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Due nomi per un piatto: qutab o zhingyalov hats?

Qutab in Azerbaigian, zhingyalov hats in Armenia, ma anche čudu in Daghestan e gözleme in Turchia: piatti simili che raccontano storie diverse.

Passeggiando per Baku, i viaggiatori affamati possono comprare in uno dei forni del centro i qutab, frittelle ripiene di erbe. Sebbene la graduale trasformazione della capitale dell’Azerbaigian in una sorta di Dubai del mar Caspio abbia visto la scomparsa di molti forni tradizionali, i qutab ripieni di erbe – ma anche formaggio o carne macinata – rimangono uno dei piatti azeri per eccellenza e non solo.

Gli armeni nella regione del Nagorno-Karabakh hanno un piatto tradizionale, che riveste un’importanza particolare in tempi difficili di guerra e carestia. Si tratta di frittelle ripiene di varie erbe locali (tra le dieci e le venti varietà, a seconda della ricetta), conosciute come zhingyalov hats (Ժենգյալով հաց), nome traducibile appunto come ‘pane con le erbe’. Il loro aspetto esteriore non si discosta di molto da quello dei qutab, ma, come dicono gli armeni, l’unicità della vegetazione locale del Nagorno-Karabakh rende impossibile replicarne altrove il sapore.

Una canzone nel dialetto armeno del Nagorno-Karabakh (regione che gli armeni chiamano Artsakh) dedicata agli zhingyalov hats.

Zhingyalov hats, un piatto per tempi difficili

Sebbene gli zhingyalov hats siano molto diffusi in Armenia e tra gli armeni della diaspora, la loro terra di origine è universalmente conosciuta – dagli armeni – come il Nagorno-Karabakh, una regione dal passato e presente complessi.

Come abbiamo riportato, l’area del Nagorno-Karabakh attualmente sotto il controllo armeno si trova, infatti, isolata dal 12 dicembre 2022. Da quella data il  traffico lungo il corridoio di Lachin, la strada che collega la regione all’Armenia, è stato bloccato da un gruppo di civili azeri, che si auto-identificano come “attivisti ambientalisti”. Pochi i dubbi sul fatto che quella in corso non sia una protesta spontanea: le organizzazioni che ne fanno parte sono affiliate al governo di Baku e la zona in cui è stato organizzato il blocco stradale è militarizzata e inaccessibile, in circostanze normali, ai civili.

Per di più, a partire dal 13 dicembre, la fornitura di gas per il Nagorno-Karabakh è stata interrotta per tre giorni e le decine di migliaia di abitanti della regione sono rimasti al gelo. Similmente dal 10 gennaio, nella regione ci sono stati una serie di blackout. Il gasdotto e le linee elettriche per la regione passano attraverso territori sotto il controllo azero e questo rende difficile agli operatori armeni intervenire per riparare eventuali guasti.

Secondo molti osservatori, Baku sta cercando di piegare Erevan ai propri interessi. In particolare, l’uso del corridoio di Lachin, una strada in territorio azero ma usata dagli armeni, sarebbe considerato come una pedina di scambio per aprire l’utilizzo da parte dell’Azerbaigian del cosiddetto corridoio di Zangezur, l’arteria stradale e ferroviaria che, attraversando l’Armenia, collega il paese all’exclave del Nachicevan.

Negli anni Venti del Novecento il Nagorno-Karabakh venne assegnato da Mosca alla Repubblica Socialista Sovietica Azera nonostante la sua popolazione a maggioranza armena. Una prima guerra, tra il 1988 e il 1994, portò alla secessione della regione dall’Azerbaigian, secessione non riconosciuta a livello internazionale. Durante un secondo conflitto nel 2020, invece, l’esercito azero riuscì a riprendere il controllo di diversi distretti. L’accordo di cessate il fuoco che concluse la guerra lasciò però diverse questioni irrisolte, su tutte: lo status futuro del Nagorno-Karabakh e la demarcazione del confine tra Armenia e Azerbaigian.

Per saperne di più delle dinamiche tra i due paesi del Caucaso, vi rimandiamo a questo articolo.

Con il blocco stradale in corso da un mese, nella regione scarseggiano cibo, carburante e medicinali. Ed è proprio in questi periodi di difficoltà che gli zhingyalov hats, grazie ai loro ingredienti locali, diventano il simbolo della resilienza degli abitanti della zona. Al bazar di Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh, i celeberrimi venditori degli zhingyalov hats continuano a lavorare, come facevano sotto i bombardamenti negli anni Novanta e nel 2020.

Qutab e zhingyalov hats, una ricetta

Detto che è impossibile replicare il sapore sia dei qutab che dei zhingyalov hats – per provare gli originali, vi invitiamo a visitare la regione – ecco per voi una breve ricetta usata dal vostro autore.

  • Mescolate farina, acqua (calda), sale e un cucchiaio di olio di semi finché ottenente un imposto morbido ed elastico e lasciate riposare per circa venti minuti.
  • Si passa quindi al ripieno, che si prepara sminuzzando cipollotto, spinaci, menta (tanta) e condendo con sale, paprika e limone (a scelta).
  • Ora è tempo di fare le frittelle. Dividete l’impasto in palline. Stendente le palline formando dei dischi quanto più possibilmente sottili. La dimensione dei vostri qutab (o zhingyalov hats) è direttamente proporzionale al diametro della padella più grande che avete.
  • Mettete il ripieno in mezzo ai dischi che avete steso e piegateli a metà, formando delle mezzelune. Scaldate una padella antiaderente e metteteci sopra le frittelle, fino a quando la pasta non è cotta. Una volta tolte dalla padella, spalmatele con del burro.

I vostri zhingyalov hats (o qutab) sono pronti, serviteli con dello yogurt greco!

Ricette più precise si possono trovare (in inglese): qui e qui. In questa pagina, invece, potete trovare un elenco di alcuni ristoranti dove mangiare gli zhingyalov hats a Erevan.

Come accennato, al di là delle varietà dei nomi locali, questo è sostanzialmente un piatto regionale che si consuma nel Caucaso del Nord, in Azerbaigian, Armenia, Iran e Turchia e che è difficile attribuire esclusivamente ad una di queste nazioni. Sfortunatamente però, invece, di unire popoli con tradizioni simili anche in questo caso, si finisce per disputarsi chi è dove per primo ha inventato il piatto in diatribe infinite.  

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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.