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Il 7 marzo scorso, il Sejm – la camera bassa del parlamento bicamerale polacco – ha respinto un disegno di legge che avrebbe reso reato promuovere l’aborto e fornire informazioni su dove poterlo ottenere, sia in Polonia che all’estero.
La proposta, intitolata “L’aborto è un omicidio”, è nata da un’iniziativa popolare promossa e sostenuta dalla Fondazione Vita e Famiglia guidata da Kaja Godek, paladina della crociata anti-abortista in Polonia da almeno dieci anni. La sua lunga battaglia – sostenuta dalla Chiesa cattolica polacca e dalla coalizione che governa il paese dal 2015 – ha portato a una delle leggi sull’aborto più stringenti di tutto l’Occidente.
Infatti, la sentenza della Corte costituzionale del 28 ottobre 2020 – sollecitata da un gruppo di parlamentari della destra conservatrice e reazionaria – ha dichiarato l’incostituzionalità dell’aborto in casi di malformazione del feto, lasciando la possibilità di abortire legalmente solo nei casi di gravidanza frutto di uno stupro o di gravi pericoli per la vita della donna.
In un paese dove gli aborti illegali si attestavano nel 2020 a più di 100mila all’anno, un clima tanto repressivo e punitivo della pratica abortiva ha piantato il seme del timore tra il personale medico, sempre più restio a praticarla anche nei casi permessi dalla legge. A prova di ciò, dopo la sentenza della Corte costituzionale due donne sono decedute in seguito a delle complicanze di gravidanza, largamente previste dai medici; le attiviste hanno denunciato che il non intervento dei medici sia stato dovuto al timore di incorrere in conseguenze legali, ma la magistratura non si è ancora espressa in tal senso.
Per saperne di più sulla complessa questione del diritto all’aborto in Polonia vi rimandiamo a questo articolo.
Destra conservatrice e destra reazionaria
Come accennato sopra, le vicende sul tema dell’aborto in Polonia non sono avulse dal contesto. Le elezioni parlamentari del 2015 hanno restituito al paese un governo di impronta fortemente conservatrice, i cui protagonisti sono il partito Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS), Polonia Solidale (Solidarna Polska), i Repubblicani (Republikanie), la Fazione Piast (Stronnictwo Piast, SP) e Rinnovamento (OdNowa Rzeczypospolitej Polski).
Insieme, questi partiti formano la Destra Unita, una coalizione che si distingue per essere baluardo di una presunta identità cattolica polacca, per un’idea di Europa più confederale – che lasci quindi le decisioni apicali in mano ai singoli governi nazionali – e a un’aspra opposizione ai valori del progressismo sociale, quali la società multietnica, le libertà, i diritti civili della comunità LGBT+, e la parità di genere. La coalizione governa nella composizione sopraindicata dalle elezioni politiche del 2019; nel 2020 i cittadini polacchi hanno poi (ri)eletto presidente della Repubblica il conservatore Andrzej Duda, alla guida del paese dal 2015 e candidato tra le file del PiS.
All’interno della coalizione non sono mancati e non mancano le discordie e le scissioni; tra i temi più dibattuti ci sono le posizioni in campo economico dei partiti in gioco; sebbene sia di stampo conservatore, infatti, il PiS porta avanti convintamente politiche sociali di welfare ampie ed estese, come la celebre Famiglia 500+ (Rodzina 500+) che offre alle famiglie 500 złoty (poco più di cento europ) al mese per ogni figlio con meno di 18 anni a carico, o la riduzione dell’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne.
Dall’altra parte, i Repubblicani, la Fazione Piast, Rinnovamento, hanno un’attitudine tendente al liberismo economico, che punta a una diminuzione delle tasse e della spesa pubblica diretta all’assistenzialismo. Queste divergenze, unite alla risicata maggioranza nel Sejm (229 seggi su 460, più il supporto esterno di 3 parlamentari del partito Kukiz’15), rendono complesso il processo decisionale del governo, radicalizzando l’elettorato.
Le posizioni del governo non sono le più a destra nel parlamento polacco. Tra gli scranni del assemblea legislativa seggono nove rappresentanti di Confederazione Libertà e Indipendenza (Konfederacja Wolność i Niepodległość), una coalizione nata nel 2019 in occasione delle elezioni europee, con posizioni fortemente liberiste, xenofobe, euroscettiche, antisemitiche e ultranazionaliste. Il suo leader, Janusz Korwin-Mikke, è tristemente noto per le esternazioni misogine espresse anche al parlamento europeo.
In questo contesto parlamentare si inanellano, uno dietro l’altro, le varie formazioni della destra estrema polacca in seno alla società civile.
In prima linea troviamo la già citata Famiglia e Vita di Kaja Godek, la quale, peraltro, era candidata proprio tra le file di Konfederacja alle elezioni parlamentari del 2019, pur senza essere eletta. Famosa (o famigerata) è anche Ordo Iuris, Ong supportata dalla Chiesa cattolica, facente parte di una rete internazionale di movimenti ultracattolici conservatori che negli ultimi anni ha portato avanti un’ostinata lotta contro il riconoscimento della dignità e dei diritti della comunità LGBT+, e a favore della restrizione del diritto all’aborto.
Altra realtà nota internazionalmente è l’Associazione per la Marcia dell’Indipendenza, guidata da Robert Bąkiewicz, che negli ultimi anni ha evidenziato platealmente le fratture presenti nella società polacca. L’associazione organizza dal 2011 la Marcia dell’Indipendenza in Polonia, che celebra ogni 11 novembre la riunificazione nazionale avvenuta nel 1918, a seguito dello smembramento dell’Impero austro-ungarico e della caduta dello zarismo in Russia; le celebrazioni hanno ormai da più di un decennio assunto carattere pseudo-fascista e vedono la partecipazione di organizzazioni come Forza Nuova e altri partiti di estrema destra europei.
La marcia è tristemente nota per creare un clima violento e insalubre, tanto da portare le autorità locali di Varsavia a suggerire ai cittadini di non uscire di casa durante la manifestazione, che vede annualmente la partecipazione di decine di migliaia di persone. I caratteri della destra estrema sono riconoscibili dal vilipendio di bandiere arcobaleno e dei simboli della lotta femminista, così come di bandiere tedesche e dell’Unione europea.
Una risposta (non) a sinistra
Se la destra e la destra estrema sono chiaramente visibili e riconoscibili nel dispiegarsi della quotidianità del paese centroeuropeo, dove si colloca invece la sinistra?
A questa domanda è difficile rispondere senza considerare la netta differenza che esiste tra il termometro politico polacco e quello a cui siamo più abituati in Italia e in Europa occidentale. In quanto paese, orbitato per anni intorno all’Unione Sovietica, parlare di sinistra in termini più ortodossi risulta complicato. Difatti, il maggior oppositore della Destra Unita in parlamento è Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska, PO), un partito con 126 seggi in parlamento, di cui è fondatore e guida l’ex presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk.
Il partito ha guidato la Polonia dal 2007 al 2015 e, soprattutto dopo essere passato all’opposizione, ha iniziato a moderare le proprie posizioni conservatrici, promuovendo le unioni civili (ma opponendosi alle adozioni omogenitoriali) e la liberalizzazione dell’aborto.
La vera guida a sinistra del partito è Rafał Trzaskowski, l’attuale sindaco di Varsavia, nonché candidato per la Coalizione Civica per la presidenza della Repubblica nel 2020, che ha perso con uno scarto di circa due punti percentuali al ballottaggio. Europeista e ambientalista, Trzaskowski è noto per la sua aspra opposizione alla Marcia dell’Indipendenza e per le sue posizioni moderate che gli hanno permesso di collezionare un ampio numero di consensi tra gli elettori più indecisi in sole poche settimane di campagna elettorale.
La vera (piccola) anima della sinistra polacca si chiama Lewica (Sinistra), una coalizione nata per le elezioni del 2019 e che possiede ad oggi 44 scranni nel Sejm. Vicino a posizioni socialiste e progressiste, l’alleanza non riesce a risultare appetibile per la classe lavoratrice polacca e ottiene consensi solo nelle città universitarie, tra gli intellettuali.
Cristo tra le nazioni
È qui importante soffermarsi su un particolare rilevante: sia il PiS che la PO sono figli di una scissione dell’Azione Elettorale Solidarność (Akcja Wyborcza Solidarność – AWS), una coalizione di partiti cristiano-democratici e conservatori espressione del celebre sindacato Solidarność, comunemente considerato il movimento sindacalista che portò la Polonia all’economia di mercato e al multipartitismo.
L’opera liberalizzatrice rispetto al totalitarismo comunista-sovietico di Solidarność è spesso confusa con l’idea di progresso ed evoluzione; il movimento fu fortemente sostenuto dalla Chiesa polacca e da Papa Wojtyła, e in generale apprezzato in Occidente per il suo fervore anticomunista e antisovietico. Solidarność ha quindi assorbito tutti i caratteri del catto-nazionalismo, figlio del romanticismo polacco di Adam Mickiewicz, del governo interbellico di Sanacja guidata da Józef Piłsudski, e del nazionalismo etnico di Roman Dmowski, pilastri della lotta per l’unità e l’indipendenza della Polonia tra tardo Ottocento e i primi decenni del Novecento, quelli antecedenti alla spartizione nazi-sovietica.
Inoltre, le secolari vessazioni subite dal paese centroeuropeo diedero vita, durante il XIX secolo, alla concezione del paese come “Cristo tra le nazioni”, richiamo al martirio e alla religione cristiana, destinato a passare attraverso sofferenze indicibili e durevoli per poi guidare però l’Europa verso la verità e l’affermazione dei valori di purezza e fede.
Il concetto ben si collega alla concezione moderna della Polonia come difensore del cristianesimo in Europa contro gli infedeli mussulmani, contro cui gli ussari – famosi guerrieri “alati” polacchi – combatterono e vinsero la battaglia di Vienna del 1683. Tutti questi simboli vengono oggi studiati nelle scuole polacche e propagandati tramite i mezzi di comunicazione mainstream, rinvigorendo l’orgoglio nazionalista del paese che affaccia sul Baltico.
Politics, Policy e Polity
La società polacca risulta variegata e tendenzialmente conservatrice, ma le fratture sociali (cleavages) risultano evidenti. Se il centro di Varsavia è dominato da giovani universitari e lavoratori dall’intellighenzia, a pochi minuti di tram da Aleja Jana Pawła II il paesaggio si fa boscoso e quieto.
La Polonia è centro o periferia, e dove vince l’uno perde l’altro. Le periferie e le campagne sono abitate prevalentemente da cittadini anziani, avulsi dalle istanze di un mondo che ha corso troppo veloce per dargli modo e tempo di comprenderne le ragioni.
Non solo: memori di tempi di stenti e privazioni, fiaccati dal terrore sovietico e dallo spauracchio del vicino tedesco, ogni interferenza con il proprio stile di vita da parte di entità esterne (vedi Unione Europea) è mal sopportata e facilmente strumentalizzata dal populismo di destra. Le aree urbane, soprattutto le grandi città come Varsavia, Cracovia e Danzica, sono più liberali, europee e multiculturali. Questa divisione si riflette nei modelli di voto, con il PiS che ottiene la maggioranza nelle aree rurali e la PO che predomina nelle aree urbane.
Risulta così facile intuire perché il PiS e il PO siano, senza rivalità alcuna, preminenti sulla scena politica polacca: sono partiti “pigliatutto”, che vanno oltre l’interesse della classe sociale e si focalizzano su valori trasversali e politiche pubbliche non mirate ad alcune fasce della popolazione, ma indistintamente a tutti.
Le elezioni del 2019 hanno visto una partecipazione del 61%, un aumento esponenziale di dieci punti percentuali rispetto alle precedenti consultazioni, un risultato superato solo dal 62,7% delle prime elezioni democratiche svolte nel paese nel 1989. Inoltre, sebbene il PiS abbia conquistato la maggioranza assoluta in parlamento grazie al premio di maggioranza, i voti ricevuti ammontavano al 43,6% dei votanti, e le proiezioni odierne lo danno in caduta libera al 34%.
La forte perdita di voti per il PiS non si traduce in un aumento significativo per la coalizione d’opposizione (KO) guidata da Piattaforma Civica, che aveva ottenuto il 26,7% dei consensi alle ultime elezioni e che viene data tra il 26 e il 28% ad oggi.
Il dato fondamentale da considerare è la mancanza di una maggioranza assoluta al Sejm. Non solo perché il PiS, come appena visto, riceverà probabilmente una percentuale di voti decisamente minore alle ultime elezioni, ma anche perché i piccoli partiti quest’anno sembrano superare più abbondantemente le soglie di sbarramento per entrare in parlamento (5% per i partiti, 8% per le coalizioni), diminuendo lo “spreco” di voti.
Già nelle scorse elezioni, in realtà, il PiS aveva conservato lo stesso numero di seggi ottenuti nel 2015, nonostante un aumento dei consensi di più del 6%, proprio perché coalizioni come Konfederacja avevano superato la soglia prevista, occupando effettivamente gli scranni ottenuti. Inoltre, bisogna considerare che il Sejm non è l’unica camera del parlamento polacco, contraddistinto da un bicameralismo imperfetto, dove la seconda camera – il Senat – è composta da cento senatori e al momento vede una risicata maggioranza per l’opposizione.
Il Senat ha però poteri limitati, volti a rallentare il processo legislativo, ma in nessun caso a bloccarlo del tutto, dato che ogni emendamento o bocciatura a disegni di leggi approvati dal Sejm può essere bypassato da quest’ultimo con un voto a maggioranza assoluta. Inoltre, mentre il Sejm è eletto su base proporzionale in circoscrizioni plurinominali e assegnazione dei seggi con metodo D’Hondt, il Senat è eletto su base maggioritaria plurality (a turno unico e maggioranza relativa), differenza che prevede anche diverse tecniche e coalizioni elettorali tra i partiti che si presentano alle elezioni per le due camere.
Elezioni 2023 in Polonia: un autunno caldo in arrivo?
Con l’aggressione russa dell’Ucraina, la Polonia si è riscoperta solidale. Vero è che mentre venivano accolti 3 milioni e mezzo di ucraini, poche centinaia di migranti al confine con la Belarus’ venivano lasciati morire al gelo e sotto i colpi delle guardie di frontiere polacche e bielorusse; ma quando l’aggressore è russo e la cultura dei vessati più simile, l’accoglienza diventa un’opzione quasi inevitabile.
Il governo polacco ha sfruttato il fenomeno bellico per portare acqua al suo mulino, ergendosi a bastione europeo contro l’assolutismo russo, come principale alleato degli Usa in Europa, aumentando la spesa militare al 3%, non esitando un attimo a puntare il dito contro la Germania, rea di non fare abbastanza per aiutare l’Ucraina, e di aver intrattenuto pericolose relazioni economiche con la Russia negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda il approvvigionamento energetico.
Gli Stati Uniti hanno da poco accolto la richiesta di insediare una guarnigione militare americana stabile in Polonia e, in meno di un anno, Joe Biden ha visitato il paese ben due volte, dimenticando le accuse degli ultimi anni, che avevano portato il presidente americano a parlare della Polonia come un luogo dove la democrazia è a rischio.
Anche il rapporto complicato con l’Ue sembra aver assunto una piega leggermente più morbida in virtù della nuova posizione della Polonia, sebbene Bruxelles trattenga ancora i fondi destinati alla Polonia per la ripresa post-covid, avendoli vincolati al rispetto dello stato di diritto, fortemente compromesso in Polonia da quando il PiS è al governo.
L’altro tema scottante in Polonia è quello dell’inflazione, che si attesta oggi al 18%, un record negli ultimi 25 anni. L’economia polacca, fiorente anche grazie ai fondi europei e a un basso tasso di disoccupazione, è entrata nell’economia di mercato da meno di tre decenni e ha vissuto per anni le difficoltà di debiti contratti durante il periodo comunista.
Sebbene la moneta nazionale (lo złoty) le permetta di possedere una politica monetaria autonoma, questo la priva delle (r)assicurazioni derivanti dalla stabilità dell’eurozona, garantita dalla BCE. Inoltre, negli ultimi anni, in Polonia si è registrato un aumento significativo dei prezzi delle abitazioni, soprattutto nelle aree urbane, dato da un aumento della domanda.
Questo ha reso difficile per molte persone permettersi un alloggio e ha portato a una crescente crisi nel mercato degli affitti. Molte persone sono costrette a vivere in condizioni di sovraffollamento o al di sotto degli standard, o a pagare affitti esorbitanti per micro-appartamenti.
Per far fronte alla crisi, il PiS ha proposto di aumentare i fondi per i progetti di edilizia residenziale a prezzi accessibili e di introdurre incentivi per i costruttori affinché costruiscano più alloggi a prezzi accessibili. Dall’altra parte, la Coalizione civica ha proposto l’introduzione di misure di controllo degli affitti per limitare l’importo che i proprietari possono richiedere per l’affitto, e l’aumento dei fondi per i progetti di edilizia pubblica.
E torniamo ora all’inizio del nostro articolo: perché un parlamento dominato da reazionari e conservatori, che tanto hanno leso il diritto all’aborto, decide di non approvare questa ulteriore mutilazione della legge? La risposta ci arriva per bocca di Rafał Bochenek, portavoce del PiS, che ha spiegato di non volere che il disegno di legge provochi una nuova ondata di proteste di piazza in vista delle prossime elezioni.
La questione è quindi solo rimandata (così come molte altre), in un tentativo di moderarsi e non esporsi troppo in vista delle elezioni di fine mandato. Intanto, Konfederacja continua a conquistare voti soprattutto tra i giovani – evidenziando una scarsa capacità dei partiti mainstream di problematizzare le istanze giovanili.
Ai dati di oggi, il partito di estrema destra otterrebbe circa 40 seggi al Sejm, diventando la terza coalizione del paese. Una maggioranza moderata o di centro-sinistra sembra impossibile. A destra, il peso aumentato di Konfederacja costringerebbe il PiS a dare sempre più poteri al partito che oggi è all’opposizione. Elemento non trascurabile, Konfederacja ha espresso spesso simpatie per la Russia e non è convinta dell’atteggiamento di apertura verso l’America e la Nato, creando non pochi imbarazzi al partito di Jarosław Kaczyński.
Dando credito alle parole di Mao Zedong, potremmo dire che la grande confusione sotto il cielo di Varsavia auspica una situazione eccellente. Ma senza particolari rivoluzioni in vista, la sensazione che si ha è più quella del caos. I problemi della società polacca sembrano destinati ad aumentare, sotto lo scacco del gioco partitico, che rischia di penalizzare la governabilità, e portare a derive di destra ancora più estrema. Manipolando le parole di un altro influente personaggio politico, stavolta tutto nostrano, ci verrebbe forse più da dire che la situazione è grave, ma anche molto seria.
Laureato in European and Global Studies, ha trascorso due anni in Polonia, prima a Cracovia per studio, poi a Danzica lavorando per la Thomson Reuters. Ha scritto una tesi di laurea magistrale sulla securitizzazione della gestione della pandemia da coronavirus in Polonia, e una tesi di master sull’infuenza politica della Conferenza di Helsinki in Polonia negli anni Settanta ed Ottanta