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Elezioni parlamentari in Kosovo: tra rinnovamento e instabilità

di Simona Toci*

Le elezioni parlamentari in Kosovo, tenutesi lo scorso 9 febbraio, hanno registrato un’affluenza del 40% e, nonostante una diminuzione dei consensi rispetto alle elezioni passate, il partito della sinistra nazionalista del Primo Ministro Albin Kurti, Lëvizja Vetëvendosje (VV), ha ottenuto il 40% dei voti, segnando un calo di circa il 9% rispetto al 48,78% del 2021. Il Partito Democratico del Kosovo (PDK), guidato precedentemente da Hashim Thaçi fino alle sue dimissioni nel 2020 a seguito di accuse di crimini di guerra, ha visto un aumento dei consensi passando dal 17% al 22,2%. La Lega Democratica del Kosovo (LDK), il partito storico fondato dall’architetto dell’indipendenza kosovara Ibrahim Rugova, ha ottenuto il 17,8% dei voti, confermandosi come forza chiave dell’opposizione.

Durante un discorso ai suoi sostenitori, Kurti ha espresso ottimismo sulla possibilità di ottenere il sostegno di 61 deputati su 120, necessari per formare una maggioranza di governo. Kurti ha inoltre affermato che per i vari partiti d’opposizione è impossibile raggiungere i consensi di VV. Esperti, come il professore di diritto dell’Università di Pristina Mazzllum Baraliu, sostengono che si cercherà di formare un governo tra VV e i partiti di minoranza.

Le prospettive politiche del paese rimangono incerte, con il rischio di coalizioni fragili e un esecutivo inefficace. L’incertezza sul futuro del paese è stata ulteriormente evidenziata dal direttore di ATV, Leart Hoxha, che ha messo in luce il rischio di un blocco istituzionale, capace di complicare ancor di più le relazioni del Kosovo con altri paesi e istituzioni internazionali.

L’incertezza

A seguito di alcuni ritardi  sulla conversione dei voti in seggi, causata dalla lentezza del conteggio dei voti della diaspora, VV ha ottenuto 47 seggi. Considerando i 10 seggi riservati alle altre minoranze etniche, oltre quella serba, come quella turca, ashkali ed egiziana, e altri 3 seggi ottenuti grazie a una possibile alleanza con il partito NISMA, fondato da una scissione con il PDK, VV arriverebbe a un totale di 60 seggi, al fronte dei 61 necessari per formare il governo. Il PDK ha ottenuto 25 seggi e il LDK 20.

La creazione di una coalizione di governo appare come l’unica opzione data la mancanza di una maggioranza assoluta. La complessità nel trovare un’alleanza stabile è stata recentemente evidenziata dal candidato del Partito Democratico del Kosovo (PDK) e attuale sindaco del sud Mitrovica Bedri Hamza, che ha sottolineato le significative divergenze con Lëvizja Vetëvendosje (VV) di Albin Kurti.

Hamza ha criticato VV per la sua tendenza a cercare un “potere assoluto” e l’assenza di un piano di governo concreto, sottolineando che “la maggior parte dei cittadini desidera un nuovo governo”, come dimostrato dall’incremento dei voti ottenuti dal PDK.

La dinamica del potere serbo nel parlamento kosovaro

Secondo la costituzione kosovara, alla comunità serba sono garantiti dieci seggi nel parlamento, conferendole un’influenza significativa nelle decisioni legislative. La condizione politica ed economica della comunità serba in Kosovo è fortemente legata alle direttive di Belgrado, in particolare a causa della dipendenza economica dalle istituzioni serbe che operano parallelamente allo stato kosovaro nel nord del paese.

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Nonostante in un primo momento si pensasse che uno dei dieci seggi riservati alla minoranza serba potesse essere assegnato al partito “Per la Giustizia, per la Libertà, per la Sopravvivenza”, guidato da Nenad Rašić, ministro del governo Kurti, alla fine i 10 seggi sono andati tutti alla Srpska Lista strettamente legata al governo di Belgrado.  

Le dinamiche di potere tra Belgrado e la comunità serba del Kosovo rimangono complesse, specialmente alla luce delle recenti proteste studentesche contro il presidente Vučić in Serbia, che rendono l’attuale scenario politico serbo imprevedibile e instabile. Bisogna sottolineare che la questione della comunità serba in Kosovo è sempre stata utilizzata dall’amministrazione Vučić per propaganda e fini politici tanto che il presidente serbo rivendica la vittoria della Srpska Lista, che manterrebbe il legame dei serbi del Kosovo con la Serbia.

Kurti nello scenario internazionale: i rapporti con l’Unione Europea e gli Stati Uniti

Le relazioni con gli alleati principali, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, sono state messe alla prova sotto la guida di Kurti che viene accusato dai partner occidentali di alimentare le tensioni nel nord del paese e nel dialogo con la Serbia. Infatti, dal 2023 ad oggi, il Kosovo è stato sottoposto a sanzioni da parte dell’Unione Europea, che richiede una de-escalation delle violenze, in particolare a Mitrovica Nord, Zveqan/Zvečan, Zubin Potoku/Zubin Potok e Leposaviq/Leposavić le quattro municipalità a maggioranza serba.

Alle passate elezioni amministrative queste città sono state teatro di tensioni e boicottaggi portando, con un’affluenza bassissima, alla vittoria dei candidati di etnia albanese intensificando cosi proteste e scontri tra autorità kosovare e comunità serba.

Le tensioni sono state ulteriormente alimentate da due gravi incidenti.

Il primo evento è stato l’attacco nella città di Banjska, avvenuto nel settembre del 2023, dove il poliziotto kosovaro-albanese Afrim Bunjaku è stato ucciso da un gruppo militare serbo armato.

Il secondo è stato l’esplosione, qualche mese fa, di un acquedotto nel nord del Kosovo definito dalle autorità come un attacco terroristico organizzato da gruppi serbi.

I partiti d’opposizione kosovari hanno aspramente criticato la politica estera di Kurti, accusandolo di deteriorare i rapporti con i partner internazionali con una linea dura che non ha trovato pieno sostegno nemmeno all’interno del suo governo.

Elezioni parlamentari in Kosovo
Statua di Bill Clinton a Pristina (Meridiano 13)

La tensione con gli Stati Uniti è emersa anche dalle dichiarazioni di Richard Grenell, ex inviato speciale per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo. Grenell ha definito Kurti un leader inaffidabile e ha auspicato il rilascio di Hashim Thaçi, attualmente sotto processo e uno dei principali avversari politici di Kurti. Con Thaçi, Vučić e il primo ministro albanese Edi Rama la precedente amministrazione Trump aveva raggiunto un possibile accordo proponendo uno scambio di territori, includendo il nord del Kosovo e alcune aree del sud della Serbia, soluzione che venne criticata da Albin Kurti.

Albin Kurti dovrà affrontare quindi due sfide principali. Da un lato, la formazione di un governo stabile e duraturo. Dall’altro, la gestione di un’agenda politica che concili il dialogo con una Serbia in crisi e il sostegno degli alleati occidentali. L’incertezza delle elezioni e la necessità di scendere a patti con altre realtà politiche per governare in maniera stabile potrebbe portare Kurti ad accettare dei compromessi e cambiare le sue forti posizioni. Allo stesso tempo rimane una questione aperta il futuro dell’attuale governo serbo che potrebbe portare a una diminuzione delle sue ingerenze nella politica kosovara.

Altra incognita resta la politica estera della Casa Bianca. La vittoria di Trump è stata accolta favorevolmente da una parte della comunità serba, che intravede nella sua strategia di riduzione dell’impegno militare e strategico in alcune aree un’opportunità per indebolire il Kosovo. Tuttavia, un ritiro totale e repentino degli Stati Uniti dai Balcani appare poco probabile.


*Simona Toci è laureanda in relazioni internazionali e specializzata in sicurezza internazionale. Appassionata di Balcani e spazio post sovietico, attualmente svolge ricerca sui rapporti tra Kosovo, Serbia e Bosnia.

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