochi curiosi immersi in una spettrale quiete, che piuttosto che spaventare, affascina chiunque abbia la fortuna di trovarsi in questo luogo così remoto, invitando a un attimo di raccoglimento. Una necropoli, oggi preziosa che merita una visita, non tanto per cercare risposte, quanto per apprezzare la bellezza di ciò che furono la letteratura e la musica russa del XIX secolo, assieme ai loro protagonisti.
Bulgara di nascita, ma milanese d’adozione, è una mediatrice culturale, blogger e studiosa che si occupa di Russia, Bulgaria e più in generale dei Paesi Est europei. Dopo la laurea in Mediazione Linguistica e Culturale presso l’Università degli Studi di Milano e alcune esperienze di studio all’estero tra Mosca, San Pietroburgo e Plovdiv, ha scritto per Il Tascabile, Pangea News e MowMag. È ideatrice del canale Instagram @ilmaestroemargherita_ dedicato alla promozione della letteratura e della cultura russa, con l'intento di approfondire la "Cultura" in senso ampio, contro ogni forma di pregiudizio e cancel culture. Collabora inoltre con il canale Instagram @perestroika.it che si propone di presentare e promuovere il cinema russo in lingua italiana.