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Alla collana Radar di Bottega Errante Edizioni si aggiunge un nuovo titolo, il primo tradotto dal bulgaro. Si tratta della raccolta di racconti Circo Bulgaria di Dejan Enev, affermato e importante autore del panorama letterario contemporaneo nel paese balcanico. Il libro era già apparso anche in inglese, edizione curata da Kapka Kassabova, e per la prima volta viene presentato al pubblico italiano nella traduzione di Giorgia Spadoni.
Il volume Circo Bulgaria contiene storie di principesse, papponi, prostitute, criminali e pazienti psichiatrici, allevatori di capre e cercatori di pentoloni d’oro sullo sfondo della complicata transizione bulgara. Uno spaccato delle contraddizioni che gli sconvolgimenti politici ed economici hanno portato nella società del paese dal 1989 ai giorni nostri.
Ambientati su cime remote, manicomi fatiscenti, caserme, obitori, ma soprattutto per le strade di Sofia, i sessantadue episodi sono quasi sempre brevissimi e concentrati, sferzanti nel loro realismo eppure poetici, e come tessere di un mosaico compongono un quadro dettagliato della nazione. A collegare i racconti è un malinconico senso di rassegnazione squisitamente bulgaro, intriso di un umorismo spesso grottesco, cifra stilistica di Dejan Enev, maestro del racconto breve per la prima volta tradotto in italiano.
Circo Bulgaria sarà in tutte le librerie dal 5 settembre. Nel frattempo ripubblichiamo il testo uscito nell’ultimo numero della newsletter di Bottega Errante Edizioni, in cui la traduttrice Giorgia Spadoni racconta del suo incontro con i testi di Dejan Enev e l’autore stesso.
Uno degli aspetti più belli del tradurre opere dalle lingue cosiddette “minori” è che non di rado il traduttore o la traduttrice si ritrova a fare scouting, e cioè a cercare in prima persona titoli da proporre e pubblicare. Inoltre, gli autori e le autrici che scrivono in queste lingue “minori” molto spesso si dimostrano disponibili, alla mano, e soprattutto incuriositi dall’interesse manifestato nei confronti delle loro opere.
Quando ho scovato e proposto la raccolta di racconti di Dejan Enev a Bottega, però, era il 2021 e pandemia e restrizioni imperversavano ancora. Ero in Italia. Non conoscevo ancora Dejan e non sapevo bene come mettermi in contatto con lui, come avvicinarlo. Il fatto che il protagonista di un suo racconto si chiamasse Christopher Liner (cognome esilarante in bulgaro poiché richiama letteralmente la forma volgare della parola “cacca”) mi faceva ben sperare in un tipo simpatico e ironico, anche se le foto su internet non parevano del tutto a sostegno di questa tesi. Così ho deciso che prima mi sarei occupata della traduzione, e l’avrei contattato più avanti.
Ho aspettato. Nove mesi. Nel frattempo mi ero trasferita a Sofia, studiavo e lavoravo e giravo per la Bulgaria e più volte mi sono imbattuta in situazioni e persone che sembravano uscite dalle storie di Dejan, come dei déjà-vu. Belle e brutte. Divertenti e tristi. Traducevo un racconto e subito mi ritrovavo il protagonista davanti, in carne e ossa.
A ottobre 2022 la prima stesura in italiano era quasi finita. Allora ho preso coraggio e ho mandato una mail, avevo diverse questioni irrisolte da sottoporgli. Lui mi ha telefonato e ci siamo dati appuntamento al Popa, la statua del patriarca che dà il nome a un viale centrale di Sofia, citata più volte nei suoi episodi. Con mio grande sollievo e soprattutto emozione è cominciata da lì una serie di incontri settimanali fissi, anche quando ormai non c’erano più dubbi da sciogliere. Caffè, chiacchiere a ruota libera, libri e passeggiate. Il buon Liner l’avremmo ribattezzato signor Merdon, era deciso.
L’ultima volta ci siamo visti a giugno. Camminavamo per Sofia, vicino a piazza Slavejkov. Dejan mi ha detto: «Qua dietro c’è una libreria dell’usato carina, possiamo andare a dare un’occhiata». Siamo arrivati davanti, stavamo per entrare, quando all’improvviso si è voltato, gli si sono illuminati gli occhi e mi ha fatto: «Vado prima io, tu aspetta un attimo. Quando ti faccio cenno entra e di’ che cerchi i libri di Dejan Enev». Allora io mi sono fermata accanto alla grande vetrina e ho aspettato, cercando di non farmi vedere. Dejan ha fatto un giro, ha aperto un libro, l’ha sfogliato, si è voltato impercettibilmente verso la vetrina e altrettanto impercettibilmente ha annuito. Sono entrata, una campanella ha suonato. La libreria era deserta. Dejan si era nascosto dietro a qualche scaffale. Il proprietario del negozio mi ha salutato e ha chiesto se poteva aiutarmi. Io l’ho fissato cercando di mettere in fila due parole, due parole qualunque. E invece sono scoppiata a ridergli in faccia fortissimo. Non riuscivo a fermarmi. Il libraio rideva con me, ma senza capire. Una manciata di secondi dopo ho ripreso fiato, mi sono schiarita la voce e come se niente fosse ho chiesto: «Cercavo i libri di Dejan Enev, ne avete?». «Come no!» mi ha risposto. Si è avvicinato a un ripiano e ha tirato giù una pila intera di edizioni anni Ottanta, Novanta, Duemila. «Ecco i libri di Dejan Enev» mi ha detto soddisfatto. Poi con un gesto teatrale ha allungato il braccio verso lo scaffale e ha aggiunto trionfante: «Ed ecco Dejan Enev in persona!». Dejan è sbucato fuori da dietro i libri tutto sorridente da sotto la barba. Abbiamo confessato la candid camera al libraio e ce ne siamo andati a una presentazione, in un’altra libreria.
Avrei dovuto fidarmi da subito del caro signor Merdon, aveva ragione.