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Se i doni di Natale tradizionali vi hanno stancato e quest’anno lo spirito natalizio stenta a decollare, magari potreste trarre ispirazione da alcuni dei regali dall’Europa orientale più stravaganti. Vi proponiamo di seguito un’accurata selezione.
Busto di Lenin
Nella top-ten dei regali dall’Europa orientale che vi proponiamo per il Natale 2024 non poteva mancare un sobrissimo busto di Lenin, rigorosamente di fattura sovietica, come impone la tradizione. L’idea regalo trae spunto dal dono elargito in occasione del gemellaggio tra la cittadina emiliana di Cavriago (ricordate la celeberrima canzone degli Offlaga Disco Pax?) e l’altrettanto famosa Bender in Moldova, oggi nota come Tighina, in Transnistria.
Il busto venne spedito all’ambasciata sovietica a Roma nel febbraio del 1970, e prontamente una delegazione della sezione del Partito comunista di Cavriago fu inviata in loco a prenderne visione. Peccato che il Lenin di gesso scelto dai compagni d’oltre-cortina di ferro non incontrasse esattamente il gusto e le aspettative dei cavriaghesi che, avviando una tradizione tuttora esistente in tutto il mondo a capitalismo avanzato, utilizzarono lo scontrino di cortesia rilasciato con il regalo per scambiare il Lenin ricevuto con uno più confacente alle proprie preferenze.
La scelta ricadde sul busto bronzeo sito nel cortile dell’ambasciata, modellato da Ivan Petrovič Borunov e commissionato dagli operai di una fabbrica di locomotive a vapore di Luhans’k negli anni Venti. Si tratta di uno dei pochi esemplari del genere realizzati quando il leader della rivoluzione d’ottobre era ancora in vita e il suo destino, tanto quanto il particolare legame con la città emiliana, è stato magistralmente ricostruito da un recente podcast a cura di Eleonora Sacco e Angelo Zinna (intervistati da Meridiano 13).
A seguito dell’invasione dell’Unione Sovietica, l’esercito italiano occupò Luhans’k e il busto venne trafugato e spedito in Italia come bottino di guerra. Dopo la Liberazione venne restituito all’ambasciata sovietica, da dove raggiunse la sua residenza finale a Cavriago. Restano invece ignote le sorti del busto in gesso ceduto dalla Repubblica socialista sovietica moldava e disdegnato dai compagni cavriaghesi. Magari è ancora disponibile?
Un orso siriano
Tutti voi conoscerete già le vicissitudini legate a Montecassino nel corso della prima metà del 1944. Ciò che risulta sicuramente meno noto è che su quel fronte si trovò a servire anche un soldato semplice decisamente peculiare: stiamo parlando di Wojtek, un orso bruno siriano.
Wojtek nacque in Iran nel 1942 e venne comprato dal tenente polacco Anatol Tarnowiecki su pressione di Irena Bokiewicz, una rifugiata civile che come migliaia di altri polacchi era al seguito dell’esercito polacco in Unione Sovietica, noto anche come forze armate polacche nell’est.
Dopo il patto Ribbentrop-Molotov e la conseguente spartizione della Polonia con la Germania nazista, circa due milioni di cittadini polacchi vennero incarcerati e tutti coloro che si ritrovarono nelle aree annesse vennero considerati cittadini sovietici. Tuttavia due anni dopo Stalin, alla disperata ricerca di alleati in seguito all’inizio dell’operazione barbarossa, siglò un accordo con il governo polacco in esilio a Londra che prevedeva, tra le altre clausole, la liberazione dei detenuti. Questi, una volta in libertà, andarono a costituire il cosiddetto “esercito di Anders”, un contingente forte di 40.000 effettivi che prese servizio sotto al comando degli Alleati occidentali in Iran.
Irena crebbe il cucciolo per tre mesi, per poi donarlo alla seconda compagnia di trasporto. Qui i suoi commilitoni gli attribuirono il nome di Wojtek, “guerriero felice” in polacco, insegnandogli il saluto militare e condividendo con il plantigrado anche la passione per la birra e il tabacco. L’orso seguì la seconda compagnia, divenuta nel frattempo ventiduesima compagnia di rifornimento, in Iraq, Siria, Palestina e Egitto, mangiando e dormendo con gli altri soldati. Da qui salpò per l’Italia, dove partecipò alla campagna d’Italia.
Nel corso della battaglia di Montecassino, Wojtek si guadagnò la promozione a caporale trasportando, secondo i rapporti, casse di munizioni da 45 chili l’una. In seguito a questa prestazione l’orso che trasporta un proiettile d’artiglieria fu adottato come emblema ufficiale della compagnia.
Alla fine della Seconda guerra mondiale seguì i suoi commilitoni anche in Scozia, con i quali rimase fino alla smobilitazione generale avvenuta nel 1947. Da allora Wojtek si godette la meritata pensione allo zoo di Edimburgo, ricevendo spesso visite dai suoi ex compagni d’armi fino alla morte, sopraggiunta nel 1963.
Una spada d’oro
Di nuovo Seconda guerra mondiale, di nuovo Iran. Questa volta ci troviamo a Teheran e l’anno è il 1943: Iosif Stalin, Winston Churchill e Franklin D. Roosevelt si incontrano per la prima volta e definiscono le linee d’azione per il conflitto bellico in corso. Sono passati nove mesi dalla conclusione della battaglia di Stalingrado, il più feroce confronto dell’intero conflitto bellico e probabilmente dell’intera storia umana, che causò la morte di un numero di vittime che varia da uno a tre milioni, a seconda delle stime.
In occasione della conferenza Churchill coglie l’occasione per celebrare lo straordinario sacrificio sostenuto dall’Armata rossa nel corso della battaglia di Stalingrado omaggiando il leader sovietico di un dono a dir poco regale: la cosiddetta spada di Stalingrado. Si tratta di una spada da cerimonia a due mani lunga un metro e mezzo in oro, argento e acciaio, ornata da tre rubini e forgiata a mano. L’iscrizione, in russo e inglese, recita:
Ai cittadini di Stalingrado dal cuore d’acciaio
Il dono di re Giorgio VI
In segno di omaggio del popolo britannico
Oggi il cimelio è custodito presso il Museo della battaglia di Stalingrado a Volgograd (l’odierna Stalingrado). Un destino diverso dagli innumerevoli altri regali ricevuti da Stalin nel corso della sua lunga vita, tanto numerosi da richiedere un apposito museo per raccoglierli degnamente.
Altri regali dall’Europa orientale
Non avete ancora trovato l’idea giusta per voi? Niente paura: vi sono innumerevoli altri regali dall’Europa orientale dai quali potete attingere. Nicolae Ceaușescu per esempio divenne noto, tra le altre ragioni, per la quantità di oggetti sfarzosi che ricevette in dono da innumerevoli dignitari stranieri nel corso della sua lunga esperienza di governo.
Tra questi si annoverano svariate Mercedes-Benz, Rolls-Royce e Cadillac, appositamente modificate per rispecchiare i gusti e le esigenze del leader romeno, ricevute con il contributo di diversi intermediari stranieri, nonché un enorme tappeto persiano artigianale dallo scià di Persia. Che dire invece della pelle d’orso presumibilmente regalata da Todor Živkov, storico leader della Repubblica popolare di Bulgaria, al leader libico Muammar Gheddafi come simbolo di forza e potere?
Se però cercate qualcosa di più sobrio vi consigliamo di prendere esempio da Enver Hoxha, leader supremo della Repubblica popolare socialista d’Albania, e dalla Repubblica popolare cinese. Nell’ambito dell’avvicinamento tra i due paesi avvenuto nel corso degli anni Sessanta, Pechino e Tirana iniziarono a scambiarsi nientepopodimeno che… attrezzi da lavoro. Al di là dell’aspetto più prosaico di questo scambio – dopo la rottura con l’Urss l’Albania abbisognava di qualsiasi cosa, ivi compresi macchinari e attrezzi – vi era una forte componente simbolica: in seguito alla destalinizzazione del blocco sovietico, i due paesi cercavano di porsi come i veri depositari dell’ortodossia marxista contro il revisionismo dei nuovi leader di Mosca.
Come vedete gli esempi si sprecano: i regali dall’Europa orientale nascondono idee per tutti i gusti – e per tutte le tasche.
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Mosso da un sincero interesse per la storia e la cultura della penisola balcanica, si è laureato in Studi Internazionali all’Università di Trento, per poi specializzarsi in Studi sull’Europa dell’Est all’Università di Bologna. Ha vissuto in Romania, Croazia e Bosnia ed Erzegovina, studiando e impegnandosi in attività di volontariato. Tra il 2021 e il 2022 ha scritto per Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa. Attualmente risiede in Macedonia del Nord, dove lavora presso l’ufficio di ALDA Skopje.