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La sera dell’11 aprile 1979 il veicolo spaziale Sojuz 7K-T è prossimo ad agganciare la stazione sovietica Saljut 6, nell’ambito della missione Sojuz 33. Decollato alle 20:34 (ora locale) del giorno prima da Bajkonur, nell’odierno Kazakhstan, al suo interno c’è il primo cosmonauta bulgaro, il pilota e ufficiale Georgi Ivanov. Capitano della missione è il fisico russo Nikolaj Rukavišnikov.
Uno dei principali obiettivi della spedizione è lo scambio di capsule tra l’equipaggio ospite e quello della base. La navicella si trova a circa tre chilometri di distanza dalla Saljut 6 quando il motore principale va in avaria e parte di una delle camere di combustione prende fuoco. Il sistema di pilotaggio per l’aggancio segnala un guasto e insorge il rischio che la manovra possa depressurizzare la stazione spaziale, causando la morte di tutto il personale. La missione è annullata. In attesa di ulteriori istruzioni, Ivanov scatta 72 foto al nostro pianeta.
Dodici ore dopo arriva l’ordine di tornare sulla Terra utilizzando il propulsore di riserva, che però non si spegne automaticamente una volta trascorsi i 188 secondi di funzionamento previsti ma viene disattivato a mano da Rukavišnikov. I due cosmonauti sono costretti a rientrare in caduta libera, effettuando cioè la cosiddetta discesa balistica, che comporta un sensibile aumento della forza di gravità e quindi dello sforzo fisico subìto. La gravitazione raggiunge i 98 m/s², l’esterno della navicella sfiora i duemila gradi; Ivanov e Rukavišnikov rischiano di prendere fuoco al contatto con l’atmosfera o di rimanere per sempre in orbita attorno al nostro pianeta.
Il primo bulgaro nello spazio: Georgi Ivanov
L’interesse verso l’esplorazione del cosmo in Bulgaria si accende in seguito al lancio dello Sputnik 1 nell’ottobre 1957. La riuscita della missione Vostok 1, che il 12 aprile 1961 porta in orbita l’aviatore Jurij Gagarin, entusiasma i paesi del blocco socialista; il capo dell’aeronautica bulgara chiede al ministro della Difesa sovietico di inviare quattro suoi connazionali nello spazio. La richiesta non viene presa sul serio, ma nel 1966 la nazione balcanica diventa uno dei paesi fondatori del programmaInterkosmos, finalizzato alla cooperazione nella ricerca spaziale tra le nazioni vicine all’Unione sovietica, e interamente finanziato da quest’ultima.
Quando arriva la notizia del successo di Vostok 1, Georgi Ivanov (nato Kakalov) ha 21 anni e frequenta il secondo anno dell’Istituto superiore di aeronautica militare (Visše voennovăzdušno učilište, VVVU) non lontano da Loveč, sua città natale. Ivanov e i suoi colleghi sentono particolarmente vicino questo evento che coinvolge un loro “fratello pilota”. Nel 1976 Interkosmos estende la collaborazione anche al volo umano, aprendo la selezione ai neolaureati del VVVU. Sono oltre 700 i candidati che si sottopongono agli esami medici e teorici. Solo in quattro riescono a superarli tutti e partire alla volta di Mosca per le prove finali, nel 1978. Ivanov si conferma idoneo insieme al suo collega e connazionale Aleksandăr Aleksandrov. Il vero ago della bilancia in questa fase è l’affidabilità in termini politici – le decisioni sono infatti influenzate dal tipo di relazione che il Cremlino ha con i rispettivi paesi. Il risultato dei due aviatori pare quindi un’ulteriore conferma della diffusa opinione che vede la loro madrepatria tra i più fedeli satelliti dell’Urss. La Bulgaria diventa così il sesto stato in assoluto ad aver lanciato un cittadino nello spazio, dopo Unione sovietica, Stati uniti, Cecoslovacchia, Polonia e Germania Est.
L’Apollo 13 sovietico e la cosmonautica bulgara
Georgi Ivanov parte dalla base spaziale kazaka portando con sé il tricolore bulgaro, il primo libro storiografico del paese, una manciata di terra della città di Pliska (la capitale del primo Impero bulgaro) e dei monti Šipka e Buzludža (teatri di battaglie cruciali del Risorgimento bulgaro), ma soprattutto un ricco assortimento di cibo spaziale appositamente preparato dal Laboratorio centrale di liofilizzazione e criobiologia di Sofia. Il menù prevede fragole, lamponi, moussaka, sarma, ljutenitsa (l’ajvar bulgaro) e pare anche zuppa di trippa. La Bulgaria è la terza nazione al mondo a sperimentare la produzione di pietanze per il consumo in orbita. A bordo non mancano inoltre apparecchi scientifici di produzione bulgara per lo svolgimento degli esperimenti di fisica e studi ambientali in programma.
La sera dell’11 aprile 1979 le testate bulgare hanno già pronti titoli e articoli patriottici da mandare in stampa, in cui si inneggia al trionfale aggancio e scambio di capsule. Gli eventi però non seguono il corso programmato. Durante la discesa d’emergenza Ivanov e Rukavišnikov sono costretti a inspirare trattenendo il fiato. Dalla stazione terrestre viene ripetutamente chiesto ai due come si sentono e com’è la situazione, tanto che il fisico russo è costretto a sforzarsi e sbottare: “Tacete, qui l’accelerazione è di 6g!”; la percezione del peso corporeo è cioè sei volte maggiore a quella terrestre.
Il 12 aprile 1979 alle 16:45 il veicolo spaziale sovietico tocca terra 320 chilometri a sud-est di Žezkazgan, in Kazakhstan, alla velocità di 230 metri al secondo. L’atterraggio avviene proprio nel giorno della cosmonautica, istituito in onore di Gagarin, e viene interpretato come un segno del destino estremamente positivo. I due uomini ne escono infatti completamente illesi, con 31 orbite terrestri completate e quasi 48 ore totali trascorse nello spazio. Per l’intera discesa il battito cardiaco di Ivanov rimane invariato. Sia l’Unione sovietica che la Bulgaria decretano il successo della missione, nonostante in seguito venga paragonata all’Apollo 13 per livello di rischi e difficoltà incontrate.
“Veloci, che inizia la partita!”
Il 7 agosto 1981 va in orbita il primo satellite artificiale di fabbricazione bulgara, l’Interkosmos 22. Nell’agosto 1986 Bulgaria e Unione sovietica sottoscrivono una nuova collaborazione, che darà vita al programma Šipka: a novembre iniziano le nuove selezioni per il secondo cittadino bulgaro destinato allo spazio. Si candidano più di 300 piloti militari; il volo è programmato per l’estate 1988. Tra i tre che si qualificano per la spedizione Mir EP-2 riappare il nome di Aleksandăr Aleksandrov, classe 1951, già selezionato come riserva dieci anni prima. Gli viene assegnato il ruolo di “cosmonauta ricercatore”. Tra i numerosi esperimenti scientifici che deve compiere c’è anche una nuova gamma di pietanze spaziali bulgare da assaggiare.
Il decollo della navicella Sojuz TM-5 dal cosmodromo di Bajkonur, alle ore 14:03 del 7 giugno 1988, viene trasmesso in diretta televisiva anche oltreoceano – chiaro sintomo delle misure di distensione e apertura intraprese dal nuovo segretario generale Michail Gorbačëv. Le missioni compiute nel periodo Brežnev venivano invece registrate e mandate in onda in un secondo momento solo in caso di successo. Partito insieme ai due colleghi russi Anatolij Solov’ëv e Viktor Savinych, Aleksandrov è il secondo cosmonauta della storia bulgara ma il primo a visitare una stazione spaziale. Dopo nove giorni di permanenza su Mir, i tre atterrano a bordo del veicolo Sojuz TM-4 alle ore 00:49 del 17 giugno.
Come da prassi, mentre i tre cosmonauti sono in orbita viene effettuato un telecollegamento con il capo di stato, in questo caso Todor Živkov. Il 10 giugno una sala del Palazzo nazionale della cultura (NDK) di Sofia viene appositamente allestita; la conversazione si limita a puri convenevoli, di cui si possono ancora trovare stralci su YouTube. In rete circola anche un breve video dei secondi che precedono il collegamento, in cui i tecnici televisivi spiegano a Živkov come funzionerà la diretta. Il leader comunista li incita a sbrigarsi, perché “inizia la partita, il calcio!”, al che loro lo tranquillizzano dicendo che non c’è fretta: il telecollegamento è previsto per le 20:50 mentre la partita inizierà alle 21:15 (ora locale). Con tutta probabilità si tratta di Germania Ovest – Italia, prima partita del Campionato europeo di calcio 1988 per il quale si qualifica anche l’Unione Sovietica.
Verso la cosmonautica… e oltre
La Bulgaria continua a progettare e realizzare strumentazioni per la stazione Mir ancora per qualche tempo. I primi esperimenti di coltivazione di verdure e grano nello spazio avvengono proprio grazie a un sistema sviluppato dall’Agenzia aerospaziale bulgara. Con la caduta del muro di Berlino e il conseguente disfacimento del blocco orientale, però, l’inevitabile taglio ai finanziamenti scientifici mette fine alle ambizioni della cosmonautica bulgara. Il programma Interkosmos si conclude nel 1994.
Molti dei materiali relativi alle spedizioni di Georgi Ivanov e Aleksandăr Aleksandrov sono conservati ed esposti al Museo dell’aviazione di Krumovo, non lontano dall’aeroporto di Plovdiv. Nessuno dei due ha più messo piede nello spazio; entrambi proseguono la rispettiva carriera militare e le proprie ricerche scientifiche – ma non solo. Dopo aver fondato e gestito una compagnia aerea cargo di breve vita, Ivanov lavora per molto tempo nella costruzione di campi da golf, il suo sport preferito. Nel 2008 fonda una scuola di aviazione, e nel tempo libero si occupa anche di apicoltura, oltre che dei suoi (pro)nipoti.
Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di letteratura, storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, dove ha conseguito la laurea in traduzione presso l'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot. Collabora con varie case editrici e viaggia a est con Kukushka tours.