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Dettaglio di mosaico, Almaty (Meridiano 13/Fabiana De Benedictis)
Traduzione e cura di Fabiana De Benedictis*
Ancora una volta ad Almaty, centro economico e culturale del Kazakhstan, l’organo esecutivo regionale, l’akimat, ha negato ai collettivi e ai gruppi femministi la possibilità di organizzare la manifestazione dell’otto marzo in occasione della Giornata internazionale della donna.
In un paese in cui la percentuale delle donne vittime di violenza domestica è altissima (secondo il ministero degli Interni, nel 2023 la polizia ha ricevuto circa centomila denunce per violenze domestiche su una popolazione che conta poco più di venti milioni di abitanti), è importante e necessario per le organizzazioni femministe riuscire a ritagliare uno spazio di confronto collettivo in occasione dell’otto marzo. Tuttavia, sono costrette a fare i conti con un paese che soffoca qualsiasi forma di opposizione e dissenso in una morsa sempre più stretta.
Secondo il resoconto annuale del 2025 redatto dal Human Rights Watch, in Kazakhstan le autorità violano sistematicamente i diritti alla libertà di riunione pacifica, di espressione e di associazione, nonché abusano di sentenze penali per perseguire giornalisti, attiviste e più in generale oppositori del governo.
Non è solo la libertà e l’autodeterminazione della donna a essere sistematicamente ostacolata, ma qualsiasi possibilità di manifestare il dissenso è sempre più a rischio. In questo articolo (pubblicato dalla rivista kazaka ‘98mag), che traduciamo di seguito, Mari Romanova ha cercato di fare il punto della situazione.
Storia delle manifestazioni femministe ad Almaty
La prima marcia per i diritti delle donne in Kazakhstan si è tenuta nel 2017 ed è stata organizzata dal gruppo femminista KazFem. La manifestazione non era stata precedentemente approvata dall’akimat, nonostante fossero state inviate 36 richieste di autorizzazione. Due anni dopo le autorità cittadine hanno concesso lo svolgimento della manifestazione, ovvero il primo presidio femminista autorizzato in Kazakhstan, nella piazza dietro il cinema “Sary-Arka”, al quale parteciparono un centinaio di persone.
In un’intervista per UN Women Veronika Fonova, una delle organizzatrici del presidio pacifico, ha rivelato di aver subito minacce su internet. Durante il presidio la polizia ha fermato quattro persone, mentre alcune attiviste, convocate successivamente dall’akimat, hanno riferito di essersi sentite dire “le vostre idee sono ragionevoli, tuttavia il ruolo principale della donna è comunque la maternità”.
Nel 2020, si è tenuta una marcia non autorizzata e due attiviste, Fariza Ospan e Arina Osinovskaja, sono state multate per violazione dell’ordine pubblico e partecipazione a manifestazione non autorizzata. L’anno successivo l’akimat di Almaty ha autorizzato un presidio pacifico e un corteo.
Secondo la testata online Factcheck.kz, le organizzatrici hanno raccontato come le autorità abbiano reso il processo di autorizzazione tutt’altro che agevole, insistendo affinché avesse luogo solamente un presidio statico. Al corteo hanno partecipato più di cinquecento persone e, nonostante il sostegno pubblico, è stato l’unico corteo autorizzato fino ad oggi. Alcune manifestanti al corteo hanno subito diverse minacce da parte di alcune persone e dalla direzione di scuole e università.
Nel 2022 e 2023 hanno avuto luogo solo sit-in femministi, ma a partire dal 2024 le autorità cittadine hanno iniziato a vietare anche quelli.
L’ultimo presidio si è tenuto due anni fa nel parco Gandhi, uno spazio che non era pronto ad accogliere il migliaio di persone che sono scese in piazza quel giorno. Secondo l’agenzia per la difesa dei diritti umani del Kazakhstan, si tratta della più partecipata tra le manifestazioni indette ad Almaty in quel giorno.
Contemporaneamente si teneva in un altro spazio una seconda manifestazione organizzata dallo stesso akimat, mentre una terza era stata indetta da un gruppo di persone che reclamava l’abbassamento dell’età pensionabile. Negli ultimi due presidi si sono contante in totale 360 persone.
Dettaglio di mosaico, Almaty (Meridiano 13/Fabiana De Benedictis)
Perché l’akimat di Almaty vieta il presidio e la marcia?
L’articolo 32 della Costituzione sancisce che i cittadini della Repubblica del Kazakhstan hanno il diritto di riunirsi pacificamente e di svolgere presidi, manifestazioni, cortei e picchetti di protesta.
Il divieto del loro svolgimento deve essere giustificato da motivazioni valide, come la presenza di lavori in corso o la compresenza di più eventi pubblici nello stesso luogo, i quali potrebbero rappresentare un pericolo per la sicurezza e l’incolumità dei manifestanti o diventare causa di disordini. Pertanto se un organo statale ritiene che lo svolgimento di una riunione pacifica o di un corteo possa ledere i diritti di altre persone o costituire una minaccia per l’ordine pubblico, tale divieto è considerato legittimo e conforme con i principi costituzionali.
La minaccia all’ordine pubblico è stata proprio una delle ragioni principali del divieto del presidio femminista nel 2024. I funzionari dell’akimat hanno spiegato la motivazione del divieto citando delle segnalazioni prevenutegli relative alla propaganda di “valori alieni non tradizionali”, facendo riferimento alle relazioni e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, e in generale ai simboli della comunità LGBTQ+.
A tal proposito, per garantire la sicurezza dei manifestanti, per evitare che i diritti dei cittadini e delle altre persone siano violati, per prevenire problemi relativi alla pubblica sicurezza, l’akimat della città di Almaty ha deciso di non consentire lo svolgimento del corteo e del presidio indetto dalle organizzazioni femministe
dichiara l’akimat di Almaty rispondendo alla testata Kursiv.
Durante la conferenza stampa “Marcia dell’8 marzo vietata dall’akimat: 15 autorizzazioni negate di fila”, tenutasi lo scorso 21 gennaio, Moldir Žumabaeva ha commentato:
Tra le argomentazioni sollevate dell’akimat è stato detto che i temi centrali del corteo stavano cambiando e si stavano promuovendo valori europei e occidentali, ma di questo non c’è alcuna prova. Per noi questo è un tentativo di screditare il nostro lavoro.
Nel 2023, quando le attiviste femministe si sono rivolte al tribunale per impugnare il provvedimento dell’akimat, non hanno ottenuto i risultati sperati. “Il tribunale ha ribadito che il divieto dell’akimat è stato emesso in conformità alla legge”, ha aggiunto Ljubov’ Voroncova durante la conferenza stampa.
Le attiviste del comitato organizzatore 8march hanno ribadito che garantire l’incolumità dei manifestanti non rientra nei loro compiti e non può costituire un motivo per il divieto. In aggiunta hanno sottolineato come la disponibilità di spazi dedicati allo svolgimento di presidi pacifici rappresenti un altro problema.
Inizialmente avevamo ricevuto il divieto non per ‘minaccia alla pubblica sicurezza’, ma perché tutti gli spazi idonei risultavano sempre occupati. Anche due anni fa, quando abbiamo comunque organizzato il presidio, inizialmente avevamo avuto a che fare con una serie di divieti, poiché gli spazi designati erano occupati dagli eventi dell’associazione ‘Lega dei volontari’ o perché erano in corso lavori di manutenzione
Ljubov’ Voroncova
Il 21 gennaio Evgenija Nefed’eva, avvocata dell’agenzia internazionale dei diritti umani del Kazakhstan, assieme al cofondatore della fondazione per la difesa dei diritti umani “Ali della libertà”, hanno condiviso la risoluzione positiva sul caso di Gul’mira Biržanovajarelativo allo svolgimento delle riunioni pacifiche. Biržanovaja, avvocata dell’ONG “Legal Media Center”, aveva impugnato il provvedimento di divieto dello svolgimento di una manifestazione ad Astana, la capitale del Kazakhstan.
“Abbiamo contestato le disposizioni della legge ‘Sull’iter procedurale per l’organizzazione e lo svolgimento di riunioni pacifiche’, che consentivano alle autorità locali di negarne arbitrariamente lo svolgimento laddove un altro evento fosse già programmato per lo stesso orario. Questo viola gravemente i diritti costituzionali dei cittadini”, ha scritto Evgenija Nefed’eva sulla sua pagina Facebook. Ora ogni provvedimento di divieto deve essere giustificato e basato su un’accurata analisi sia della rilevanza dell’evento sia degli eventuali rischi.
Il caso si è chiuso con la decisione della Corte costituzionale che dispone che: “prima di notificare il provvedimento di divieto di una riunione pacifica per i motivi indicati, l’organo esecutivo locale è tenuto preliminarmente a proporre all’organizzatore di tale evento la modifica di luogo e/o orario di svolgimento del suddetto”.
Tuttavia, come ha messo in luce l’avvocata Nefed’eva, la Corte non ha abolito le norme che consentirebbero alle autorità locali di vietare la riunione in compresenza di altre manifestazioni, ma “ha solo specificato che il divieto deve essere giustificato. Sebbene la Corte abbia constatato la necessità di rendere pubbliche le informazioni relative all’occupazione degli spazi, non è ancora abbastanza”.
Quest’anno la storia si ripete: motivo del divieto è la “minaccia di violazione dell’ordine pubblico durante presidi pacifici sul tema indicato”. Eppure, le attiviste fanno presente che i funzionari dell’akimat non rispondono alle loro richieste di delucidazioni sulle motivazioni del divieto e non forniscono alcuna spiegazione.
Nell’ultimo anno le attiviste e le volontarie del comitato organizzativo 8march hanno presentato quaranta richieste per lo svolgimento di una marcia o di un presidio statico. Ogni volta è stata negata loro l’autorizzazione in qualsiasi spazio della città.
Le attiviste ritengono che il problema non sia il tema: “Lo slogan del 2024 era ‘Libertà e sicurezza delle donne kazake’, mentre quest’anno il tema del presidio sarebbe stato ‘La voce delle donne kazake’. Probabilmente il problema siamo noi organizzatrici”, sostiene Ljubov’ Voroncova.
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Lotta per il diritto a riunirsi pacificamente: picchetti di protesta e flashmob
L’anno scorso in risposta ai continui divieti dell’akimat, le femministe hanno organizzato il flashmob #maršbolsyn (#sìallamarcia) con lo scopo di attirare l’attenzione su un problema attuale e puntare il faro mediatico sulla situazione.
Il flashmob ha funzionato: non solo i media ma anche comuni cittadini hanno sostenuto la necessità di svolgere una marcia femminista. Alcuni cittadini sono persino scesi in piazza con picchetti di protesta individuali per manifestare la propria presa di posizione civica.
Le attiviste del comitato organizzativo 8march hanno spiegato sulla loro pagina Instagram come presentare correttamente la richiesta per un picchetto di protesta. Si sono svolti in totale più di dieci picchetti individuali in diverse città del paese.
Crediamo che i picchetti che si sono svolti nell’ultimo periodo rappresentino un segno positivo, sebbene ci siano stati alcuni problemi per la sicurezza dei manifestanti, che dovrebbe essere garantita dalle forze dell’ordine e non essere nostra responsabilità. Dal momento che gli attivisti e le attiviste hanno capito come scendere in piazza e manifestare i propri diritti, nei limiti della legge, i picchetti di protesta organizzati e concordati sono un’ottima pratica. Abbiamo riscontrato un grande sostegno e abbiamo visto che le persone possono prendere consapevolezza del loro diritto di parola
Ljubov’ Voroncova
Almaty (Meridiano 13/Fabiana De Benedictis)
Presidi di altre organizzazioni e associazioni
L’anno scorso, nonostante fosse stato negato lo svolgimento della “Marcia delle donne” alle attiviste del comitato 8march, si è tenuto invece un presidio a difesa dei diritti delle donne organizzato da Bibinur Šeralieva, membro del partito conservatore Amanat.
Lo slogan era “Per una vita dignitosa delle donne” e, secondo la testata online Orda.kz, all’evento hanno partecipato circa trecento persone. Oltre ai valori della famiglia e all’occupazione delle donne sopra i cinquant’anni, le questioni affrontate erano l’aumento degli assegni familiari, il sostegno alle madri con molti figli e il rafforzamento legislativo del contratto di matrimonio.
“L’akimat non mette i bastoni tra le ruote a questi movimenti, ma la voce delle organizzazioni femministe si fa comunque sentire. L’anno scorso si è tenuto un altro presidio, ma sono stati affrontati i problemi realmente importanti per le donne? Non ci pare”, ha raccontato Moldir Žumabaeva alla conferenza stampa. L’attivista per i diritti umani ha inoltre sottolineato come il corteo o la manifestazione femminista dell’otto marzo rappresenti la possibilità per quelle donne e ragazze, che almeno una volta si sono sentite insicure o sole, di sentirsi supportate.
A novembre del 2023 il movimento giovanile filogovernativo “Nuove persone” ha organizzato il presidio “No a un mondo di animali”, cui hanno preso circa trecento persone. L’obiettivo era quello di porre l’attenzione sul problema della violenza domestica. I manifestanti tenevano striscioni con immagini di animali antropomorfi e attorno al presidio avevano posizionato alcune gabbie con dentro dei manichini femminili.
Uno degli organizzatori della manifestazione, Alichan Sarsenov, ha spiegato a “Radio Azattyk” quali fossero i propositi del raduno. “Noi non stiamo chiedendo direttamente un inasprimento delle leggi relative alla violenza domestica, perché non ne vediamo il senso. È inutile modificare e inasprire la legge di cinque o dieci anni, se poi la mentalità delle persone non cambia… Qui si tratta di obiettivi e di problemi comuni che vanno risolti”.
L’anno scorso sono stati introdotti vari emendamenti al disegno di legge relativo alla violenza domestica. Tuttavia, in nove anni di lavoro nel campo dei diritti umani posso dire di essermi scontrata con problematiche di cui questa legge non tiene conto. Parlo di molestie, stalking, cyberstalking, needle spiking, matrimonio per rapimento e molte altre questioni che le donne devono affrontare quotidianamente. Una marcia o un presidio non sono solo un’occasione per dibattere su una proposta di legge, ma rappresentano una risposta collettiva al senso di insicurezza che ogni donna prova. Percepiamo questi continui ostacoli allo svolgimento delle nostre manifestazioni come un tentativo da parte delle autorità di mettere a tacere le nostre voci
ha dichiarato Moldir Žumabaeva durante la conferenza stampa del 21 gennaio scorso.
Prospettive per il futuro
“Noi stiamo continuando con il nostro lavoro nei limiti consentiti dalla legge e non smetteremo di presentare le nostre richieste. Inoltre, abbiamo messo in piedi una campagna informativa in cui scriviamo e raccontiamo tutti i passi che stiamo compiendo per l’organizzazione dell’otto marzo”, racconta Veronika Fonova durante la conferenza stampa. L’attivista ha anche sottolineato come arrivino domande su come poter aiutare e sostenere la marcia da parte di artiste e cittadini che non vogliono girarsi dall’altra parte.
Ljubov’ Voroncova ha affermato che in futuro verrà prestata maggiore attenzione alle pubblicazioni di carattere informativo e di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di insegnare alle donne come redigere e presentare documenti, richieste, ricorsi agli organi governativi, come partecipare a picchetti di protesta autorizzati e così via. Tutti questi sono strumenti che possono permettere alle donne di far sentire la propria voce e di celebrare l’otto marzo con le loro sorelle”.
Le attiviste hanno messo in chiaro il fatto che non hanno alcuna intenzione di arrendersi, rimarcando quanto per loro sia importante la pratica dell’attivismo civico, che comprende la creazione e la promozione di spazi in cui le donne possono parlare dei loro problemi, indipendentemente dai divieti da parte dell’akimat.
*Laureata in Traduzione specializzata all’ Università di Trieste, ha vissuto e lavorato ad Almaty in Kazakhstan. Attualmente insegna italiano a russofoni. Si interessa di attivismo politico, femminismo e dinamiche di repressione del dissenso in Italia e nello spazio postsovietico.