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Il movimento femminista non si associa frequentemente alla Moldova, ma secondo alcune fonti, idee femministe circolavano sul territorio, allora ancora parte del Principato di Moldavia, già dal 1790. Un vero e proprio movimento femminista in Bessarabia, però, non si ebbe prima della metà del XIX secolo. La prima scuola femminile in Bessarabia fu aperta nel marzo 1864, e in effetti, fu con l’accesso delle donne all’istruzione durante il secolo di dominazione dell’Impero Russo che si decretò l’affermazione delle idee femministe e la nascita del femminismo in Moldova. Queste sono alcune delle protagoniste di quell’epoca.
Le prime personalità del femminismo in Moldova
Classe 1786, Roxandra Edling fu scrittrice e filantropa. Nel 1790 la sua famiglia si trasferì prima a Iași e poi, nel 1800, a San Pietroburgo. Ricevendo un’istruzione di prim’ordine, Edling divenne una vera e propria rappresentante dell’intelligencija, conobbe Goethe, fu damigella d’onore dell’imperatrice Elisabetta e confidente dell’imperatore Alessandro I di Russia. Insieme al fratello Alexandru fondò nel 1828 una chiesa, una casa dei sacerdoti, una scuola e un ospedale a Mânzari. Grazie ai suoi sforzi, l’area deserta di questa località si trasformò in un centro per la cura della gente del posto. Nel 1829 fondò la “Società benevola delle donne”, un’entità che si dice abbia salvato molte vite durante la carestia del 1833 a Odessa.
Un’altra attivista femminista fu Natalia Dadiani: professoressa di geografia in una scuola superiore a Chișinău, ne divenne presto la direttrice. Dadiani coprì le spese per la costruzione del nuovo edificio del ginnasio femminile, divenuto poi sede del Museo di Belle Arti. Ottenne il titolo di principessa sposando un rappresentante di una nobile famiglia georgiana, il cui palazzo a Zugdidi è ancor oggi un museo storico e architettonico. Il suo nome è rimasto strettamente legato a ciò che significava l’educazione delle ragazze nella regione.
Nadejda Tudor fu pubblicista e leader del movimento femminista in Bessarabia. Partecipò come suora di carità nella Prima Guerra Mondiale, scrisse per i quotidiani “Luminătorul” (l’Illuminatore), “Făclia Ţarii” (Torcia del Paese), “Lira Bessarabiei” (La lira di Bessarabia), ma soprattutto per “Mişcarea femeninina” (Movimento femminista), un giornale bimestrale pubblicato a Chișinău tra il 1933 e il 1934 sotto la guida di un comitato militante per l’affermazione dei diritti delle donne nella vita pubblica. Partecipò, insieme a Elena Alistar, alla fondazione della “Lega delle Donne della Bessarabia”, un’organizzazione progettata per la lotta e l’emancipazione. Infine, fondò la “Società degli Scrittori e Pubblicisti della Bessarabia”.
Nel 1873 nacque Elena Alistar, la prima deputata donna della Bessarabia e della Romania. Fu medico, giornalista e fondatrice della “Lega delle Donne della Bessarabia”, nonché unica donna a far parte del Consiglio del Paese (Sfatul Țării, il primo Parlamento creato per il territorio della Bessarabia tra il 1917 e il 1918). Partecipò alla creazione del Partito nazionale moldavo e successivamente presidente del Partito popolare, fondato dal maresciallo Alexandru Averescu. Gettò le basi della “Società culturale della facoltà delle studentesse di medicina”, nonché della “Lega culturale delle donne della Bessarabia”, sostenendo la parità di diritti con gli uomini. Dopo l’unione con la Romania, fu nominata direttrice della scuola diocesana per ragazze a Chișinău, che guidò nel periodo tra le due guerre. Ha firmato diversi articoli per il quotidiano “Romania Nuova”. Dopo il 28 giugno 1940, data dell’occupazione sovietica, si rifugiò in Romania. Visse per un periodo a Iași, in seguito fu arrestata dal regime comunista e inviata a Pucioasa, dove morì nel 1955.
Questo elenco si conclude con Elena Djionat, pubblicista, insegnante, giornalista, attivista per i diritti delle donne, co-fondatrice e leader dell’“Organizzazione delle donne della Bessarabia”. Studiò al Liceo Classico “Natalia Dadiani”. Nel 1928 fondò l’“Organizzazione delle donne della Bessarabia”, che, sotto la guida di Elena Alistar, fu affiliata alla “Società nazionale ortodossa delle donne rumene”. Nel 1933 riformò l’organizzazione con il nome di “Lega delle donne della Bessarabia”. Sotto la presidenza di Elena Djionat, la Lega istituì un rifugio per le donne intellettuali e uno notturno, una casa per i bambini di strada e una palestra commerciale per ragazze. Sostenne e collaborò alla rivista “Movimento femminista”. Fu consigliere comunale della città di Chișinău nel 1937. Dal 1928 si batté per la fondazione dell’“Organizzazione delle donne della Bessarabia” e poi la presiedette. La tesoriera di quest’organizzazione fu nominata prima donna avvocato in Bessarabia, Eugenia Crușevan.
Tra le varie “prime” donne in diverse professioni, come accennato ci furono: Eugenia Crușevan (da ricordare visto il recente successo della serie su Lidia Poët); Etti-Roza Spirer, la prima donna architetto in Bessarabia; Nadia Russo, pioniera dell’aviazione rumena. Tra le varie artiste moldave si ricordano invece Maria Cebotari, uno dei più grandi soprani del mondo negli anni ‘30 e ‘40, Valentina Rusu-Ciobanu, considerata la personalità femminile più importante nel campo delle arti plastiche, e Maria Bieșu, cantante lirica e soprano.
C’è però da far notare che queste persone sono delle eccezioni, fari nel movimento di emancipazione femminile in un paese ancora dominato da stereotipi e sessismo. Non so quante volte ho sentito amiche ripetere della mancanza di tatto di medici che a 28 anni facevano loro notare che era il momento di “darsi da fare” per fare figli. Passo serate ad ascoltare coetanee argomentare quale sia il ruolo della donna e quale sia quello dell’uomo nei rapporti di coppia. Nonostante sia normale già dall’epoca sovietica che le donne raggiungano i livelli più alti di istruzione e decidano di avere una carriera, questa non resta che un’aggiunta positiva al percorso personale obbligato che incatena ancora le donne a una vita familiare subalterna.
Da una donna ci si aspetta che cucini, si prenda cura della casa, faccia figli pur non desiderandoli, li cresca, si occupi di un marito incapace di prendersi cura di sé stesso e che, oltre a questo, abbia ancora voglia di perseguire una carriera. La mia generazione sta lentamente cambiando questo modo di vedere; tra i miei coetanei ci sono molte coppie basate sulla parità di genere, sulla collaborazione tra due persone che, al di là del genere, si sostengono nelle piccole sfide quotidiane. Non riesco però a non provare tristezza per le donne delle generazioni precedenti, che, spesso straordinarie a loro modo, giustificavano una vita di coppia deprimente ripetendo la filastrocca imparata a memoria dalle nonne: quella che da una donna ci si aspetta che…
Non so se ci sia chi ancora si chiede perché negli anni Novanta così tante moldave siano partite per l’Italia in cerca di lavoro lasciando mariti e figli indietro, spesso divenendo il breadwinner in famiglia (generalmente tradotto come capofamiglia, il “vincitore di pane” è l’individuo responsabile per il reddito di sostentamento della famiglia). Piuttosto, perché non sono partiti i mariti? Perché in una società sessista il femminismo ha permesso a queste persone di emanciparsi, senza dover chiedere aiuto a nessuno.
Moldava d’origine e italiana d’adozione, parla cinque lingue, ha visitato 48 paesi e vissuto in 7. Ha un Master in democrazia e diritti umani conseguito presso le Università di Bologna e Sarajevo.